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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > II, 20 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione II - I tentativi di riorganizzazione amministrativa e la loro crisi (1520-1560 circa)20. Un esempio di burocrazia cinquecentesca: il Consiglio d'Italia e i suoi rapporti con Filippo II nel 1559Secondo uno degli studiosi dell'amministrazione cinquecentesca, H. G. Koenigsberger, il sistema di governo della penisola italiana del secondo Cinquecento costituisce un esempio precoce di burocrazia «moderna». Tale giudizio, fondato soprattutto sullo studio dell'amministrazione siciliana, è senza dubbio ottimistico, poiché non tiene in alcun conto il significato di depredazione che la fiscalità castigliana acquistò per le popolazioni della penisola assoggettate alla sua autorità: è l'Italia, e in particolar modo la Lombardia, a costituire uno dei serbatoi che, come vedremo nella terza sezione, alimentano l'esercito impegnato per fronteggiare la ribellione fiamminga. In ogni caso il documento che qui si pubblica riflette bene gli intenti politici del «re prudente»: Filippo II concentra le proprie preoccupazioni sulla continuità di lavoro del Consiglio, nel quale ha modo di sistemare non tanto la nobiltà indigena, quanto piuttosto, come nota J. Elliott, quella castigliana (in questo caso il presidente, duca di Francavilla). Inoltre egli ha cura di fissare con puntigliosa precisione alcune regole di funzionamento, e in particolare la trasmissione alla capitale di tutti i problemi importanti, con il sistema delle consulte. Accanto a questo, tuttavia, fanno la loro comparsa alcuni tratti caratteristici della burocrazia cinquecentesca: il pericolo della corruzione, paventato dal sovrano, il timore delle divisioni interne. Di fronte a tali inconvenienti, la strategia del sovrano è chiara, e, come vedremo nella terza sezione, ben in sintonia con i tempi: controllare il patronaggio esercitato attraverso l'istituto consiliare, proporsi e fungere da vertice unico e incontrastato della piramide feudale. Fonte: Colección de documentos inéditos para la historia de España cit., tomo XXI, pp. 569-73. Istruzione data da Filippo II ai membri del Consiglio d'Italia (Toledo, 3 dicembre 1559) Il Re. — L'ordine che desidero venga osservato nel disbrigo degli affari
italiani, tanto dei regni di Napoli e Sicilia quanto dello stato di Milano,
e fintantoché non darò ordini diversi […] è il seguente: Gli affari che sarà possibile sbrigare entro il consiglio dovranno essere comunicati [al re] con la massima rapidità. Il segretario avrà il compito di dar lettura di tutti i memoriali,
integralmente e mai per sommi capi. Si rimetteranno a consulta tutti i provvedimenti relativi a uffici, benefici e a ogni cosa connessa alla mia grazia e mercede, e tutti i casi per i quali sarà necessario derogare a qualsiasi legge o costituzione, e nella consulta relativa a tali deroghe o alla nomina a qualsiasi ufficio giudiziario tutti i membri dovranno esser presenti, e decidere con molta cura intorno a tali nomine. […] Non si potranno ricevere da ufficiali, mercanti o altri né somme di denaro, né doni o prestiti, anche se liberamente offerti. […] Non si dovranno prender decisioni in merito a trasmissione di uffici, di giustizia come di finanze, anche nel caso di rinuncia in favore dei propri figli, senza che io ne sia prima informato, e venga a conoscere la qualità della persona e dell'ufficio. Si farà lo stesso per gli uffici maggiori e di qualità tale da superare lo stipendio di duecento ducati; tuttavia quando si avranno trasmissioni di padre in figlio e non vi sia sospetto di vendita, il consiglio è autorizzato a decidere. Non si potranno consentire vendite e alienazioni di beni feudali privi di legittimo successore, se non nei casi dei quali io sarò informato e darò ordine espresso. Non si prenderanno provvedimenti comunque legati a investiture di beni, né si potrà concedere a beni feudali di recente origine di pagare la tassa dei più antichi, né si potranno concedere maggiorascati per beni feudali, né si potrà determinare alcuna forma di successione, o di concorso alla successione di feudi in deroga ai gradi e alle forme previste dalle costituzioni. […] Si concederà ai mercanti che i loro problemi siano esaminati e determinati in tempi brevi, senza tuttavia trattare con troppa famigliarità le parti in causa, e specialmente partecipare a feste o trattenimenti, del che si fa espressa e tassativa proibizione. […] Non si dovranno promettere uffici o benefici a chicchessia; ci si dovrà astenere dallo scrivere a vicerè, governatori o altri ministri per raccomandare parenti, amici, soci, domestrici o affini e farli nominare a determinati uffici, e questo al fine di concedere a tutti pari facoltà, e coloro che si troveranno in simili situazioni potranno rivolgersi direttamente a me, poiché è da me solo che possono ricevere mercede per i servizi che mi renderanno. […] Non si consentirà a nessuno di nominare suoi servitori agenti di un ministro o di parti, o di ingerirsi di affari la cui divulgazione possa indurre le parti al sospetto. […] Data nella città di Toledo il 3 dicembre 1559 — Io il Re — Vargas, segretario. |
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