![]() |
Didattica |
|
|
|
Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > IV, 5 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione IV – La ristrutturazione dello stato e i suoi meccanismi sociali nel secondo Seicento5. La monarchia assoluta francese: la funzione ministeriale e la corteIl sistema di governo centrale di Luigi XIV riflette la generale reazione del secondo Seicento alla figura del ministro plenipotenziario e unico depositario del potere sovrano che caratterizza la prima parte del secolo. Nel caso francese tale vuoto viene riempito da una rigida compartimentazione del lavoro dei Consigli e da figure di ministri,sovrintendente e controllore generale delle finanze, cancelliere e dai quattro segretari di stato, tra i quali il sovrano distribuisce la propria fiducia nel deliberato intento di non dipendere da un solo consigliere. Tale sistema di governo assolve a due funzioni distinte. La prima è di tipo pratico: le cerniere dei canali decisionali sono impersonate da professionisti della politica, in genere di grande competenza tecnica e con una buona conoscenza delle condizioni del paese e dello stato delle sue risorse. La seconda funzione è di tipo simbolico: la scelta di questo genere di persone assolve al ruolo di delimitare il peso delle tradizionali barriere di nascita e di condizione sociale ereditaria nella selezione dei più importanti servitori del sovrano. Si pone in ogni caso il problema di conoscere i rapporti reciproci tra tali individui e il sovrano, e in particolare sia la loro capacità di influenzare le opinioni del re, sia il grado di libertà di cui essi godono nella routine dei propri dicasteri. I toni usati da Louvois (doc. a) non smentiscono la fama di fedelissimi del re generalmente attribuita ai membri della sua famiglia. Il ministro è una «creatura» del re, che apertamente dichiara di dovergli tutto. Non meno interessanti sono i rapporti tra l'ambito del governo e quello della corte. Di fatto, come il brano di La Bruyère illustra con grande sintesi ed efficacia, i due ambienti sono destinati a influenzarsi a vicenda, governati come sono dalla medesima strategia politica del sovrano, fondata sulla conservazione delle tensioni e delle barriere sociali. Assume perciò grande rilievo l'ambivalenza che La Bruyère attribuisce alla partecipazione alla vita di corte, insieme sanzione del prestigio di un individuo e della sua famiglia, e strumento di dominio da parte del sovrano. In questo ambito vanno colti i caratteri del cortigiano, dalla sua capacità di calcolo alla mobilità dei suoi schieramenti, alla sua straordinaria capacità di osservazione psicologica dei suoi partner-rivali (doc. b). Fonti: a/ Testament politique du marquis de Louvois, premier ministre d'État sous le règne de Louis XIV Roy de France où l'on voit ce qui s'est passé de plus remarquable en France jusqu'à sa mort, Cologne, chez le Politique, MDCXCV, pp. 2-4; b/ J. DE LA BRUYÈRE, Les Caractères de Théophraste, traduits du grec avec les Caractères ou les Mœurs de ce siècle, Paris, Michallet, 1688 (trad. it. a cura di F. G. Cecchini, Torino, Utet, 1955, cap. VIII, pp. 211-44: i brani citati sono tratti dalle pp. 211-15, 224-25, 235-37). a/ La fedeltà del ministro al suo re[…] Tutta l'autorità del defunto cancelliere mio padre [Michel Le Tellier, morto nel 1685], unita alla sua abilità, non mi avrebbero mai convinto a seguirne le orme, e a impegnarmi negli affari, se vostra Maestà non avesse avuto la compiacenza di prendermi per mano e di sottrarmi all'assopimento in cui mi trovavo. Fu Ella stessa a dichiararmi che voleva diventare la mia guida; e questo per indirizzarmi nel cammino che dovevo seguire, e per mostrarmene le direzioni; il mio maestro, per istruirmi nella formidabile arte di governare gli stati, ch'Ella praticava già con tanto successo; e mio sostegno per correggere e render più saldi i miei passi quando si dimostravano incerti […]. «Voglio prendermi cura di dare io stesso una formazione a quell'animale rozzo che è Louvois, e intendo farne un uomo capace». È un giovane re che parla. Vostra Maestà è di poco più anziano di colui che si propone di educare, e del quale Ella ha tanto acutamente penetrato la sensibilità. Ella conosce il fondo della sua rozzezza: sa dove conducono la sua pigrizia e il suo attaccamento ai piaceri; e tuttavia Ella si propone di affrontare tutti questi ostacoli […]. Non ho tuttavia timore di affermare che l'opera di vostra Maestà si è rivelata un capolavoro, e non v'è nessuno che lo possa negare, o che mi possa accusare di eccessive vanterie, che esorbitano l'ambito della modestia, poiché vostra Maestà, la cui capacità di penetrazione è superiore a quella del resto degli uomini, ne sembrava essa stessa persuasa, favorendo quei servigi che ho poi avuto l'onore di rendere. Da un altro punto di vista tali servizi non erano altro che semplici esecuzioni dei suoi ordini, o degli effetti della luce ch'Ella mi offriva con immediatezza o dei lumi ch'Ella già in precedenza mi aveva comunicato; è ad Ella, e ad Ella soltanto che è necessario attribuire quanto la mia esecuzione ha potuto avere di vantaggioso e utile, né io pretendo per nulla di farla riverberare dalla mia persona […]. b/ Il carattere del cortigiano1. Il rimprovero in un certo senso più onorevole che si possa fare a un uomo è quello di dirgli che non conosce la corte: con queste sole parole si riconoscono in lui tutte le virtù. 2. Un uomo che conosce la corte è padrone dei suoi gesti, del suo sguardo, della sua espressione; è profondo, impenetrabile, fa finta di non vedere le male azioni, sorride ai nemici, frena il suo malumore, maschera le sue passioni, smentisce il suo cuore, parla e agisce contro i suoi sentimenti. […] 5. A corte si è piccoli; e qualsiasi sia la nostra vanità, ci si sente tali; ma è male comune, e persino i grandi lì sono piccoli. […] 8. La corte non rende felici; impedisce che lo si sia altrove. […] 11. Spesso si va a corte per tornarne, e farsi così rispettare dal nobile della propria provincia o dal vescovo della propria diocesi. […] 16. Nelle corti appaiono talvolta degli avventurieri arditi, d'un carattere libero e familiare, che si introducono da soli, protestano di avere, nel campo della loro arte, tutta la capacità che manca agli altri, e son creduti sulla parola. Tuttavia, essi sono dei profittatori dell'errore della gente o dell'amore degli uomini per la novità; sbucano dalla folla e giungono fino all'orecchio del principe; il cortigiano li vede parlare con lui ed è a sua volta felice di essere da loro scorto. Però hanno questo vantaggio, nel loro rapporto con i grandi, che sono da questi sopportati senza gravi conseguenze, e senza gravi conseguenze ne sono congedati: allora essi scompaiono, nello stesso tempo ricchi e diseredati; e coloro che hanno da poco ingannato sono ancora pronti ad essere ingannati da altri. […] […] 43. Si briga per giungere a un posto alto, si preparano tutte le macchine, si prendono bene tutte le misure, e si deve esser serviti secondo i propri desideri; gli uni debbono aprirci la via, gli altri appoggiarci; l'esca è già piazzata e la mina è pronta a scoppiare; allora ci si allontana dalla corte. Chi oserebbe supporre che è stato Artemone a pensare di mettersi in un così bel posto, quando lo si sottrae alla sua terra o alla sua provincia per farvelo sedere? Artificio grossolano, sottigliezze stravecchie, di cui il cortigiano si è servito tante volte che, se volessi prendermi gioco di tutti e nascondere la mia ambizione, mi troverei sotto l'occhio e la mano del principe, per ricevere da lui la grazia che avrei ricercato col più grande accanimento. […] 67. Un nobile, se vive a casa sua, nella sua provincia, vive libero, ma senza appoggi; se vive a corte è protetto, ma è schiavo: le due cose si compensano. Santippo, nell'estremo lembo della sua provincia, sotto un vecchio tetto e in un cattivo letto, ha sognato di notte di vedere il principe, di parlargli e di provarne una grandissima gioia; è stato triste il suo risveglio; ha raccontato il suo sogno e ha detto: «Quante chimere entrano nello spirito degli uomini mentre dormono!» Santippo ha continuato a vivere; è venuto a corte, ha visto il principe, gli ha parlato; è andato oltre il suo sogno: ora è il suo favorito. |
||||||||||
© 2000 Reti Medievali |
![]() |