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Didattica

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)

5. Città e campagna nella formazione degli apparati statali

Non poteva certo sfuggire ai contemporanei che la costruzione dell'apparato statale implicava l'incanalamento delle risorse locali in direzione delle città, i centri fisici del potere sovrano. L'aumento dell'importanza delle strutture urbane è costantemente ricondotto al formarsi di robusti apparati di potere. È il principe con la sua amministrazione modellata dalla normativa del diritto romano a riplasmare la funzione delle città nella società tardo-cinquecentesca: significativamente infatti sono proprio le regioni europee dotate di una tradizione urbana medievale quelle in cui potere statale trova maggiori difficoltà a radicarsi e a dar luogo a forme di integrazione politica «nazionale»: la Renania, le Fiandre e la stessa Italia centro-settentrionale costituiscono gli esempi classici a questo riguardo. In ogni caso il processo descritto è profondamente radicato nella cultura delle élites del secolo di ferro, e illustra quel processo di ascesa dei gruppi dominanti della periferia che già il Journal di Lefèvre d'Ormesson (doc. 4) aveva messo in rilievo: la carriera che questi descrive sarebbe impensabile senza centri fisici del potere, che le città rappresentano mirabilmente. È nelle città che lo studio del diritto ha possibilità di trovare concrete applicazioni, anzi è quella professione sicura e gratificante ad animare la vita urbana.

Fonte: G. BOTERO, Delle cause della grandezza delle città (1588), in Della ragion di Stato, a cura di L. Firpo, Torino, Utet, 1948, pp. 374-75, 382-84, 394-96.


VI. DE' TRIBUNALI DI GIUSTIZIA.


La vita, l'onore e le facoltà nostre sono nelle mani de' giudici, perché, mancando per tutto l'amorevolezza e la carità, cresce tuttavia la violenza e la cupidità degli uomini malvagi, da' quali se non ci difendono i giudici, male passeranno le bisogne nostre. Per questa cagione le città, ove sono audienze reali, senati, parlamenti o altra sorte di tribunali supremi, sono necessariamente frequentate, sì per lo concorso della gente, che si conosce bisognosa di giustizia, come per lo maneggio stesso della ragione, che non si può amministrare senza molta gente: presidenti, senatori, avvocati, procuratori, sollecitatori, notai e simili altri: e quel che più importa, la giustizia non si fa oggi senza intervento di denari contanti. Or non è cosa più efficace per far correre le genti, che 'l corso del danaro: non è di tanta forza la calamità per tirare a sé il ferro, come l'oro per volger qua e là gli occhi e gli animi degli uomini, e la ragion si è, perché contiene virtualmente ogni grandezza, ogni commodità, ogni bene terreno, e chi ha danari si può dire ch'egli abbia tutto ciò che si può avere da questo mondo. Or, per la copia de' danari che l'amministrazione della giustizia porta seco, le città metropolitane, se non possono avere la totale amministrazione delle cause civili e criminali, si riservano almeno le cause più gravi e l'appellazioni. […]


XI. DELLA RESIDENZA DELLA NOBILTÀ.


Fra l'altre cagioni, per le quali le città d'Italia sono per l'ordinario maggiori, che le città di Francia o d'altra parte d'Europa, non è di piccola importanza questa: che in Italia i gentiluomini abitano nelle città ed in Francia ne' lor castelli, che son palazzi cinti per lo più di fosse piene d'acqua, con muraglie e con torrioni sufficienti a sostenere un improvviso assalto; […]. Or la stanza de' nobili nelle città le rende più illustri e più popolose, non solamente perché vi si aggiungono le persone e le famiglie loro, ma di più perché un barone spende molto più largamente, per la concorrenza e per l'emulazione degli altri, nella città, dove vede ed è visto continuamente da persone onorate, che nella campagna, dove vive tra le fiere o conversa co' villani e va vestito di panno lazzo o di tela; crescono poi necessariamente le fabriche e si moltiplicano le arti. […]


XII. DELLA RESIDENZA DEL PRINCIPE.


Per le medesime cagioni, le quali abbiamo addotto poco innanzi nel capo del dominio, vale infinitamente per magnificare e ringrandire le città la residenza del prencipe, conforme alla cui grandezza d'imperio ella cresce, conciosiaché dove il prencipe risiede risiedono anco i parlamenti, o senati che gli vogliamo dire, i tribunali supremi della giustizia, i consigli secreti e di Stato: là concorrono tutti i negozi d'importanza, tutti i prencipi, tutti i personaggi di conto, gli ambasciatori delle republiche e de' re e gli agenti delle città soggette: là corrono a gara tutti quei ch'aspirano agli uffici ed agli onori, ivi si portano l'entrate dello Stato, ivi si dispensano, il che si può facilmente comprendere con gli esempi di quasi tutte le città d'importanza e di grido. […] È tanta l'efficacia e la forza della residenza de' principi, che questa sola è bastante a costituire ed a formare in un tratto le città.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006