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FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione IV – La ristrutturazione dello stato e i suoi meccanismi sociali nel secondo Seicento11. Una rivoluzione finanziaria, un conflitto tra settori diversi dell'élite e la sua soluzione settecentesca: finanze e fiscalità in Inghilterra da Guglielmo III a WalpoleLa fondazione della banca d'Inghilterra, illustrata dal documento a, è un riflesso della partecipazione alla guerra contro la Francia nel 1689. La novità dell'iniziativa è legata ai suoi protagonisti, un gruppo di finanzieri senza dubbio legati e influenzati dalla precedente esperienza della fondazione della banca di Amsterdam. Inoltre il governo, per incoraggiare la rapidità dell'operazione, consentiva che quanti sottoscrivevano tale somma entro un quadrimestre si potessero consociare in una banca sottoposta tuttavia al controllo parlamentare. Da un punto di vista finanziario, l'ente di nuova creazione veniva dotato di personalità giuridica, e poteva far circolare banconote il cui valore era interamente determinato dalla libera fiducia dei contraenti. Al di là del punto di vista costituzionale e finanziario, tuttavia, la fondazione della banca e, in generale, le forme creditizie con cui il governo cercò di ovviare alle spese della guerra di successione spagnola costituivano il segno esplicito di una frattura in seno alle classi dirigenti inglesi, e, più in là ancora, l'indizio di un gigantesco processo di trasferimento di capitali dal settore fondiario dell'élite a quello mercantile-finanziario: infatti il sistema impositivo inglese nella quale la finanza regia si trovava ad agire era fondato su un'imposta fondiaria, pagata ovviamente dai proprietari terrieri, e su un'accisa che gravava su un cospicuo numero di voci del consumo popolare. Come è evidente, i capitali sfuggivano alla tassazione: ciò doveva attribuire un segno sociale preciso a quell'oligarchia whig che si sarebbe impadronita del potere politico con la fine della guerra di successione e con la morte della regina Anna e l'ascesa al trono di Giorgio I (1722). Sono questi i processi a cui allude con sarcasmo Jonathan Swift nel suo saggio sul comportamento degli alleati dell'Inghilterra nella guerra appena conclusa (doc. a), da un punto di vista che non esita a identificarsi con il settore tradizionale dell'aristocrazia e della gentry inglese: guerra e credito pubblico, la condotta internazionale del governo vengono da Swift ricondotti all'esistenza di una fazione oligarchica presente sia a corte che nelle coffee-houses londinesi, infinitamente lontane dal mondo della piccola nobiltà rurale di cui egli si faceva acuto portavoce. Tale conflitto, che segna come un basso continuo il trentennio 1690-1720, si chiude con un compromesso che non a caso investe l'assetto finanziario e il sistema fiscale nel quale tale contrapposizione di interessi pesava in modo più profondo. Il compromesso consiste, come accenna Sir Robert Walpole (doc. b), nella riduzione dell'imposta fondiaria e nella sua incorporazione nel debito nazionale, nella concessione di facilitazioni doganali agli esportatori di grano, presumibili rappresentanti dell'oligarchia terriera, e nel tentativo di generalizzazione dell'imposta di consumo, risalente al 1733: sono queste le cause dello scritto che qui si pubblica, teso a giustificare l'estensione delll'accisa al tabacco e al vino. Il fatto che il progetto perorato da Walpole non sia realizzato appare altamente significativo: furono infatti le plebi londinesi a impedire con la violenza l'estensione propugnata dal primo ministro. Fonti: a/ J. SWIFT, The Conduct of Allies and of the late Ministry in beginning and carrying of the present war written in the Year 1712, in The Works of Dr. Jonathan Swift, vol. IX, London, 1760, pp. 39-102 (dalle pp. 46-58, 69-92); b/ R. WALPOLE, A Letter from a Member of Parliament to his Friends in the Country, concerning the Duties on Wine and Tobacco (1733), in HORN - RANSOME (a cura di), English Historical Documents, vol. X cit., pp. 308-13. a/ La guerra e il conflitto tra gli interessi delle élites finanziarie e terriereIn tal modo ci trovammo ingaggiati in una guerra in connessione con due alleati [Austria e Olanda] il cui interesse nella contesa era sproporzionatamente maggiore del nostro […]. Certo a noi sarebbe stato sufficiente sospendere il pagamento dei debiti contratti nel conflitto precedente; e continuare ad avere l'imposta fondiaria e l'accisa sul malto della birra gravate dalle ipoteche. Con alcune aggiunte, queste avrebbero potuto fornire una somma che, saggiamente amministrata, avrebbe coperto il vettovagliamento di centomila uomini per terra e per mare: una quota ragionevole per gli alleati, e per noi un pericolo minore, sia pure con l'attesa di minori profitti […]. Attraverso un accordo successivo alla grande alleanza, dovemmo assicurare l'appoggio agli olandesi con quarantamila uomini, tutti al comando del duca di Marlborough […]. Con queste decisioni si fece entrare in gioco quell'altra sorta di persone, che vengono chiamate i detentori di capitale (monied men); quelli che hanno accumulato vaste somme di denaro con finanze e capitali, facendo prestiti a interessi elevati; la cui perpetua messe è costituita dalla guerra, e i cui fruttuosi maneggi traggono pregiudizio dalla pace […]. Piacque a Dio, nel corso della guerra, di favorire gli alleati con notevoli successi, dai quali fummo posti in condizione di chiedere e di ottenere le condizioni di pace che ci eravamo proposti all'entrata in guerra. Ma, invece di questo, le vittorie ci condussero a progetti puramente visionari […] nuove idee romantiche vennero proposte, accantonati i primitivi ragionevoli e parchi progetti. Ciò fu provocato da quanti avevano la sicurezza di arricchirsi mentre la nazione si impoveriva; e che […] potevano proseguire la guerra in tutta sicurezza finché malto e terra non venissero usati per coprire il credito, finché non si fosse stabilita una accisa generale, o si fosse sperimentata anche la raccolta delle decime […]. È una follia che molti di noi commettono quella di scambiare l'eco di una caffetteria di Londra per la voce del regno. Le caffetterie della città sono state per molti anni gremite da gente le cui fortune dipendevano dalla banca, dalla compagnia delle Indie orientali o da qualche altro impiego di capitale. Per costoro ogni nuovo capitale è come una nuova ipoteca per un usuraio, la cui compassione per un giovane che la eredita è esattamente la stessa che un detentore di capitale prova per i proprietari fondiari […]. Se la pace verrà quest'inverno, noi dovremo già preoccuparci di pagare un debito di cinquanta milioni, che equivale alla sesta parte del valore di tutta l'isola, se mai dovesse esser posta in vendita. Per liberarci da questa mostruosa incombenza dovremo estinguere alcune di queste rendite annuali, oppure restituire il capitale ottenuto in prestito in trenta, quaranta, o cento anni; il volume del debito dovrà venir gradualmente diminuito con la miglior amministrazione possibile, con quanto ci resterà della imposta fondiaria, dell'accisa sul malto, dopo aver pagato guardie e guarnigioni, dopo aver provveduto al mantenimento della flotta in tempo di pace […]. Ho spesso riflettuto su questa erronea nozione di credito […]. Se osano chiamare credito indebitarsi per dieci milioni senza la copertura parlamentare, e farne perdere alla gente almeno la metà, allora io credo che tale credito sia pericoloso, illegale, e forse riconducibile al reato di alto tradimento. Nulla ha mai condotto il paese alla rovina quanto il millantato credito […]. Poiché i detentori di capitale hanno tanta passione per la guerra, sarei lieto che fossero loro a finanziare un'altra campagna, ma a proprie spese; non costerà più di sei o sette milioni; ma oso affermare che, anche facendo così, invece di pagare le imposte che ora pagano i proprietari fondiari, si troveranno in mano nuovi capitali e un interesse del 6 per cento […]. Invece i proprietari terrieri pagano imposte per nutrire una classe di rentiers, per mantenere la distinzione degli agiati, che scaricano gravi carichi su altri, che non oserebbero mai toccare con le proprie mani. Ho conosciuto alcuni di questi malati contasoldi, che passano la vita a immaginarsi milioni in capitali e in rendite annuali, dicendo che sono la vera ricchezza della nazione; mentre noi abbiamo perduto ogni nostro farthing [moneta di infimo valore], disseminandone l'Olanda, la Germania e la Spagna; e i proprietari fondiari, che ora pagano gli interessi, devono anche ricostituire il capitale investito. b/ Sir Robert Walpole difende il proprio progetto di accisa (1733)È stato un destino inevitabile per questa nazione trovarsi impegnata in una costosissima guerra in difesa delle nostre libertà e della nostra religione […]. Ciò ha causato l'introduzione di molte tasse, che ora vengono mantenute per il pagamento del capitale e degli interessi dei prestiti avuti dalle persone, o da loro agenti, che hanno contribuito al sostegno della spesa pubblica. Le altre tasse sono necessarie, e devono sempre esserlo, per le spese correnti del governo […]. Data la destinazione di questo settore delle pubbliche entrate, si è posto come dovere di ogni membro della Camera dei Comuni di volgere i propri pensieri al modo in cui rendere il più lieve possibile a quanti essi rappresentano il carico delle imposte annuali. In questa prospettiva, la più pesante e sperequata delle nostre imposte [l'imposta fondiaria] è stata con successo e gradualità ridotta da quattro a uno scellino per sterlina di valore fondiario; una situazione che, ne sono persuaso, nessun proprietario del regno ancora pochi anni fa avrebbe osato sperare di veder raggiunta un giorno. Non sarebbe dunque desiderabile che fosse possibile proseguire tale opportuno sgravio degli interessi dei proprietari fondiari da un carico tanto a lungo e tanto pesantemente sopportato da una piccola parte del corpo collettivo della nazione? […] Tutto ciò, sono convinto, può esser fatto alterando il metodo attuale di esigere le pubbliche entrate, in particolare quelle ricavate dal Vino e dal Tabacco. Al fine di dimostrarlo, è necessario in primo luogo affermare come dato incontrovertibile che frodi grandi e mostruose vengano commesse nell'importazione ed esportazione di tali prodotti. Se dicessi che, di quanto dovrebbe venir pagato, non si esige dazio sulla metà, o forse sui due terzi di quanto viene consumato nel regno, darei una valutazione inferiore al vero […]. Dopo aver, credo, dimostrato quanto sia insopportabile consentire che tali abominevoli frodi abbiano modo di continuare impunemente; e che i metodi proposti potranno rimediare al danno, con ogni umana probabilità; resta solo da considerare se il rimedio non sia peggiore del male. Per provare ciò, sono state avanzate le seguenti tre obiezioni; primo, che il nuovo metodo recherà pregiudizio al commercio, e sarà troppo gravoso per il mercante; secondo, che lede le libertà inglesi; e terzo, che aumenta notevolmente il numero dei funzionari […]. Nell'attuale legislazione il mercante […] deve, all'atto dell'importazione, pagare la dogana per le merci importate; questa ammonta a una cifra che sta tra il prezzo di costo e i cinque sesti del valore […]. Lascio considerare al lettore se ciò non costituisca una differenza materiale a tutto vantaggio del mercante, e conseguentemente del commercio: e in particolare a chi decide di entrare in commercio con modesto volume di capitale, che ora avrà la possibilità di impiegare nel commercio l'intera quantità delle sue sostanze. Le istanze che insistono sulla lesione delle libertà sottolineano il fatto che ci si debba sottomettere alla sorveglianza dei funzionari dell'accisa, e che il metodo di giudizio viene affidato ai commessi dell'accisa in città, o ai giudici di pace nelle contee, invece di venir portato avanti la corte dello Scacchiere e a una giuria. […] Ma si è anche pensato che fosse ragionevole da parte del legislatore, per quanto riguarda le materie fiscali […] e per la comodità e il vantaggio delle parti in causa, derogare al metodo ordinario, e dirimere le dispute in un modo meno costoso, più sommario - questo è vero - ma perché ciò produce vantaggi innegabili […]. Quanto ai pericoli che si insinua dovrebbero derivare dall'incremento del numero dei funzionari, mi è stato detto che l'aumento che ora si propone non raggiungerà il numero di 150 ufficiali aggiunti in tutta l'Inghilterra, oltre ad alcuni sorveglianti dei magazzini nella città di Londra, il cui unico compito sarà quello di conservare insieme con il mercante la chiave dei medesimi, e il numero loro dipenderà dal numero di magazzini, che i mercanti desidereranno avere a propria disposizione. |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |