![]() |
Didattica |
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)7. Parlamento postelisabettiano: consenso e crisi costituzionale nell'età di Giacomo I StuartL'accordo di fondo tra Elisabetta e il Parlamento, di cui i documenti precedenti illustrano l'origine e descrivono il conseguente assetto istituzionale, inizia a mostrare la corda almeno dall'ultimo decennio del suo regno. Dietro la spinta delle impellenze finanziarie si inceppa la combinazione di autorità regia e di consenso delle élites che presiedeva alla politica della dinastia Tudor. Di fatto il cambio di dinastia che segue la morte di Elisabetta rappresenta la transizione tra un periodo di tensione e di successo sotto una dinastia indigena e uno di benessere e di piaceri sotto una dinastia straniera. La posizione raggiunta dalla Corona nel secolo XVI era destinata a esser messa in discussione e ridefinita. La crisi dell'ultimo decennio elisabettiano aveva già visto un Parlamento refrattario e critico nei confronti della gestione monarchica del potere. Le prerogative della Corona, in particolare quelle riguardanti i monopoli, erano state soggette a dure critiche; l'autorità del Consiglio regio aveva incontrato numerose difficoltà, e alcune leggi proposte dalla Corona erano state bocciate, mentre altre, disapprovate dagli ambienti vicini alla regina, avevano ottenuto l'approvazione di entrambe le camere. A questo stato di tensione la figura di Giacomo I, la cui successione non aveva sollevato opposizione, aveva aggiunto elementi rilevanti, poiché la sua personalità di sovrano, formatasi precedentemente all'ascesa al trono inglese (egli era già re di Scozia) lo faceva inclinare a una concezione della sovranità che potremmo chiamare di «dispotismo illuminato» sviluppatasi più a partire da un sapere libresco che dall'esperienza di governo. Anche se la storia costituzionale del periodo di crisi che si apre con la sua ascesa al trono non può essere ridotta alla tensione tra Parlamento e Corona, è tuttavia intorno a questo asse che si vengono a disporre i problemi di fondo. Questi sono ben illustrati dalle riflessioni del cancelliere Ellesmere (doc. a): più che di un mutamento dell'atteggiamento del personale del governo centrale nei confronti del costituzionalismo Tudor si deve infatti parlare di una trasformazione del Parlamento, non più disposto a tollerare l'ingerenza ministeriale nelle proprie discussioni e sempre più incline a conquistarsi l'iniziativa politica. Si manifesta così un netto declino dell'influenza della Corona sulla camera bassa, e si sviluppa più decisamente quando, a partire dal 1604, questa riesce a imporre la propria unica ed esclusiva giurisdizione sia sulle elezioni contestate, sia, soprattutto, sui reati commessi dai propri membri (sempre nel 1604 un membro del Parlamento arrestato per debiti venne liberato per ordine dalla sola camera bassa, e senza alcun mandato di privilegio). Così, se il fattore scatenante della crisi costituzionale degli anni venti va individuato nel problema finanziario, non è irrilevante lo stato di tensione generato dalle controversie costituzionali, che si rafforzano in quegli anni a causa della guerra. Esso produce due novità sostanziali: l'impeachment di ministri sgraditi e la petition of rights. Il primo raggiunge il suo acme nel 1621 e 1624, quando si chiede la destituzione di funzionari e ministri accusati di corruzione (doc. b), la seconda è il prodotto del Parlamento del 1628-29, e condanna come illegali le pratiche degli espedienti finanziari che avevano caratterizzato la politica della Corona nei venticinque anni di regno di Giacomo I. Fonti: a/ Sir THOMAS EGERTON, LORD ELLESMERE, Speciali Obseruacions touching all the Sessions of the last Parlement Anno 7 Regis… (1611), in L. A. KNAFLA, Law and Politics in Jacobean England. The Tracts of Lord Chancellor Ellesmere, London, Cambridge University Press, 1977, Appendice XI, pp. 254-62; b/ SPEDDING (a cura di), The Life and Letters of Francis Bacon cit., vol. VII, pp. 221-24. a/ Conflitti tra Parlamento e CoronaIn un parlamento d'Inghilterra, tre stati, e in tre gradi vanno sempre considerati con particolare riguardo: ed è necessario prestare attenzione al fatto che nessuno di essi interferisca con gli altri. 