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Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)

16. Il nodo decisivo: il controllo sulla scelta dei consiglieri del re e sulla loro politica in Francia e in Inghilterra

Se uno dei fili conduttori di questa sezione è stato quello di sottolineare le divergenti modalità di espansione dell'apparato statale nella monarchia inglese e in quelle continentali, in primo luogo la Francia, non è meno vero che nel corso degli anni quaranta il filo degli avvenimenti politici tende a convergere su un punto fondamentale: il confronto diretto tra gli esponenti del governo centrale e i loro rappresentanti periferici. La presenza di questo elemento comune va tuttavia compreso alla luce delle diverse strutture politiche ormai operanti nelle diverse situazioni. Così, la generale protesta del Parlamento inglese contro la politica di Carlo I riassume e comprende (doc. a) un decennio di conflitti tra l'opinione politica delle élites locali e le strategie assolutistiche della corte. Il sovrano inglese, dopo l'accettazione della petizione dei diritti, si era deciso a sciogliere il Parlamento, e aveva affidato al conte di Strafford la riorganizzazione delle finanze del paese, che aveva potuto praticare indisturbato la strada delle imposizioni extraparlamentari, in particolare la contribuzione per la ricostruzione della flotta inglese, negli anni trenta estesa — al di fuori del controllo parlamentare — a tutto il paese. D'altra parte, l'assenza del Parlamento consentiva a Carlo di riorganizzare, parallelamente al prelievo fiscale, anche le istituzioni ecclesiastiche, che sotto il governo dell'arcivescovo Laud imboccavano una direzione improntata all'imposizione di un'ortodossia anglicana sempre meno lontana nei suoi rituali e nella sua liturgia dalla religione cattolica. Entrambe le strategie politiche trovavano nella camera stellata un docile ed elastico strumento esecutivo per la repressione delle resistenze, ma le vicende politiche innescate dalla ribellione scozzese costringevano Carlo alla convocazione del Parlamento: qui, nonostante gli sforzi contrari della Corona e della corte, prevalse una maggioranza di oppositori, guidati dal puritano John Pym, che impose al sovrano sia l'abolizione delle imposte extraparlamentari con l'abrogazione dello Ship Money, sia la dissoluzione della camera stellata e delle altre corti di prerogativa; con la Great Remonstrance, infine, il Parlamento metteva sul tappeto il punto centrale, e cioè il diritto dell'assemblea rappresentativa a giudicare l'operato dei ministri del re (doc. a). Non dissimile il processo francese che culmina, otto anni dopo le vicende inglesi, nella Fronda parlamentare. Anche in Francia, in conseguenza delle spese militari indotte dalla guerra dei Trent'anni, la ribellione è preceduta da un decennio di recrudescenza fiscale e da inopinate misure finanziarie del ministro Mazzarino e del sovrintendente Particelli d'Emery (moltiplicazione dei prestiti forzati, diminuzione delle rendite di stato, vendita di uffici, aumento delle imposte esistenti e creazione di nuove, dirette in particolare a spremere i borghesi parigini). Il malcontento generale di queste misure trova infine espressione nelle corti sovrane, e nei corpi di ufficiali che già abbiamo visti reagire alla nuova presenza degli intendenti nelle province (cfr. doc. 14/b). Non stupisce infatti, alla luce delle considerazioni precedentemente svolte, che il primo e fondamentale atto di quella che si è soliti indicare con il nome di «Fronda parlamentare» (agosto 1648 - marzo 1649), diriga gli sforzi della resistenza nella direzione dell'unione tra i diversi corpi di alti funzionari dello stato, primi fra tutti i membri delle corti sovrane parigine. Con l'Arrêt d'Union del 13 maggio 1648 i membri del parlamento di Parigi dichiarano la propria solidarietà con i colleghi degli altri corpi giudiziari dello stato e li invitano a unirsi loro nella resistenza al ministro del re: gli obiettivi vertono sulla soppressione degli intendenti e delle nuove imposizioni, e sulla proibizione di nuove creazioni di uffici da parte della Corona. Ma quel che è più importante ai fini del discorso che qui si va facendo consiste proprio in questo tentativo (come si sa, destinato al fallimento) di comunicazione tra settori distinti dei corpi dello stato. Per questo un documento come quello rappresentato dalla lettera inviata nel gennaio 1649 dai giudici del Parlamento di Parigi ai colleghi di Tolosa assume il valore di chiara espressione della struttura dell'amministrazione dello stato e del valore ormai raggiunto di «rappresentare» la nazione di fronte a un potere regio che tende a sottrarsi al controllo esplicito e formale.

Fonti: a/ S. R. GARDINER, Constitutional Documents of the Puritan Revolution, pp. 202-32; b/ MOUSNIER (a cura di), Lettres et mémoiers cit., tomo II, pp. 901-2.


a/ La Grande Rimostranza (1641)

[…] 197. Si fa richiesta a vostra maestà, con umile petizione delle due camere, di impiegare per il compimento degli affari interni ed esteri consiglieri, ambasciatori e altri ministri dei quali il parlamento possa aver buone garanzie, poiché in caso contrario non potremo accordare a vostra maestà né i sussidi per il mantenimento della propria casa, né gli aiuti al partito protestante oltremare [nelle Province Unite] che ci viene richiesto.

198. Può darsi il caso che i Comuni abbiano fondati motivi di ricusare certi individui come consiglieri, e tuttavia non li accusino di alcun delitto, poiché esistono ragioni di diffidenza che non sono suscettibili di prova.

