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Didattica

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)

2. La formazione delle Province Unite: gli stati generali ripudiano Filippo II e affidano il potere al duca d'Angiò

Di fronte al fallimento della politica perseguita nei dieci anni precedenti, nel 1576 Filippo II affidò al fratello don Giovanni d'Austria, il vincitore della battaglia di Lepanto (1571) contro i turchi, il governo delle province fiamminghe. L'intento di questi fu di fare importanti concessioni politiche (abbandono del paese da parte delle truppe spagnole) per aggirare l'autorità degli Stati generali con l'«editto perpetuo» da lui firmato nel 1577 che prevedeva infatti il ripristino della religione cattolica in tutte le province, a prescindere dalla volontà dell'assemblea rappresentativa. Ciò provocò le proteste e la scissione di Olanda e Zelanda dalle altre province, in nessuna delle quali tuttavia l'alta nobiltà era disposta a rinunciare al potere riconquistato con l'assemblea rappresentativa, e in tal modo riprese l'attività bellica, che assunse così la forma di una guerra nazionale contro la Spagna. Era questo l'obiettivo politico del principe d'Orange, raggiunto tuttavia solo a prezzo dell'omogenità del movimento rivoluzionario: venivano infatti alla luce le differenti strutture politiche e sociali tra le varie province. In Olanda e Zelanda il patriziato delle città non aveva mai dovuto dividere il potere con le corporazioni artigiane, che invece prevalevano nelle province meridionali, dove i patrizi non potevano mantenere il controllo dei consigli municipali e, conseguentemente, dell'assemblea degli Stati provinciali. Ciò si tradusse nel fatto che gli artigiani e l'alta nobiltà del Sud non si dimostrarono disposti ad accettare la politica del principe d'Orange, che pure propugnava una rivoluzione limitata e la tolleranza religiosa. In questa differenza sociale e religiosa (nelle province settentrionali al predominio dei patriziati si aggiungeva la forza del movimento calvinista) era già implicita la divisione definitiva dei Paesi Bassi. Questa trova espressione formale nel Patto d'unione del 1581: si tratta dell'unione tra l'Olanda, la Zelanda, Utrecht, la Frisia, la Gheldria, il Drenthe, l'Overijssel e la provincia (ma non la città) di Groninga, che conferirono il potere politico agli Stati generali e alla casa di Orange. Tale divisione del potere non era priva di tensioni, che si manifestarono in un conflitto durato più di un secolo. L'unione infatti era stata in un primo tempo patrocinata dallo stesso principe di Orange per favorire una più stretta collaborazione tra le province del Nord, ma di fatto venne sanzionata contro i suoi desideri per l’atteggiamento intransigente dei calvinisti, che impediva il raggiungimento dell'obiettivo del principe, cioè l'unione di tutte le province sulla base della pacificazione religiosa. Di qui (insieme con una serie di sconfitte militari a opera del successore di don Giovanni d'Austria, Alessandro Farnese) sia il rifiuto dell'obbedienza a Filippo II — dietro motivazioni religiose e fiscali, relative al finanziamento dell'esercito del duca d'Alba negli anni sessanta — sia il ricorso all'autorità e al prestigio del duca d'Angiò, fratello del re di Francia Enrico III, capo dei politiques francesi. Va sottolineato infine il linguaggio che caratterizza questo atto d'abiura: data la sorprendente somiglianza con le istruzioni che Filippo soleva dare ai viceré, è probabile che sia stato a bella posta modellato su di esse.

Fonte: E. VAN METEREN, L'Histoire des Pays Bas, s'Gravenhage, chez H. J. Wou, 1618, 3 voll., ff. 208v. - 210v.


Il Patto d'unione, l'Aia (26 luglio 1581)


Poiché è cosa nota a ognuno che un Principe viene posto da Dio a sovrano e capo dei sudditi di un paese, per difenderli e salvaguardarli da ogni offesa, oppressione e minaccia, come a un pastore sono affidate la difesa e la tutela delle greggi; e poiché è altrettanto noto che i sudditi non vengono creati da Dio a uso del Principe, per prestare obbedienza a tutto ciò che quegli comanda, sia che si tratti di cosa pia o empia, giusta o ingiusta, o per servirlo come schiavi. Ma il principe è posto a capo dei sudditi, senza i quali egli non può in nessun modo essere Principe, per governarli secondo diritto e ragione, mantenerli e amarli come un padre i propri figli, o un pastore le sue greggi, per mettere a repentaglio la propria vita in loro difesa e soccorso. E quando non si comporta in tal modo, e invece di difendere i sudditi tenta di opprimerli e annullarne i privilegi e le antiche consuetudini, o di comandarli e servirsene come schiavi, egli non deve essere considerato come un Principe, ma come un tiranno. E come tale i sudditi, secondo il diritto e la ragione, non possono più accettarlo quale loro principe. E in particolar modo quando ciò viene stabilito dall'autorità e deliberazione dagli Stati del paese, allora lo si può abbandonare e in sua vece sceglierne un altro, senza vergogna, come sovrano e signore da cui essere difesi. E ciò è successo quando i sudditi [di questi paesi] con umili preghiere, richieste e rimostranze hanno invano cercato di addolcire l'autorità del loro principe, di distoglierlo da imprese e disegni tirannici. […]. E ciò deve avvenire in questi paesi, i quali da tempo immemorabile sono stati governati in virtù di un giuramento dei principi all'atto della loro ascesa al trono, secondo il tenore dei loro privilegi e delle antiche consuetudini. Senza dimenticare inoltre come la maggior parte di queste province abbia sempre riconosciuto l'autorità regale a determinate condizioni, secondo contratti e accordi giurati in base ai quali, se il Principe giunge a violarli, viene di diritto privato della sovranità del paese. E proprio in questo modo è successo che il re di Spagna, dopo la morte del defunto imperatore Carlo V di gloriosa memoria, suo padre (da cui ha ereditato tutti questi paesi), ha dimenticato i servizi prestati tanto a lui quanto a suo padre da questi paesi […] come pure gli ammonimenti contrari rivoltigli da sua altezza imperiale: e ha prestato ascolto ai membri del Consiglio di Spagna, che si trovavano presso di lui e avevano maturato un segreto odio per questi paesi e la loro libertà, in base alla quale essi non potevano conseguirvi né cariche né uffici, come invece avviene nei regni di Napoli, Sicilia, Milano e nelle Indie e altri domini posti sotto il potere del re. E costoro erano anche attratti dalle ricchezze di questi paesi, delle quali avevano una buona conoscenza. E tale Consiglio, o una parte di esso, ha ripetutamente ricordato al re come fosse preferibile conquistare una seconda volta i Paesi Bassi al fine di potervi comandare in tutta libertà e assolutezza (il che equivale a tiranneggiare il popolo a proprio piacimento), piuttosto che governarlo alle condizioni e con le restrizioni che egli aveva giurato di rispettare al momento dell'ascesa a quel trono […]. Proclamiamo che, considerato quanto è sopra scritto, e l'estrema necessità dalla quale siamo sospinti, di comune accordo, deliberazione e consenso, abbiamo dichiarato e dichiariamo decaduto il re di Spagna, ipso iure, dalla sua sovranità, diritto ed eredità su questi paesi, e che perciò non abbiamo più intenzione di riconoscerne l'autorità in alcuna delle sfere nelle quali si manifestano il potere, la sovranità, la giurisdizione e il dominio del Principe in questi Paesi Bassi, né di servirci del suo nome come sovrano, o di permettere che nessuno se ne serva.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006