1) Il re, al quale compete la sovranità, e la suprema prerogativa e regalità, inviolabilmente preservata. 2) I nobili, Prelati e Lord, i quali devono mantenere salvi onore e dignità. 3) I Comuni, i quali devono conservare le loro antiche libertà e privilegi, senza che vi si attenti con malizia e pregiudizio. I) Se il primo estende le proprie ambizioni troppo in alto, tende alla tirannia, II) Se il secondo stato ha troppa presunzione, e sfida i poteri e l'autorità (del sovrano), aspira all'aristocrazia. III) Se del terzo si tollera che usurpi e interferisca troppo nelle prerogative della regalità, questo non si arresterà (in mancanza di opportuni provvedimenti) fino a che non sarà sfociato in una democrazia. Allo stato presente non vi sono dubbi [dell'esistenza] della prima e seconda condizione; perché i due stati a cui si riferiscono, negli ultimi anni hanno conosciuto declino e rovina, piuttosto che ascesa. Ma lo stato popolare, sin dall'inizio del regno di sua maestà e del suo benigno governo, si è rafforzato e reso più audace. E in ogni sessione del parlamento ciò è cresciuto e si è dilatato […] come si deduce dai seguenti esempi. 1) Il motivo della convocazione del parlamento, che avrebbe dovuto essere discusso per primo, è stato ignorato, e si sono preferite materie proposte da persone individuali, con grande perdita di tempo. 2) Si è interrotto il corso della giustizia ordinaria col fatto che il parlamento, chiamato e ammonito da alcuni ordini del re che intimavano di giudicare alcune cause mosse contro alcuni dei suoi membri, o che altri si presentassero come testimoni, ha bellamente ignorato e disprezzato tali ordini. […]. 3) Sono stati ammessi a parteciparvi addirittura individui dichiarati fuori legge […]. 4) Il parlamento si è anche arrogato la competenza di giudicare la sufficienza o l'insufficienza dei mandati degli sceriffi per la convocazione dell'elezione dei cavalieri nelle contee, e dei cittadini e borghesi […]. 5) Con il pretesto dei propri privilegi, i membri del parlamento hanno anche sottratto alla giustizia del re persone sotto processo, detenute prima della convocazione dei comuni […]. Ma non è tutto. Perché accanto a questo raro e bizzarro modo di procedere, alcuni di loro […] hanno osato tenere alla camera bassa discorsi pubblici, audaci e sprezzanti nei confronti della prerogativa e del potere regio, del felice e benefico governo. E questo ha suscitato il plauso di molti altri, senza che nessuno si sia preoccupato di reprimerli […]. Alcuni particolari esempi di quanto vado dicendo non saranno facilmente dimenticabili. A) Da uno di loro venne detto […] che la camera si era riunita per deliberare lagnanze e dolore. […]. Che le rane del faraone si erano insinuate tra di noi. […]. E che solo la parola del vangelo avrebbe potuto contenere e trattenere le sofferenze del popolo. B) Un altro disse che ciò che avevamo di fronte non era Pax sed Pactio Servitutis. Che essi non avevano motivo di aver timore o speranza. […] D) E nelle sessioni successive molte questioni simili, o di importanza ancor maggiore, furono propugnate e discusse nei dibattiti e nelle consultazioni. E in particolare questa, che quello stesso parlamento doveva esser prolungato e tenuto ogni cinque anni anche senza la convocazione del re. […]. E) A questo scopo decisero che a sei di loro, che godono di particolare seguito, venisse affidato il compito di preparare discorsi contrari