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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > IV, 12 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione IV – La ristrutturazione dello stato e i suoi meccanismi sociali nel secondo Seicento12. I tentativi di riforma del sistema fiscale francese e il dilemma tra imposizioni dirette e indiretteAbbiamo già visto nella sezione precedente come i contemporanei fossero pienamente consci della presenza di sperequazioni in un sistema fiscale fondato principalmente sull'imposizione diretta ripartita territorialmente. Tra i vari tentativi di riforma acquistano specifica rilevanza quello della capitazione e quello del decimo regio, dagli intenti deliberatamente egualitari. Entrambi si trasformarono invece in imposte graventi esclusivamente su quanti già pagavano la taglia, poiché spesso non vennero a cadere sui privilegiati e su quanti erano in grado di contrattare con l'autorità fiscale dello stato. Da questo punto di vista, dunque, le barriere del privilegio, e in definitiva la stessa stratificazione della società francese, costituiscono il limite insormontabile della riforma fiscale della monarchia di ancien régime. A tale condizione non sfuggirono neppure quanti criticarono apertamente il sistema e le sue stesse innovazioni. Questi infatti, come Vauban e Boisguillebert, cui si accenna nell'introduzione alla quarta sezione, accentuarono alcuni aspetti della imposizione diretta per sottovalutarne altri. Il primo, in particolare, sottolineò soprattutto gli aspetti di fissità della taglia, e finì col proporre una decima da percepirsi in natura, di difficile traduzione nella struttura amministrativa della monarchia. Più interessante il caso di Boisguillebert, giustamente considerato come uno dei fondatori del liberalismo economico moderno, il quale, tuttavia, esasperò gli elementi arbitrari dell'imposizione diretta e i conseguenti fenomeni di abbandono delle terre (doc. b), senza tenere nel dovuto conto che la taglia, in quanto imposta fissa, scoraggia la coltivazione delle terre meno produttive sul breve periodo, allontanando quindi l'appetibilità degli investimenti e dello sviluppo economico, e determina l'abbandono principalmente delle terre marginali, dove il reddito di una parcella è inferiore al prelievo fiscale. Perciò l'analisi di Boisguillebert risulta più acuta là dove sottolinea l'importanza del consumo (doc. c), e quindi della domanda di consumo da parte della popolazione rurale, quale stimolo della circolazione del denaro che già Colbert, nel documento sopra pubblicato, tentava di ottenere mediante un intervento del tutto centralistico e paternalistico. Fonti:a/ P. LE PESANT, Sire de Boisguillebert, Factum de la France (1707), Cap. V in E. DAIRE (a cura di), Économistes financiers du XVIIIe siècle, tomo I, Paris, Guillaumin, 1851, pp. 282-83; b/ P. LE PESANT, Le détail de la France (1697), cap. XIX, ivi, pp. 199-202. a/ La taglia e la rovina delle campagne[Dopo aver sostenuto che tre elementi funesti caratterizzano la taglia: la
sua incertezza, la sua ingiustizia, i modi della collettazione, l'autore prosegue:] b/ Imposte indirette e compressione dei consumiÈ facile vedere che per ottenere molte entrate da un paese ricco di prodotti agricoli non è necessario che esista molto denaro, ma solo una grande quantità di consumo, giacché un milione rende di più in queste condizioni di 10 milioni quando non vi è consumo; giacché questo milione si rinnova mille volte, e produrrà così a ogni passo del reddito, mentre 10 milioni chiusi in un forziere non sono più utili a uno stato che se fossero pietre. E ciò che più danneggia il corpo della Francia è il fatto che i disordini della taglia e l'eccessivo prezzo al dettaglio dei liquori agiscono soprattutto sul popolo, poiché è il popolo che ha meno difese e meno scorte, e tuttavia nello stesso tempo è il popolo che consuma di più, essendo tanto numeroso. Infatti un giornaliero, non appena ricevuta la sua paga quotidiana, va a bersi una pinta di vino, se questo ha un prezzo ragionevole; l'oste vendendo il suo vino ripaga il fattore o il vignaiolo; questi a sua volta paga il proprio padrone, che dà il lavoro al manovale e soddisfa così il suo desiderio di costruire, d'acquistare cariche o consumare in qualche modo, a seconda di quanto viene pagato dai conduttori dei propri fondi. Se invece quello stesso vino, che costava 4 soldi la misura, tutt'a un tratto per un aumento dell'imposta ne costa 10, cosa alla quale abbiamo assistito di recente, il giornaliero, vedendo che quanto gli resta della propria giornata di lavoro non è sufficiente a nutrire la moglie e i figli, si riduce a bere dell'acqua, come fanno quasi tutti nelle città più importanti, e interrompe così la circolazione di denaro di cui fa parte anche la sua paga, e si riduce quindi a chieder l'elemosina, colpendo così anche gli interessi del re, che incassava qualcosa a ogni tappa di questa circolazione. E così succede anche per le altre derrate, giacché l'estinzione del consumo di ciascuna di esse — determinata dalle cause descritte — fa cessare immediatamente dieci o dodici tipi di mestiere che vi ruotavano intorno, e si ripercuote in seguito sul re, e su tutte le altre professioni del corpo dello stato; e così, seppure del denaro ne resta, in mancanza di circolazione esso non alimenta più alcun reddito, ed è come se fosse morto per il paese. E questo al punto che, se oggi vi sono in Francia 500 milioni di rendita in meno di quanti ve ne fossero trent'anni fa, ciò non si può imputare a una scarsità di denaro ma al fatto che la diminuzione delle derrate prodotte, vendute e consumate si è comunicato a ogni altro tipo di bene che proviene dalla terra. |
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