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Didattica > Strumenti > Tolleranza e guerra santa nell'Islam > Documentazione 1, 17 | |||||||||
StrumentiTolleranza e guerra santa nell'Islamdi Biancamaria Scarcia Amoretti © 1974-2007 – Biancamaria Scarcia Amoretti DOCUMENTAZIONE1. L'Islam e l'Occidente17. La fede islamicaII primo brano che abbiamo scelto è di Isoyabb III (Liber epistularum, Lettera XIV, «Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium», series II, t. LXVI, p. 181), il patriarca nestoriano cui abbiamo già fatto riferimento nelle pagine precedenti. La lettera, inviata a un vescovo, riguarda il tema delle conversioni all'Islam, fenomeno che si verificava presso i cristiani senza diretta pressione musulmana. Cominciamo con questa per sottolineare la differenza tra gli storici contemporanei alla conquista (siamo nel VII secolo) e l'atteggiamento ufficiale successivo della parte cristiana. Segue un passo del monaco Giorgio detto Hammartolos (m. 868) a proposito del «paganesimo» di Maometto e dei suoi seguaci. Questa idea farà testo nel Cristianesimo, come le testimonianze successive confermano. Per questo secondo brano cfr. A. Malvezzi, op. cit., p. 69. I. Questi Arabi che, come sai, sono presso di noi, non solo non impugnano la religione cristiana, ma lodano la nostra fede, onorano i sacerdoti e i Santi di Nostro Signore e largiscono benefizi alle chiese e ai conventi. Perché dunque c'è chi abbandona la propria fede per la loro? Tanto più che gli Arabi, come essi stessi riconoscono, non li hanno costretti a rinnegare la loro religione, bensì ordinarono loro di cedere la metà dei loro beni in cambio della facoltà di conservarla. Ma essi abbandonarono la fede che giova eternamente, pur di conservare la metà dei beni del secolo caduco. Quella fede che tutti i popoli acquistarono al prezzo del proprio sangue… essi non vollero neppure per la metà dei propri averi. II. Sappiano inoltre quegli imbecilli e sciagurati, tuttora schiavi del loro antico sacrilego errore, che, sotto l'apparenza della devozione religiosa, rendono invece segreto culto agli idoli. Essi infatti onorano colei che i Greci chiamarono Afrodite, che si favoleggia aver per stella Lucifero, e che essi, nella loro lingua che ha così orribile suono, chiamano Cubar, cioè Grande. Affinchè non si creda che affermo il falso, spiegherò il loro grande mistero. Il testo della loro empia e sozza preghiera è questo: «Allah, Allah uah Cubar Allah». Il che si traduce: Allah, Allah, significa Iddio, Iddio; uah significa più grande, Cubar significa grande, vale a dire la luna e Afrodite. Perciò la preghiera significa: Iddio, Iddio più grande e la grande, cioè la luna e Afrodite sono più grandi di Dio. Bisognerà giungere al XVIII secolo perché un libanese, prefetto alla Biblioteca Vaticana sotto Clemente XII, corregga l'assurdo errore filologico della fonte bizantina. La particella uah è molto scioccamente tradotta «più grande», poiché è invece particella congiuntiva, tanto presso gli Arabi che presso gli Ebrei, i Caldei e i Siri. |
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Ultimo aggiornamento: 14/02/07 |