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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > II, 15

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione II - I tentativi di riorganizzazione amministrativa e la loro crisi (1520-1560 circa)

15. Il reclutamento del personale: i «famigli» dell'Inquisizione siciliana

Nel passar le consegne al successore, il viceré di Sicilia Ugo Moncada, lasciava nel 1516 alcune istruzioni, secondo un costume ormai consueto, nelle quali descriveva le condizioni dell'isola. Le pagine dedicate all'Inquisizione spagnola che qui si pubblicano sono di grande efficacia, anche se a prima vista patiscono di un vizio di fondo, la concorrenza tra il braccio secolare della giustizia, di cui il viceré era responsabile, e il braccio inquisitoriale, che a esso sfuggiva nonostante facesse parte di un'istituzione dipendente dal sovrano: in altri termini le accuse qui lanciate si potrebbero inserire in una contesa, o quanto meno in una rivalità tra istituzioni concorrenti, ed essere quindi strumentali in misura da determinare. Vi sono tuttavia segni di una certa approssimazione al vero, poiché molti autori segnalano in questi anni prese di posizione del Parlamento siciliano di fronte ai soprusi del personale periferico della giustizia inquisitoriale. Al di là del loro carattere strumentale, le notazioni di Moncada offrono notevoli spunti di riflessione: un primo è offerto dal movente della collaborazione dei famigli all'azione inquisitoriale, che non è possibile scindere dalle esenzioni e dai privilegi che essa comportava; ciò spiegherebbe allo stesso modo la fortuna dell'istituzione, e il proliferare della figura dei famigli. Ma il tipo di esenzione, e cioè la possibilità di sottrarsi alla giustizia secolare, sembra spiegare anche la figura sociale di tali collaboratori, costituiti, al dire di Moncada, dalle persone più facoltose delle comunità rurali e dei borghi, creditori e usurai al comando di schiere di clienti numerosi e imponenti. Da un lato, quindi, la presenza locale delle istituzioni centrali dà ragione del «disordine» e della violenza locale e urbana; dall'altro l'azione coercitiva e repressiva del tribunale inquisitoriale si salda a perfezione con il sistema di stratificazione sociale locale, offrendo nuova legittimazione a forme di potere diffuse e strutturali. Un modello, questo, che va certo al di là della portata dell'esempio siciliano.

Fonte: Colección de documentos inéditos para la Historia de España cit., vol. XXVIII, pp. 338-40.


Relazione fatta dal Viceré di Sicilia Ugo Moncada nel lasciare l'incarico (1516)


Sarebbe una stupidaggine da parte mia insistere con Vostra Signoria sull'importanza assunta in questo regno dall'Inquisizione, e di come la si debba onorare e favorire […] essendo ben conosciuti i Vostri sentimenti cristiani e il lignaggio da cui provenite. Devo tuttavia avvertirvi delle molestie che patirete per le imprese dei famigli suoi, che tanto si aggravano quanto essi aumentano di numero, poiché l'Inquisizione non usa procedure dirette per i delitti criminali, in modo che non se ne può mai far giustizia, e i disordini e i delitti di cui si macchiano sono incredibili, tanto che nel regno non esiste privilegio più stimato e più ambito di questo al cui confronto non val nulla esser castigliani; infatti coloro che lo ottengono, non solo sono esenti dal tratto di corda e in generale dalla giurisdizione regia, ma possono perfino portar armi proibite, come schioppi e fucili, e a causa di ciò non si dà delitto straordinario e crudele in cui non si trovi implicato un famiglio dell'Inquisizione, il che è troppo indegno di un'istituzione tanto eccellente e necessaria; essi, poi, sono al riparo dall'unico strumento che in questo regno si è dimostrato capace di provare e castigare delitti, che è la corda; e per questo fatto ho rivolto parecchie suppliche a Sua Maestà di prendere il provvedimento necessario. […]. Vi è poi un altro inconveniente che discende da tal abuso, ed è che nelle comunità rurali si dà tale incarico ai più facoltosi, dei quali la Signoria Vostra saprà ben presto che sono usurai, e con tal espediente non solo cercano di sottrarsi alle imposizioni, il che è già di estrema gravita, perché in tal modo si è costretti a tassare i poveri, da cui non si potrebbe cavare un soldo; ma con tale sistema, se in precedenza li scorticavano, ora gli cavano il sangue e li opprimono in modo che non osano neppure borbottare: e son cose, quelle che fanno, che per scriverle non basta un anno. E siccome proteggono le loro creature e i loro parenti, e hanno un potere tale da circondarsi chi di cento, chi di duecento persone […] e i bandi che si fanno pubblicare nelle città per proibire il porto delle armi per mantenerle nell'ordine e nel timore, sono affatto inutili, perché, essendo queste perle fuori dalla portata della nostra giurisdizione, e commettendo essi stessi i delitti, è come non dir nulla, e questa è la giustificazione data per i disordini che occorrono dai capitani di giustizia, i quali sostengono di non poter costringere i non privilegiati a osservare i bandi, in particolar modo se hanno motivi di inimicizia nei confronti dei famigli dell'Inquisizione, come accade di solito. E perché Vostra Signoria sappia tosto qual è in Sicilia l'importanza del privilegio di non esser soggetti alla corda […] sappia che quando qualcuno vuoi piantar una pallottola in corpo a qualcun altro, ingaggia una persona monca, alla quale come sa non si può infliggere tale tormento.

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UpUltimo aggiornamento: 01/04/2006