alla concessione di qualsiasi sussidio […]. E inoltre si adopereranno per diffondere pubblicamente le lagnanze contro lo stato e il governo. […]. E questo con particolare riguardo alle Proclamazioni di sua altezza concernenti le imposizioni e le tasse sulla mercatura […] e alla corte della camera stellata, e alla Court of Equity, che hanno definito corti di discrezione arbitraria (coinvolgendo quindi anche l'autorità del consiglio regio). b/ La Camera dei lord esamina il caso di corruzione del cancelliere Francis BaconIl Lord tesoriere fece una relazione della discussione tenutasi ieri ai Comuni. In tale discussione venne stabilito che i Comuni desideravano informare le loro altezze dei grandi abusi commessi nelle corti di giustizia; le informazioni prese vennero divise in tre parti: 1. Le persone accusate di corruzione. 2. I capi di accusa rivolti contro di loro. 3. Le prove. Le persone sono il Lord cancelliere d'Inghilterra, e l'attuale Lord vescovo di Landaph (al tempo del reato non ancora prelato, ma semplice dottor Feild). […]. Il Lord cancelliere è accusato di enorme pervertimento e corruzione, da lui commesse nell'esercizio di una carica tanto eminente. A suo carico vennero presentati due casi, l'uno riguardante Christopher Awbrey, l'altro Edward Egerton. Nella causa giacente presso la Cancelleria tra questo Awbrey e Sir William Brouncker, al primo, che temeva gravi provvedimenti contro di sé, fu consigliato di offrire cento sterline al Lord cancelliere; e le affidò al proprio difensore (Sir George Hastings) perché le facesse avere al Lord cancelliere. Nonostante ciò la causa procedeva con molta lentezza, e Awbrey scrisse diverse lettere al Lord cancelliere, senza tuttavia riceverne risposta; e finalmente, al ricevere l'ennesima missiva, sua signoria disse «se mi importuna ancora una volta lo faccio imprigionare». Le prove di accusa sono cinque: 1. Sir George Hastings ha rivelato questo maneggio a Sir Charles Montague parecchio tempo fa. 2. Il Lord cancelliere, temendo che la faccenda potesse nuocergli, richiese il silenzio di Sir George Hasting. 3. Quest'ultimo ha fornito la propria testimonianza, non di propria volontà ma dietro richiesta. 4. Il Lord cancelliere chiese a Sir George Hastings di condurre Awbrey da lui, e promise di rimediare le ingiustizie compiute ai suoi danni. 5. Il Lord cancelliere ha detto a Sir George Hastings che se confermava la mancia di cento sterline, egli aveva l'intenzione e il dovere di negarla. Il caso di Edward Egerton è questo. Al tempo in cui doveva tenersi di fronte al cancelliere una causa tra Edward Egerton e Sir Rowland Egerton, il primo offerse a sua signoria una bacinella con una brocca, del valore di più di cinquanta sterline, e questo poco tempo dopo che sua signoria era entrata in carica; in seguito donò a Sir George Hastings e a Sir Richard Younge una quantità d'oro del valore di quattrocento sterline, destinata a sua signoria. Gliela consegnò Sir Richard Younge; sua signoria lo prese e lo soppesò dicendo che era troppo, che il signor Egerton non solo l'aveva reso ricco, ma aveva creato un vincolo tra sé e sua signoria al fine di ricevere favori in merito alle sue giuste cause. Le prove consistono nella testimonianza di Sir George Hastings e in quella di Merefyll, uno scrivano, che sostiene di aver ricevuto settecento sterline da parte del signor Egerton, il quale gli disse che la maggior parte di quella somma andava al Lord Cancelliere; e che lo stesso Egerton gli disse in seguito di aver dato quattrocento sterline in oro al Lord cancelliere. Alla medesima riunione si trattò inoltre del caso di un vescovo, che venne coinvolto nell'affare in via subordinata, e anche se in apparenza il suo ruolo poteva sembrare del tutto onorevole […]. |
|
© 2000 Reti Medievali |
Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |