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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > III, 9 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)9. I fondamenti politici dell'assolutismo francese a partire dal regno di Enrico IVL'accordo raggiunto a Nantes nel febbraio 1598 sanciva la pacificazione religiosa del regno, prevedendo il riconoscimento istituzionale della fede riformata a una minoranza protestante in un regno che restava ufficialmente contraddistinto dall'adesione alla confessione cattolica. Accanto alla soluzione religiosa del conflitto, altri e non meno importanti problemi affrontati da Enrico IV consentirono alla monarchia di darsi un assetto sufficientemente stabile. Da un lato la risoluzione del problema delle autorità periferiche, il cui ruolo era pericolosamente emerso nel corso della crisi, era affidata a un compromesso, o meglio a un condono: come mostra il documento a, nel trattato di pacificazione tra Enrico IV e il duca di Mayenne, Carlo di Lorena, un aspetto prevalente è consacrato alla cancellazione dei debiti contratti dalla Lega per il mantenimento delle proprie forze armate. Oltre a ciò, altri importanti problemi sorti dalla frammentazione del potere politico durante le guerre di religione attendevano una soluzione. Il più importante era costituito dall'ingombrante presenza degli ufficiali nell'apparato amministrativo e giudiziario dello stato. Questi avevano una duplice origine: alcuni, creati dai principi cattolici nei territori della propria giurisdizione, erano frutto della ricerca di consenso presso le élites urbane; altri avevano la medesima origine, sia pure di matrice regia. Altri ancora rappresentavano invece la terza generazione di ufficiali creati a partire dal regno di Enrico II dietro la pressione degli ingenti problemi finanziari. Ciò implicava il raggiungimento della definitiva condizione nobiliare da parte delle famiglie di quelle prime generazioni di ufficiali venali e poneva il problema della convivenza tra i diversi settori della nobiltà francese, e in particolare tra quello di più immediata origine militare e signorile e quello interamente legato allo svolgimento di funzioni amministrative e giudiziarie. Intorno a questo nodo si sviluppò uno scontro cruciale per i destini della monarchia francese. Nelle intenzioni del surintendant alle finanze Sully, più tardi ministro di Enrico IV, il problema andava risolto attraverso la separazione giuridica tra le due nobiltà, a condizioni politicamente vantaggiose per entrambe. Tuttavia, la separazione tra le due nobiltà, e il minor peso attribuito alle magistrature come strumenti di controllo, centrale e periferico, del potere sovrano, è nello stesso tempo una misura finanziaria, giacché consente di regolarizzare le entrate derivanti dalla tassa di successione all'ufficio, o diritto annuale, attraverso l'appalto di tale entrata a un partisan, il finanziere mastro Charles Paulet. Dietro la linea politica incarnata da Sully è facile individuare perciò una strategia di accentramento del potere sovrano nei confronti delle autorità locali, in particolare togate, e non un semplice atto di restaurazione delle prerogative della nobiltà di sangue. Nella visione opposta, che qui si pubblica (doc. b), incarnata dal cancelliere Bellièvre, prevale una concezione meritocratica delle nobiltà, che giustifica il peso e l'importanza attribuita alle magistrature, e quindi il rifiuto della trasmissione ereditaria delle cariche, in quanto pernicioso fattore di decadimento delle magistrature e mero riconoscimento di status. Fonti: a/ ISAMBERT e altri, Recueil général des anciennes lois françaises cit., tomo XV, pp. 104-16; b/ Contre la Paulette, Mémoire du chancelier Bellièvre, in E. FAGES, Contre la Paulette. Mémoire sur les parties casuelles, in «Revue Henry IV», luglio-agosto 1905, pp. 184-88. a/ Edito generale di amnistia in occasione della riconduzione del duca di Mayenne e dei suoi seguaci all'obbedienza del re, con abolizione e sospensione delle confische e sospensione della proscrizioneEnrico, ecc. […] il nostro cuore non sarebbe stato felice, né la pace avrebbe potuto esser completa se il nostro caro e fedele cugino, il duca di Mayenne, capo del proprio partito […] vista indebolita la forza dei suoi seguaci, non avesse preferito gettarsi ai nostri piedi e renderci l'obbedienza che Dio, natura e diritto gli imponevano, piuttosto di ricorrere ad espedienti che avrebbero inasprito la guerra medesima […]. E al fine di indurre i cattolici che vorranno imitarlo nel suo atteggiamento e dovere a sentirsi approvati e incoraggiati a prender una tanto salutare decisione […] stabiliamo e dichiariamo […] quanto segue: […] 6. Tanto nostro cugino quanto i principi, signori, ecclesiastici, gentiluomini ufficiali e altri borghesi, abitanti di comunità e casolari, che in qualunque modo hanno seguito e favorito il suo partito, i quali non ci abbiano ancora prestato il giuramento di fedeltà ma siano intenzionati a farlo, non potranno, nel tempo indicato dal presente editto, venir ricercati, accusati e condannati per fatti avvenuti e da loro commessi durante il presente conflitto […]. 