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Didattica

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)

4. Ufficio e patrimonio: alcune conseguenze sociali e giuridiche nella Francia tra Cinque e Seicento

L'insistenza degli storici sugli aspetti sociali della vendita degli uffici verte principalmente sulle conseguenze della natura patrimoniale della carica pubblica. Qui la si esamina attraverso un documento di eccezionale interesse, un frammento del diario di Olivier Lefèvre d'Ormesson, che ricostruisce in forma biografica i frutti materiali degli uffici e disegna una curva della loro cumulazione. La combinazione di questi due elementi contribuisce a delineare con sorprendente vivacità una carriera familiare, ovvero una vicenda di mobilità ascendente, anche e nonostante le disavventure politiche (qui rappresentate dalla morte di Enrico II e dalla disgrazia del clan cui Lefèvre è legato, e dal prestito forzato imposto da Caterina de Medici ai detentori di uffici). L'essenziale della parabola dei Lefèvre d'Ormesson è tuttavia racchiuso nella sua dimensione familiare, con un'attenta valutazione del possibile destino dei figli, le loro carriere e le loro fortune. Di qui nascono problemi giuridici non indifferenti: che cos'è, dal punto di vista legale, un ufficio? deve seguire la sorte del patrimonio immobiliare della famiglia, oppure è qualcosa di più impalpabile, che non rientra nella categoria dei beni alienabili? Simili interrogativi hanno nutrito pagine e pagine di trattati e di incartamenti giuridici non solo francesi. Al di là delle singole specificazioni, impossibili da riportare in questa sede, esse testimoniano l'urgenza di una definizione di fondo: l'ufficio è parte del patrimonio di una famiglia, ed elemento anche decisivo delle sue strategie di ascesa sociale in un sistema di stratificazione basato sulla gerarchia degli status.

Fonte: Journal d'Olivier Lefèvre d'Ormesson et Extraits des Mémoires d'André Lefèvre d'Ormesson, publiées par M. Chéruel, Paris, Imprimerie Nationale, 1860, tomo I, pp. IV-XXI.


Il padre del detto Olivier si chiamava Jean Lefèvre, commesso alla cancelleria civile del parlamento di Parigi, uomo onesto sul quale il danaro non aveva alcun potere. La madre si chiamava Madeleine Gaudard, figlia […] di un procuratore della camera dei conti di Parigi. Dal loro matrimonio nacquero tre maschi, Nicolas, Jean e Olivier, e tre femmine, Marguerite, Anne e Jacqueline. Tutti morirono in giovane età, tranne Nicolas e Olivier, mio padre. Nicolas, più anziano di due anni di mio padre, fu tuttavia debitore della sua fortuna a mio padre, come dirò più tardi. Quando il loro padre […] morì […] Olivier, all'età di otto anni entrò nel collegio di Navarra con Nicolas. Ma non ci rimasero che tre anni, per mancanza di mezzi. L'onestà del padre era la causa della sua povertà, ma in seguito questa fu responsabile della fortuna dei figli: perché Olivier fu impiegato presso un procuratore dei conti, dove imparò a scrivere e a guadagnarsi il pane […]. Durante la sua permanenza presso tale procuratore, il mastro André Blondel, sire di Roquancour e tesoriere del delfino Enrico, si rivolse al procuratore stesso poiché aveva bisogno d'un commesso. Tra i molti che questi aveva al proprio servizio, la scelta cadde per fortuna su mio padre, che fu preferito dal sire di Roquancour per i suoi modi e per la sua calligrafia. […]

Il re Francesco morì […]. Enrico, delfino e figlio, ascese al trono, e il sire di Roquancour venne da lui fatto tesoriere dell'Épargne al posto di Nicolas du Val, con la raccomandazione di Madame de Valentinois, Diane de Poitiers. Allora non vi era che un solo tesoriere dell'Épargne,- e mio padre divenne il suo primo commesso all'età di ventidue anni: ma era in realtà lui a svolgere la funzione, poiché il padrone e detentore si fondava interamente sulla sua fedeltà […]. Dopo aver esercitato tale carica per più di sei anni, a mille scudi annui, egli acquistò nel 1553 l'ufficio di argentiere del re […].

Nel 1554 mio padre acquistò le terre della signoria d'Ormesson, allora molto mal ridotta, e che mio padre ingrandì con edifici e piantagioni […]. Prese allora a farsi chiamare sire d'Ormesson, nome che gli è poi rimasto, ed egli non era conosciuto che con tale nome. Verso la fine di quell'anno tuttavia ebbe dei guai per il suo ufficio di tesoriere delle entrate straordinarie, poiché due individui […] artificiosamente fecero circolare la voce che egli aveva profittato del denaro; ma ciò si dimostrò del tutto falso dopo le debite indagini. Lo costrinsero tuttavia a dimettersi ed egli acquistò un ufficio di tesoriere delle parties casuelles [l'imposta pagata dagli ufficiali all'entrare in carica] al posto del signor Rageau, e lo ricoprì a lungo. Provava in ogni caso vergogna per quel fatto, ma nel 1557 riuscì a dimostrare la strumentalità delle accuse di quei due. Riconosciuta la sua innocenza, tornò a ricoprire l'ufficio di tesoriere, più per il suo senso dell'onore che per invidia di averlo. Era però difficile non ricavare da quella vicenda l'idea di quanto fosse difficile vivere a corte per lungo tempo senza aiuto e assistenza; si risolse quindi ad ammogliarsi e allearsi così con qualche famiglia che potesse appoggiarlo e difenderlo. In quel tempo, poiché il sire Jean de Morvilliers, vescovo di Orléans e consigliere di Stato godeva di grande credito e reputazione, e aveva molto potere per i buoni servigi che aveva reso e rendeva alla Francia, mio padre ne ricercò l'alleanza e sposò la demoiselle Anne d'Alesso, nipote […] della sorella del sire de Morvilliers. Perciò mio padre fu molto amato da questi e, in seguito molto favorito […] al ritorno il re si recò agli Stati a Moulins, nel 1566. Era un periodo in cui il cancelliere sire de l'Hôpital godeva di grande credito. Si istituì una grossa indagine contro i financiers, e tutti gli ufficiali della casa del re furono privati delle cariche. V'era bisogno d'un uomo onesto che li esercitasse in vece loro: fu scelto mio padre dietro raccomandazione del sire de Morvilliers, che disse in pieno consiglio di voler proporre una persona per la quale garantiva anima e corpo. La regina madre disse all'uscita dal consiglio: «Bisogna che de Morvilliers voglia molto bene a d'Ormesson, e che lo stimi profondamente, poiché non ha l'abitudine di esporsi in tal modo». Mio padre esercitò la commissione i due anni di durata dell'indagine. Nel 1568 si giunse a una composizione per la quale i financiers furono reintegrati. Mio padre aveva concesso loro questa grazia […] [per la quale] essi sentirono di avere degli obblighi verso mio padre, che onorarono sempre come un padre e benefattore. La composizione ammontava a 500.000 lire. Mio padre fu tassato come gli altri poiché deteneva un ufficio di finanza. Ottenne tuttavia lettere di deroga […] Il re Carlo [IX] chiese allora a mio padre di subentrare nella carica di tesoriere dell'Épargne. Rifiutò garbatamente […]. Dimenticavo di dire che nel 1568 vendette l'ufficio di tesoriere delle parties casuelles al sire de Montdoucet […]. In quel tempo acquistò l'ufficio di ricevitore generale delle finanze di Piccardia dal sire de Molé […].

Nel 1573 mio padre fu quindi intendente delle finanze e consigliere di stato. Allora, gli intendenti fungevano anche da consiglieri generali delle finanze, ciascuno per il suo periodo di alternativa [cioè gli uffici erano stati raddoppiati]. Mio padre esercitò tale carica per sei mesi, sotto Enrico III, e mantenne le mani pulite, come aveva sempre fatto. Il re, che era troppo liberale, e al quale non erano mai sufficienti le novità che si introducevano per cavar soldi, se la prese con mio padre, come se egli avesse mostrato scarso zelo. Del resto era anche […] morto il sire de Morvilliers […] e ciò lo fece decidere di […] ritirarsi dalla corte, e vendere l'ufficio di intendente delle finanze […]. Vendette altresì l'ufficio di tesoriere generale di Francia in Piccardia al sire Picart per 1.000 scudi, somma non molto elevata, per il fatto che riconosceva nell'acquirente una persona onesta e amata nella provincia e preferiva la soddisfazione della provincia al proprio interesse […].

Venduti gli uffici, mio padre si godeva pacificamente i propri giorni, senza cariche e conducendo vita privata, sia a Ormesson, sia a Parigi, sia a Eaubonne, che aveva acquistato poco tempo prima; ma riconobbe ben presto i limiti dell'ozio […] cambiò idea e, desiderando riavere una carica, scoprì che nessuna era adatta a lui quanto quella di presidente della camera dei conti […].

(1600) II lunedì dopo la morte di mio padre, il sire d'Eaubonne, nostro fratello maggiore, lo sostituì alla presidenza alla camera dei conti, nonostante qualche istanza nei confronti del re da parte del sire de Sully, sovrintendente delle finanze, per fargli perdere l'ufficio e venderlo come vacante, sostenendo che il periodo di sei mesi fissato per la scelta del successore era spirato senza la designazione da parte di mio padre, ma il re non ne volle sapere […]. Se avessimo perduto l'ufficio di presidente, mio fratello d'Eaubonne avrebbe potuto rifarsi con il contratto di matrimonio, che era molto consistente, ma mio fratello e io non avremmo partecipato che a litigi e processi. Non saremmo mai riusciti a procurarci degli uffici e farci avanti nella società come siamo riusciti a fare.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006