Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Antologia delle fonti bassomedievali > VI > 2

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


VI
La cavalleria

2. La Chiesa e la Cavalleria
(A) Bonizone da Sutri, Libro della vita cristiana, LdL 4, VII, 28.
(B) Bernardo di Clairvaux, Lode della nuova militia, PL M 182, coll. 923-924.
(C) Guillaume Durand, Pontificale, XXVIII.

Forse il più antico abbozzo di un codice etico del cavaliere cristiano è contenuto nel Liber de vita cristiana di Bonizone da Sutri (A), un vescovo riformatore che perse la vita nel corso di un conflitto contro gli avversari della riforma. Uno stadio molto più avanzato del nesso simbiotico tra cristianità e cavalleria è testimoniato a metà del XII secolo dal testo di san Bernardo: siamo in piena età delle crociate, e Bernardo esalta un particolare tipo di cavaliere rappresentato dai membri degli ordini monastici militari (in particolare dai Templari), contrapponendoli alla cavalleria mondana, non militia sed malitia (B). Infine, il testo di Guillaume Durand (1293-95) esprime il compiuto tentativo non tanto di cristianizzare la cavalleria – perché essa era già sufficientemente impregnata, almeno al livello teorico, di valori cristiani –, quanto di rivendicare alla chiesa la gestione della stessa cerimonia-chiave della cavalleria, l'addobbamento (C). Ma, nonostante tutto, da questo punto di vista il successo fu marginale: veglie, digiuni, lavacri, che accompagnarono le tarde cerimonie di addobbamento, non scalfirono in modo significativo il nucleo laico della cerimonia: si pensi soltanto ai numerosi addobbamenti effettuati, anche in età successiva, sui campi di battaglia.


(A) Che altro dirò dei cavalieri se non che, servando la fede ai loro signori e in particolare a quelli che governano i regni, devono militare [al servizio] del potere terreno in modo tale però da non andare contro la religione cristiana? E' proprio [dei cavalieri] obbedire ai loro signori, non fare prede, non risparmiare la propria vita per tutelare quella del loro signori e combattere fino alla morte per difendere lo stato, debellare scismatici ed eretici, difendere deboli [1], vedove ed orfani, non violare il giuramento che hanno prestato e soprattutto non essere spergiuri verso il loro signore.

Bonizone da Sutri, Libro della vita cristiana, LdL 4, VII, 28.

[1] Pauperes.


(B) Ma qual'è dunque il fine e il frutto di questa non dirò milizia. ma piuttosto malizia mondana, se l'uccisore pecca mortalmente e l'uccisore eternamente? Invero, a dirla con l'Apostolo, chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia con speranza di avere parte al frutto [1]. Che cos'è dunque, o cavalieri, questa incredibile passione, questa intollerabile pazzia altro guiderebbe che la morte o il peccato? Coprite di seta i cavalli e rivestite di non so che genere di straccetti colorati le corazze; dipingete lance, scudi e selle; ornate d'oro, d'argento e di gemme le briglie e gli speroni; e in tanta pompa correte, con vergognoso furore e impudente stupidità, alla morte. Ma sono insegne militari, queste, oppure ornamenti femminili? Forse che il ferro nemico avrà paura dell'oro, rispetterà le gemme, non potrà attraversare la seta? In fondo, e voi stessi lo sperimentate di continuo, al combattente sono soprattutto necessarie tre cose: che sia abile, alacre e circospetto nel guardarsi, rapido nel cavalcare, pronto nel ferire. Voi al contrario vi curate come donne i capelli fino a disgustare chi vi vede, vi coprite con sopravvesti lunghe e drappeggiate che vi impacciano i movimenti, seppellite le tenere e delicate mani in ampi e comodi guanti. […] Né tra voi sorge quasi mai guerra o contesa che non sia originata da un moto irrazionale d'ira o da un vuoto desiderio di gloria o dall'avidità di ricchezze terrene. Certamente, uccidere o morire per motivi del genere non è cosa da fare con tranquillità. I cavalieri di Cristo combattono invece le battaglie del loro Signore e non temono né di peccare uccidendo i nemici, né di dannarsi se sono essi a morire: poiché la morte, quando è data o ricevuta nel nome di Cristo, non comporta alcun peccato e fa guadagnare molta gloria. Nel primo caso infatti si vince per Cristo, nell'altro si vince Cristo stesso: il quale Cristo accoglie volentieri la morte del nemico come atto di giustizia, e più volentieri ancora offre sé stesso come consolazione al cavaliere caduto. Il cavaliere poi, posso affermarlo, uccide sicuro e muore più sicuro ancora: giova a sé stesso quando muore, a Cristo quando uccide. Non è infatti senza ragione che porta la spada: egli è ministro di Dio in punizione dei malvagi e in lode dei buoni. Quando uccide il malvagio egli non è omicida ma - per così dire - malicida ed è stimolato senza dubbio vendicatore di Cristo su quelli che fanno il male e difensore del cristiani. E quando muore, si sa che egli non è perito, ma è piuttosto giunto alla meta. La morte ch'egli dispensa è infatti un guadagno per Cristo: quella che egli riceve è il guadagno suo personale. Nella morte del pagano il cristiano si gloria, perché Cristo è glorificato. Nella morte del cristiano si dimostra quanto magnanimo sia stato il re che ha ingaggiato il cavaliere.

Bernardo di Clairvaux, Lode della nuova militia, PL M 182, coll. 923-924.

[1] Cor. 9, 10.


(C) Nella benedizione di un nuovo cavaliere si proceda in questo modo. Il vescovo prima che si dica il vangelo benedica la sua spada, dicendo: (Benedizione della spada) Esaudisci, ti preghiamo, o signore, le nostre preghiere e degna di benedire con la maestà della tua destra questa spada della quale questo tuo servo desidera essere cinto, affinché possa essere la difesa della chiesa, delle vedove, degli orfani e di tutti i servitori di Dio contro la crudeltà dei pagani, e per tutti gli altri che gli tendono insidie sia terrore e paura, concedendogli l'efficacia della giusta persecuzione e della giusta difesa. Per Cristo. (Risp.: Amen) […] (Preghiera) Signore santo, padre onnipotente, Dio eterno, che ordini da solo tutte le cose e disponi [tutto] giustamente, che hai permesso l'uso della spada sulla terra agli uomini con una tua salutare disposizione per sconfiggere la malizia dei reprobi e tutelare la giustizia, e hai voluto istituire l'ordine della cavalleria per la protezione del popolo, e che tramite il beato Giovanni ai cavalieri che gli venivano incontro nel deserto facesti dire di combattere i nemici ma di contentarsi delle loro paghe; la tua clemenza, o Signore, preghiamo supplici, affinché […] a questo tuo servo, che per. la prima volta piega il collo al giogo della cavalleria, tu attribuisca le forze della pietà celeste e l'audacia [necessaria] per la difesa della fede e della giustizia, e gli presti maggiore fede, perseveranza e carità e timore di Dio insieme all'amore, all'umiltà, alla perseveranza, all'obbedienza e alla buona pazienza, e disponga tutte le cose in lui rettamente, affinché con questa spada o un'altra non ferisca nessuno ingiustamente, e difenda con essa tutte le cose giuste e rette e, come egli stesso da uno stato inferiore è promosso al nuovo onore della milizia, così, deponendo l'uomo vecchio con le sue azioni, vesta un nuovo uomo, che ti tema e veneri rettamente.

Guillaume Durand, Pontificale, XXVIII.

 

© 2000-2005
Reti Medievali
Up Ultimo aggiornamento: