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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


VI
La cavalleria

1. Addobbamento e torneo
(A) Gisleberto di Mons, Cronaca dell'Hainaut, SRC 29, pp. 90-93, 100-101.
(B) Lamberto di Ardres, Storia dei conti di Guines, SS 24, 91, 93.
(C) Gisleberto, Cronaca dell'Hainaut, SRG 29, pp. 142-143.

I due esempi fiamminghi (A, B) qui riportati mostrano con grande chiarezza la sequenza nella quale si inserisce l'addobbamento: una sequenza – cerimonia, festa, torneo – nella quale talvolta si inseriva anche il matrimonio, altro simbolo dell'ingresso in un'età pienamente adulta. La durezza inflessibile di Baldovino (B) si iscrive all'interno di un canone morale che al rigido rispetto della giustizia – imposta con qualsiasi mezzo – univa il massimo della curialità, in un rapporto tra pari, tra cavalieri, con gli altri membri della corte. L'addobbamento a Mainz dei figli del Barbarossa (1184) – il futuro Enrico VI e Federico di Svevia – mostra poi come la cavalleria avesse ormai guadagnato il vertice stesso della società laica, la corte imperiale; anche qui, addobbamento e torneo vanno insieme (C).


(A) Anno del signore 1168. Mentre stavano a Valenciennes, alla vigilia di Pasqua, il conte Baldovino e la contessa Alida con le loro figlie […] e i figli Baldovino ed Enrico ordinarono il loro figlio Baldovino cavaliere, con onore e gioia. E allora si avverò quello che il conte a lungo aveva desiderato, perché non si era sentito da molti anni che un conte di Hainaut avesse visto un figlio cavaliere e una figlia sposata. Lo stesso Baldovino, il secondo giorno dopo l'ottava di Pasqua, torneò a Traietto con molti cavalieri, dei quali a quel tempo, fioriva Hainaut. Li fu ucciso il valentissimo cavaliere Gualtiero di Honecourt, padre di Gualtiero. Baldovino, nuovo cavaliere, sentendo che nell'Hainaut c'erano molti banditi e ladroni, che non temevano di compiere cattive azioni grazie all'appoggio di molti personaggi potenti alla cui linea di sangue appartenevano, li ricercava da ogni parte, e poiché, una volta catturatili, gli apparivano infami, alcuni li impiccava, altri li bruciava con il fuoco, altri li seppelliva vivi, e non risparmiava nessuno di loro a causa della loro illustre parentela. Lo stesso nuovo cavaliere Bovino, d'altra parte, ricercando ovunque tornei, univa a sé come soci e commilitoni tutti i cavalieri abili e di grande fama che poteva. E, in un periodo in cui suo padre, egli stesso e i loro uomini ricevevano molto spesso minacce, odio e rancore da parte del potentissimo conte di Fiandra e Vermandois e dei suoi uomini, accadde che, fra gli altri tornei che Baldovino ricercava, Filippo conte di Fiandra e Vermandois invitasse contro, di sé alcuni Francesi ad un torneo fra Gornai e Rissuns. Sentendo Baldovino che il conte di Fiandra sarebbe venuto al torneo con grandi forze di molti abili cavalieri e sergenti [1] a piedi e a cavallo, sebbene fosse consuetudine che nei tornei in quel luogo i cavalieri dell'Hainaut stessero insieme ai Fiamminghi e a quelli del Vermandois, tuttavia lo stesso Baldovino con gli abili cavalieri che aveva con sé passò dalla parte dei Francesi (che erano pochi) per il rancore che contro il conte di Fiandra e i suoi e resistette virilmente al conte di Fiandra e alle sue grandi forze. A questo punto il conte di Fiandra. acceso da troppa ira, cominciò ad attaccare i Francesi e quelli dell'Hainaut, con i suoi cavalieri e fanti schierati quasi come se fosse una guerra. E allora un cavaliere abilissimo e ferocissimo, commilitone dello stesso Baldovino, Gaufrido Tuelasne, vedendo l'imminente disastro del suo signore Baldovino e dei suoi, caricando il conte di Fiandra con la lancia in resta, lo colpì in mezzo al petto con un colpo volgarmente detto de feltro; e quello, sorretto dai suoi e trattenuto sul cavallo, stette a lungo come morto. In questo scontro, come è asserito da molti, il conte di Fiandra fu preso e trattenuto prigioniero – ma si dice [anche] che sia evaso con il permesso di un abile cavaliere, Egidio di Aunoit – e di conseguenza Baldovino con i Francesi ottenne la vittoria contro i Fiamminghi.

[1171] Questo conte Baldovino, figlio del conte Baldovino e della contessa Alida, ricevuti i giuramenti di fedeltà dei suoi uomini, di condizione sia nobile che servile, amante della pace e della giustizia, tenne il comitato di Hainaut con molto impegno e grandi spese, virilmente e con onore. […] Questo conte, sempre generoso nei banchetti, ebbe sempre nella sua casa adeguati e splendidi cibi […]. E non si deve tacere delle sue grandi spese tanto nella celebrazione delle grandi feste di corte quanto nelle guerre e nei tornei e nel conferire benefici a prodi cavalieri, ed anche il fatto che si rivolse ai cavalieri sempre con, parole dolci e degne [del loro rango], né mosso dall'ira rivolse loro parole turpi o indecenti. Inoltre, nonostante fosse dedito alle delizie del mondo, tuttavia si dedicava agli offici divini, in particolare alle messe e alle funzioni delle varie ore del giorno, e compatendo la povertà dei deboli concedeva loro elemosine grandissime dalle sue sostanze. Questo nuovo conte celebrò per la prima volta la festa del Natale a Valenciennes con sua moglie Margherita con grande gaudio, e a questa festa furono presenti cinquecento cavalieri. […]

[1172] Dopo Natale lo stesso conte Baldovino torneò con ottanta cavalieri […] e, andando di qua e di là con tanti cavalieri a proprie spese, passò [così] un intero mese.

Gisleberto di Mons, Cronaca dell'Hainaut, SRC 29, pp. 90-93, 100-101.

[1] Cioè «servitori» dei cavalieri (servientes).


(B) Come Arnoldo fu fatto cavaliere.
Il conte, suo padre di degna memoria, dimostrò con segni manifesti quanto gioì per il suo arrivo. Convocò infatti i suoi figli, i suoi conoscenti e i suoi amici nella sua curia presso Guines nel giorno santo della Pentecoste e gli dette l'alapa [1] militare – il colpo che non deve essere restituito – e lo consacrò uomo completo con i [dovuti] giuramenti nell'anno dell'incarnazione del Signore 1181. Con lui onorò con gli strumenti militari, i ricchi corredi e i giuramenti Eustacio di Salpervico e Simone de Nelis e Eustacio di Elceco e Walone di Preuris. Passarono tutto il giorno solenne fra lautissimi e delicatissimi cibi e bevande, imitando e … per quanto potevano il giorno della gioia eterna. Infine Arnoldo, appena indossate le vesti cavalleresche, apparve ai fannulloni, ai garzoni, ai parassiti e ai giocolieri, che invocavano il suo nome, e li soddisfece tutti [con doni], cosicché ottenne come ricompensa la loro lode e il loro favore. […] Il giorno seguente fu ricevuto in chiesa, nella sua Ardres. con una processione, mentre suonavano le campane e i monaci e il clero intonavano in sua lode e in divina letizia Summae Trinitatis virtus et honor, e il popolo vociferava ed esultava. Da quel giorno, frequentando i tornei, per quasi due anni girò molte regioni, senza rinunciare del tutto all'aiuto e alla protezione paterni; e a lui fu sempre compagno indivisibile Eustacio di Salpervico. […] Pertanto, come abbiamo già detto, Arnoldo di Guines, affidato in custodia dal padre ad Arnoldo di Caioco, associatosi Eustacio Rasorio, Eustacio di Salverpico e Ugo di Mainis, suoi familiari e collaterali, ed Enrico di Champagne e molti altri nobili cavalieri, decise di allontanarsi dalla patria verso altre regioni per amore dei tornei e per [cercare] la gloria, piuttosto che rimanere nell'ozio in patria senza le follie della guerra, [e questo] soprattutto per vivere gloriosamente e arrivare ad ottenere l'onore del secolo.

Lamberto di Ardres, Storia dei conti di Guines, SS 24, 91, 93.

[1] Cioè colpo, schiaffo.


(C) A causa del gran numero di persone che dovevano venire, l'imperatore ordinò di erigere le tende sue e di tutti coloro che arrivavano su un prato vicino Magonza, al di là del Reno, dove l'imperatore fece [anche] costruire delle abitazioni per le sue necessità. Lì il conte di Hainaut ebbe tende più numerose e più belle degli altri [1]. Riunitisi dunque per la curia [2] da tutto l'impero (da questa parte delle Alpi) principi, arcivescovi, vescovi, abbati, duchi, marchesi, conti palatini e altri conti e nobili e ministeriali, furono – secondo una stima certa – in numero di settantamila, senza contare i chierici e gli uomini di qualunque [altra] condizione. Il giorno di Pentecoste il signore imperatore dei Romani, Federico, e sua moglie l'imperatrice [3] cinsero le corone con grande e doverosa solennità. Anche il re Enrico, loro figlio, portò la corona insieme a loro. […] Il secondo giorno dopo Pentecoste, il signore Enrico re dei Romani [4] e Federico duca di Svevia, figli del signore imperatore del Romani Federico, furono ordinati nuovi cavalieri, [e] in loro onore molti [doni] furono dati da loro stessi e da tutti i principi e gli altri nobili ai cavalieri, ai prigionieri [5], ai crociati e ai giocolieri e alle giocoliere, ossia cavalli, vesti preziose, oro e argento. In realtà i principi e gli altri nobili erogavano con tanta larghezza le proprie ricchezze non solo per l'onore dei loro signori, l'imperatore e i suoi figli, ma anche per ampliare la fama del proprio nome. Il secondo e il terzo giorno [dopo Pentecoste], dopo pranzo, gli stessi figli dell'imperatore cominciarono a fare dei «giri» [6], e in questi giri si stimò che fossero [impegnati] più di ventimila cavalieri. Il «giro» era senz'armi; i cavalieri infatti si divertivano nel portare gli scudi, le aste, gli stendardi e nel correre a cavallo, senza [scambiarsi] dei colpi. In questo esercizio lo stesso imperatore Federico. sebbene non avesse un rischio più grande o più prestante degli altri, tuttavia meglio di tutti si esibiva portando il suo scudo; lo accompagnava nel giro il conte di Hainaut, che gli portava l'asta.

Gisleberto, Cronaca dell'Hainaut, SRG 29, pp. 142-143.

[1] Gisleberto, cortigiano del conte di Hainaut. esalta naturalmente oltre misura il ruolo del suo signore.
[2] La curia è il termine tecnico che indica la festa cortese-cavalleresca. Può significare però anche soltanto «corte».
[3] Beatrice di Borgognona.
[4] Cioè re di Germania.
[5] Passo di interpretazione dubbia.
[6] Si allude, come si vede più sotto, ad un tipo di esercizio cavalleresco incruento. Il torneo vero e proprio doveva avere luogo in un giorno successivo, ma non poté svolgersi a causa di una tremenda bufera che spazzò via la piccola «città» cavalleresca, distruggendo case e tende e causando anche parecchi morti.

 

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