9. Nostro cugino il duca di Mayenne e i signori gentiluomini ecc. saranno allo stesso modo sgravati e discolpati di tutte le inchieste su somme di denaro pubblico o privato esatti e levati da essi, per loro ordine, comando e commissione […]. 11. Quanti abbiano esercitato la carica di commissario generale al vettovagliamento sotto l'autorità di nostro cugino e dei signori comandanti nelle diverse province del nostro regno, i quali riconosceranno Noi come legittimo sovrano in base al presente editto […] saranno discolpati dei reati commessi dai propri subordinati […]. 14. Ogni sentenza, giudizio o decisione presa dai giudici del detto partito, tra persone appartenenti al partito medesimo o altre che non vi aderivano, si terrà e avrà luogo senza che la si possa revocare dalle nostre corti del parlamento o altre, se non in caso d'appello […]. 18. E riguardo a quanti sono stati da nostro cugino provvisti degli uffici resisi vacanti nelle città che finora hanno aderito al suo partito, sia per morte, dimissioni o sia per nuova creazione da parte nostra o dei nostri predecessori, i quali a qualunque titolo si sono schierati con nostro cugino senza riconoscerci come sovrano e giurarci fedeltà nelle forme tradizionali; tutti costoro, se avranno intenzione di seguire l'esempio di nostro cugino e porsi quindi al nostro servizio […] saranno allo stesso modo mantenuti e conservati nei detti uffici, e riceveranno da noi lo stipendio e le provvigioni. b/ Una voce autorevole contro il diritto annuale[Sully] si propone di appaltare a forfait le parties casuelles […]. Tale decisione si raccomanda per utilità, atteso che le entrate delle parties casuelles dovrebbero produrre un incremento di quattrocentomila lire: cosa degna della più alta considerazione, atteso altresì che il bilancio dell'anno prossimo porterà un deficit di almeno trecentomila […]. Tale decisione la si avanza anche in base a un'altra serie di considerazioni, e cioè che in primo luogo nessuno sarà costretto a pagare alle parties casuelles la sessantesima parte del valore dell'ufficio: solo chi vorrà assicurare la trasmissione dell'ufficio all'erede presunto potrà adottare questa misura; chi non si troverà in tale necessità manterrà la libertà di trasmetterlo nella forma attuale, che non prevede tale esborso. Queste giustificazioni non mi hanno affatto indotto a consigliare il re della bontà dell'iniziativa. Conosco e vedo il limite di fondo della cosa. Occorre prendere i provvedimenti più seri del caso, altrimenti i rimedi non comporteranno che danni maggiori. […]. In qualche luogo della cristianità ci si stupisce e si trova da ridire sul fatto che in Francia gli uffici di giudicatura siano venali. Se qualcuno si offrisse di badare ai nostri cavalli, e per raggiungere tale scopo ci desse ancora dei soldi, lo rifiuteremmo e andremmo sicuramente a cercare persone più adatte a compiere tale servizio, e queste saremmo noi a pagarle, e non loro a pagare noi. Ora invece facciamo il contrario: il più audace acquirente viene preferito al più esperto e al più onesto. Le buone leggi sono necessarie, ma divengono inutili se non si dispone di un buon magistrato che le faccia rispettare. Io dico che la proposta in questione avrà l'effetto di comunicare ai sudditi che non resta alcuna speranza che si vogliano scegliere persone raccomandabili per l'esercizio della giustizia, che le funzioni sacre di coloro ai quali si affidano i beni gli onori e la vita stessa dei sudditi vengono concesse al maggiore o all'ultimo offerente […]. Con questa decisione la scelta dei magistrati non ricade più sul re: cosa che invece riguarda espressamente e direttamente la sua autorità […]. Se un presidente della camera delle inchieste trasmetterà in questo modo l'ufficio al proprio erede, si assisterà a un nuovo arrivato che presiederà ai lavori dei consiglieri più giovani e più anziani: e così si perderà la disciplina del parlamento […]. Non sarà più il re, ma il denaro ad attribuire le cariche: e in tal modo si potranno produrre grandi e pericolosi monopoli […]. Occorre anche considerare il fatto che, se l'appalto verrà deciso, gli onesti che avranno meritato le ricompense regie per i loro pubblici servigi non potranno più sperare di ottener alcun ufficio superiore […]. Rispetto all'appalto, si aggiunge poi che non introduce affatto la venalità delle cariche, che è nota e diffusa da lungo tempo […] [al contrario] si cerca in tal modo di accrescerla e perpetuarla. In primo luogo, poiché tutto il denaro proveniente dalla composizione delle trasmissioni di ufficio appartiene all'appaltatore [partisan], va da sé che in ogni circostanza egli si comporterà per quel che è, e cioè un appaltatore, e sappiamo che i più audaci tra loro sono anche i più pericolosi […]. Così gli uffici verranno venduti a prezzi eccessivi e poco ragionevoli: nessun gentiluomo vorrà né potrà ottenere di collocare i propri figli in seno alle corti sovrane, ciò di cui la nobiltà si è lagnata in tutte le assemblee rappresentative […]. Non si vedranno più all'interno del parlamento che i figli di gente senza qualità, col solo merito di aver avuto fortuna nei propri affari, o meglio di averli condotti bene a spese del pubblico, e da ciò non potranno derivare che disprezzo, cioè corruzione, per la giustizia. |
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