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Didattica |
StrumentiLa città medievale italianadi Gina Fasoli e Francesca Bocchi © 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi Testimonianze6. Lodi di Verona (VIII-IX secolo)Il ritmo veronese fu composto durante il regno di Pipino, figlio di Carlo Magno, dopo la sua clamorosa vittoria sugli Avari (796) – tanto che nel ritmo egli ha l'appellativo di magnus – e prima dell'806-807, poiché non viene citato un avvenimento di tanta risonanza come la ricostruzione della basilica di San Zeno operata da Pipino e dal vescovo Ratoldo in quegli Egrave; lecito quindi supporre che questa descrizione di Verona sia stata composta fra il 796 e l'805. L'autore fu con ogni probabilità un ecclesiastico veronese – data la cultura biblica che dimostra e la conoscenza degli antichi vescovi della diocesi veronese – che visse fra la fine dell'VIII e il IX secolo. Egli usò come modello il ritmo milanese, anche se non ne mantenne la struttura alfabetica delle terzine, di cui imitò l'ampiezza (33 terzine chiuse da un verso isolato), la struttura e il metro. Il Versus de Verona celebra la bellezza della città e delle sue mura quadrate sul cui circuito si innalzano quarantotto torri, del suo foro lastricato, dei suoi castelli, dei suoi ponti. Ma quello di cui la città va fiera sono i presuli succedutisi sulla cattedra di san Zeno e il patrimonio mistico costituito dalle reliquie dei santi che conserva. Sul ritmo veronese cf. l'introduzione all'edizione critica del testo fatta da L. SIMEONI, nella grande collezione di fonti narrative «Rerum Italicarum scriptores» (d'ora in poi indicata con la sigla R.I.S. per indicare l'edizione curata da Lodovico Antonio Muratori fra il 1723 e il 1738, e con la sigla RR.II.SS. per indicare la nuova edizione tuttora in corso), t. II, parte I, Veronae rythmica descriptio, Bologna, 1918; G. ONGARO, Coltura e scuola calligrafìca veronese, in «Memorie dell’Ist. Veneto di Lett., Scien. e Arti», 1925; A. CAMPANA, Veronensia, in «Miscellanea Giovanni Mercati», Roma, 1946; L. SIMEONI, Verona nell'età precomunale, in «Studi su Verona nel Medioevo», vol. I, «Studi storici veronesi» VIII-IX, 1959, pp. 7-10; G. B. PIGHI, Versus de Verona, cit., da cui sono tratti il testo e la traduzione qui pubblicati (pp. 152-154); IDEM, Verona nell'VIII secolo, Verona 1964; G. ROPA, La «spiritalis intelligentia» del Versus de Verona, « Biblioteca di Quadrivium», serie filologica n. 4, Bologna, 1966; G. FASOLI, La coscienza civica nelle «laudes» cittadine, cit. Magna et preclara pollet urbis in Italia Per quadrum est scompaginata, murificata fìrmiter; Habet altum laberintum magnum per circuitum, Et dicere lingua non ualet huius urbis scemeta: Ecce quam bene est fundata a malis hominibus, Sed postquam uenit ergo Sacer, plenitudo temporum, Gentilitas hoc dum cognouit, festinauit credere Ex qua stirpe processerunt Martyres, Apostoli, Sic factus adimpletus est sermo Dauiticus, Primum Verona predicauit Èuprepis episcopus, Non queo multa narrare huius sancti opera, O felicem te Verona ditata et inclita, Ab oriente habet primum martyrem Stephanum, In partibus meridiane Firmo et Rustico, Quando complacuit Domno regi inuisibili, Qui diu morauerunt sancti nunc reuersi sunt Tumulum aureum coopertum circumdat preconibus; Hec ut ualuit parauit Anno presul inclitus: Ab occidente custodit Systus et Laurentius, Iam laudanda non est tibi, urbis in Auxonia Nam te conlaudant Aquilegia, te conlaudant Mantua, Magnus habitat in tè rex Pipinus piissimus, Gloria canemus Domno regi inuisibili, Sancte Zeno, ora prò nobis cunctis mortalibus. [Magnifica e illustre sorge una città in Italia, nelle Venezie, come insegna Isidoro, che dal tempo antico si chiama Verona. Forma un quadrato, difeso da forti mura; quarantotto torri risplendono in questa cerchia, delle quali otto sono alte sopra le altre. C'è un alto labirinto, che forma un anello maestoso: chi vi s'interna senza conoscerlo, non riesce a uscirne, se non a lume di lucerna o a filo di gomitolo; c'è una piazza larga e spaziosa, lastricata di pietra: a ognuno dei quattro canti sta un grande arco; strade lastricate a meraviglia di massi squadrati; templi, ai tempi antichi, costruiti con nomi di dèi, Luna, Marte e Minerva, Giove e Venere, e