199. Vi sono altri motivi di diffidenza che, pur essendo suscettibili di prova, non vengono tuttavia definiti reati dai termini della legge.

200. Quanti sono conosciuti come partigiani dei Papisti, oppure come persone che si sono esposte per difendere o appoggiare individui molto sospetti, di cui si è trattato in parlamento, oppure che parlano in termini sprezzanti dell'una o dell'altra delle camere del parlamento, o degli stessi lavori del parlamento.

Risposta del re alla Grande rimostranza. Alla […] preghiera della petizione relativa all'eliminazione e alla scelta dei consiglieri nostri, rispondiamo di non conoscere alcun membro del consiglio a cui possa applicarsi il carattere tracciato nella petizione; per quanto riguarda la persona di quanti abbiamo consentito che vengano portati in giudizio, abbiamo già dato ampia testimonianza del fatto che non esiste individuo, per quanto vicino a noi per funzione o per l'affetto che gli portiamo, per il quale non consentiremo il deferimento alla giustizia, alla condizione che vengano dagli accusatori prodotte prove sufficienti e accuse specifiche; e di ciò rinnoviamo le garanzie, a condizione di veder cessare, fino al giudizio, l'uso di formulazioni che esprimano una critica generale suscettibile di chiamare in causa l'intero nostro consiglio, atteso che nella petizione non si nomina alcuno in particolare.

Per quanto riguarda la scelta dei nostri consiglieri e ministri di stato, ciò che chiedete equivarrebbe a privarci della libertà naturale che possiedono gli uomini liberi; e, allo stesso modo, poiché è un diritto incontestabile della corona d'Inghilterra di chiamare nei nostri consigli segreti, nelle cariche pubbliche e nel nostro servizio particolare, quanti giudicheremo degni e capaci, allo stesso modo dichiariamo di prendere al presente e in futuro grande cura di attribuire tali cariche di fiducia a persone che abbiano dato buona prova delle loro capacità e della loro integrità, e contro le quali non si possa avere alcun fondato motivo di critica.

b/ Lettera dei Signori del Parlamento di Parigi ai Signori del Parlamento di Tolosa (18 gennaio 1649)

Signori, abbiamo la certezza che il generale rumore vi abbia già messo al corrente di ciò che i secoli futuri stenteranno a credere, e cioè che quando, nel pieno della tempesta, vi era la possibilità di sperare qualche buon effetto dalla dichiarazione da noi promulgata per ristabilire l'ordine nello stato e alleviare la miseria del popolo, il cardinal Mazzarino ha fatto fuggire il re da Parigi alle due di notte e ha fatto assalire militarmente la città, gettando nello stupore e nella paura la gente dabbene. E per fornire il pretesto a un'azione così mostruosa, ha fatto scrivere una lettera ai Prevosti dei Mercanti [l'autorità di polizia parigina] e agli scabini, nella quale ci accusa di aver preso contatti con gli stranieri al fine di rendere nelle loro mani la persona del re, ciò che è una calunnia incapace di reggere, e della quale perciò non riteniamo che sia il caso di giustificarci. Piuttosto, sentiamo il bisogno di informarvi che il disegno del detto cardinale Mazzarino non ha altro scopo che di svilire e opprimere il parlamento e la città di Parigi, al fine di assoggettare in un'oppressione comune le altre province del regno e spingere la propria tirannia al punto da divenire signore assoluto di ogni cosa considerevole nello stato, cosa che è talmente ingiusta e contraria alle leggi di questa monarchia e ai princìpi dell'autorità regia, che abbiamo la certezza del vostro impegno per impedire un così pernicioso disegno. Per dar compimento al nostro dovere abbiamo fatto pubblicare un decreto con il quale il cardinal Mazzarino viene dichiarato perturbatore della salute pubblica, nemico del re e del suo stato, al fine di mettere in guardia quelle popolazioni che potranno lasciarsi ingannare dagli ordini che egli darà in nome del re, dei quali ha a tal punto abusato nel corso di questi ultimi anni. La città [di Parigi] ha fatto levare delle truppe e il signor principe di Conti [fratello del principe di Condé], insieme con molti altri principi, duchi, pari, ufficiali della corona e altre persone di rango, si sono recati in parlamento a dichiarare la propria volontà di servire il re in tale occasione per fermare il corso delle imprese del detto cardinal Mazzarino. Vi informiamo dunque di quanto abbiamo fatto finora e dello stato della situazione, e, poiché siamo tutti uniti dal medesimo interesse e dalla medesima intenzione di servire il re, è nostra speranza che il vostro comportamento vada nella medesima direzione del nostro, in modo che sia chiaro ad ognuno che il medesimo umore ispira le nostre azioni. E poiché da parte nostra abbiamo già provveduto ad approntare i mezzi necessari per difenderci da tale oppressione, non dubitiamo che la vostra prudenza non vi abbia già suggerito di adoperarvi per la conservazione vostra e nostra, in modo che, agendo mossi dal medesimo sentimento, possiamo assicurare la conservazione dello stato, evitando una guerra civile che non trarrebbe origine che dall'ambizione di uno straniero. Vogliamo così confermare la perfetta intesa che abbiamo con voi, e restiamo vostri fratelli e amici i membri della corte del parlamento di Parigi.

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UpUltimo aggiornamento: 01/04/2006