Saturno, e il Sole che rifulge sul mondo. Lingua non può dire le bellezze di questa città: dentro brilla, fuori splende, cinta da un nimbo di luce; il bronzo laminato d'oro v'è metallo comune; e c'è un Castello grande ed eccelso e forti baluardi; ponti di pietra, su pile fondate nell'Adige, i cui capi toccano la Città e il Borgo. Ecco com'è, bene fondata da uomini pagani, che ignoravano la legge del Dio nostro e veneravano i vecchi idoli, di legno e sasso. Ma dopo che venne, alla fine, il Santo, al compimento dei tempi, incarnò la divinità, nascendo dalla Vergine. umiliò se stesso, salì sul patibolo; di là deposto, tra la gente dei Giudei, accanita, e disteso nel sepolcro, vi rimase tre giorni; di là sorgendo in trionfo, siede alla destra del Padre. I Gentili, come ciò seppero, prestamente credettero ch'egli era Dio, creatore del cielo e della terra, ch'è apparso nel mondo dal seno di Maria. Da quella radice procedettero Martiri e Apostoli, Confessori e Dottori e santi Profeti, che concordarono il mondo nella fede cattolica. Così ebbe compimento la parola di Davide, che «i Cieli esaltano la gloria dell'Altissimo dal sommo dei cieli all'estremo della terra». Primo a Verona predicò il vescovo Euprepio, secondo Demetriano, terzo Simplicio, quarto Procolo, confessore e pastore egregio; quinto fu Saturnino e sesto Lucilio; il settimo fu Gricino, dottore e vescovo; ottavo fu, pastore e confessore, Zeno, martire glorioso. Egli con la sua predicazione condusse Verona al battesimo; sanò dal maligno la figlia di Galieno; i buoi con un uomo che affogava trasse dall'acqua alta; e anche molti liberò dal nemico distruttore; risuscitò un morto tirato fuori dal fiume; molti demonii distrusse coi frequenti digiuni. Non posso narrare le molte opere di questo Santo, le meraviglie che, venendo egli di Siria fino in Italia, mostrò per suo mezzo l'onnipotente Iddio. O felice te Verona, e ricca e gloriosa, cinta qual sei da un vallo di custodi santi, che ti difendono e liberano dal nemico d'ogni giustizia! A oriente, c'è il protomartire Stefano, Fiorenzo, Vendemmiale e Mauro vescovo, Mamma, Andronìco e Probo coi Quaranta martiri; poi Pietro, con Paolo e Giacomo apostolo; Giovanni, il precursore e battezzatore; e il martire Nazario insieme con Celso e Vittore e Ambrogio; il glorioso martire di Cristo Gervasio e Protasio, Faustino e Giovita, Èupolo, Calòcero; Maria, la madre del Signore, Vitale e Agricola. Nella parte della città ch'è a meriggio del fiume, c'è Fermo e Rustico, che un tempo in te ricevettero le corone del martirio; i loro corpi erano stati portati via nelle isole del mare. Ma quando piacque al Signore, re invisibile, in te furono novamente onorati dal vescovo Annone, negli anni ch'erano signori i re Desiderio e Adelchi. I santi ch'erano rimasti nascosti a lungo, ora sono ritornati: li riscattò il vescovo egregio, coi loro compagni Primo e Apollinare, e Marco e Lazzaro. Insieme coi loro corpi il vescovo compose aromati, e calbane e statte e argòido e mirra e ambra e cassia e incenso lucidissimo. Copre e circonda l'altare dorato con le immagini dei banditori della fede; la lucentezza della seta splende e incanta i sensi degli uomini: una banda bianca e una nera s'alternano tra due purpuree. Queste onoranze ordinò, quanto più poté solenni, Annone, il glorioso prèsule; dal suo cenere riluce la fiamma delle buone opere, dall'austro, ai confini della terra, fino al nostro paese. A occidente custodiscono la città Sisto e Lorenzo, Ippolito, Apollinare, i Dodici Apostoli del Signore, e il grande confessore santo Martino. Insomma non v'è città che più meriti lode, nella terra Ausonia, splendida, potente e redolente delle reliquie dei Santi, singolarmente doviziosa tra le cento città d'Italia. Infatti ti loda Aquileia, ti loda Mantova e Brescia, e Pavia e Roma insieme con Ravenna. Per te passa ogni via fino ai confini della Liguria. In te abita un grande re, il piissimo Pipino, non dimentico di pietà e di giusto senno, che sempre agendo coi buoni fa il bene a tutti. Gloria cantiamo al Signore, re invisibile, che t'adornò di tale mistica ghirlanda, per cui sei bella e risplendi, raggiando come il sole, San Zeno, prega per me e per tutti i mortali]. |
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Ultimo aggiornamento: 02/08/08 |