Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
1. Federico tra Papa e Comuni (A) Ottone Morena, Storia di
Federico I, SRG, NS 7, pp. 36-37. (B) Ottone Morena, Storia di Federico
I, SRG, NS 7, pp. 41-42, 45.
In una prima fase il Barbarossa cercò di muoversi in sintonia con il papato, come
premessa ad una efficace politica italiana. Si arrivò così, l'anno dopo l'elezione
regia di Federico, alla dieta di Costanza (marzo 1153), dove Eugenio III consentiva alla
futura incoronazione imperiale di Federico e questi dal canto suo si impegnava ad appoggiarlo
contro i Romani – che avevano costituito un comune [cfr. paragrafo 2] – e i Normanni,
con i quali in quel momento i rapporti erano estremamente tesi. Qui Costanza e la successiva
prima dieta di Roncaglia (1154) sono viste, nelle pagine di Ottone Morena, console di Lodi,
attraverso l'ottica non del rapporto tra papa e imperatore, bensì delle lotte comunali
dell'Italia padana, nelle quali Federico era destinato a rimanere impaniato. L'appoggio dato
ai Lodigiani contro Milano, la città più potente della regione, indica da subito
le future linee d'azione del sovrano tedesco. (A) Avvenne infatti che Federico,
non molto tempo dopo che era stato eletto re, dispose una grandissima
dieta presso Costanza con i suoi principi [1].
A quel tempo due cittadini di Lodi, Albernardo Alamanno e Omobono di
nome Maestro, su invito del vescovo di Costanza, erano venuti in Germania
nella sua città. […] [2].
Quando i due Lodigiani vennero a sapere che il re e gli altri principi
sarebbero venuti lì per tenere la dieta, parve loro bene di parteciparvi
e di vedere il re, che non avevano mai veduto: avrebbero così
rendere noto ai loro concittadini quel che fossero venuti a sapere di
quanto si era detto o fatto nella dieta. Giunti il re e gli altri principi
a Costanza, incominciò la grande dieta, nella quale molti, poveri
e ricchi, si querelavano davanti al sovrano per le ingiurie arrecate
loro, ed il re rendeva loro giustizia pienamente. Considerando ciò
che i due Lodigiani decisero di presentare al re in persona querela
per il mercato che i Milanesi avevano tolto ai cittadini di Lodi. E
subito entrati in una chiesa e levando sulle spalle due grandissime
croci che vi erano, si presentarono al ed agli altri principi, e si
prostrarono ai suoi piedi con le croci piangendo assai. Questo avvenne
il mercoledì delle ceneri all'inizio della quaresima dell'anno
1153 dall'Incornazione del Signore. I principi, vedendo portare le croci
davanti al re, cosa che non erano soliti vedere, si stupirono fortemente.
Infine il re disse loro di alzarsi e di esporgli per quale motivo avessero
portato le croci al suo cospetto. Si levarono essi piangendo davanti
al re: infine per suo ordine Albernardo, che sapeva perfettamente il
tedesco, prorompendo in grida così disse: «Santissimo sire, noi,
poveri cittadini di Lodi, davanti a Dio, a voi e a tutta la vostra corte
porgiamo querela contro i Milanesi, perchè ci cacciarono un tempo
con tutti i cittadini (noi che eravamo vostri fedeli) dalla nostra città
ingiustamente, spogliarono tutti i nostri antenati sia maschi che femmine,
uccidendone anche molti, distrussero dalle fondamenta la nostra città
e costrinsero i Lodigiani a giurare che mai più avrebbero abitato
nella città stessa o nei suoi sobborghi.In seguito molti Lodigiani
andarono per tutte le terre; gli altri che rimasero là cominciarono
ad abitare in sei nuovi sobborghi intorno alla città al di fuori
di quelli vecchi, stabilirono di fare il mercato, che erano soliti tenere
all'interno della città ogni martedì, in uno di questi
borghi che si chiama Piacentino ed è più grande di tutti
gli altri, sempre nel medesimo giorno. Ogni settimana i Milanesi stessi
ed i Pavesi, ed anche Piacentini, Cremonesi, Cremaschi, Bergamaschi,
che venivano al mercato, erano ospitati nelle case dei Lodigiani; da
ciò questi traevano grande profitto e si arricchivano. Quando
poi, carissimo signore, i Milanesi videro che i Lodigiani ne venivano
accresciuti molto nelle cose e nelle persone, se ne dolsero assai e,
udito il consiglio di alcuni savi di Milano, per dannegiare i Lodigiani
e diminuirli nelle cose e nelle persone, tolsero il mercato dal borgo
Piacentino, dove si soleva tenerlo in precedenza, e stabilirono di farlo
tenere in un'aperta campagna, dove non abitava nessuno, costringendo
da allora i Lodigiani stessi a farvi mercato. Per la qual cosa, o re
santissimo, io e moltissimi cittadini di Lodi fummo precipitati nella
miseria. Perciò, prego voi, illustrissimo re (e tutti i vostri
principi qui presenti ve ne preghino), affinchè per mezzo di
vostre lettere e d'un messo ordiniate ai Milanesi che ristabiliscano
il predetto mercato ai Lodigiani» [3]. Ottone Morena, Storia di Federico I, SRG, NS 7, pp. 36-37. [1] L'elezione di Federico è
del 4 marzo 1152; la dieta è dell'anno seguente.
[2] Tutto l'episodio è narrato
secondo il punto di vista dei Lodigiani e rivela le radici materiali
dei contrasti politici fra le città padane.
[3] La missione presso i Milanesi dell'inviato di
Federico, Sicherio, si risolse in un fallimento. (B) I Lodigiani,
fatta fare una chiave d'oro fino e purissimo, la inviarono di nascosto
al re per mezzo di Guglielmo marchese del Monferrato, che aveva promesso
di aiutarli; lo incaricarono di riferire che essi affidavano al re se
stessi e la città di Lodi e che volevano, in quanto suoi fedeli,
essere e rimanere sempre sotto la sua protezione. Il re ricevette con
grande gioia i Lodigiani e accolse sotto la sua tutela la loro città,
per quanto distrutta. Similmente anche i Milanesi portarono al re una
coppa d'oro piena di denari, per recuperare la sua grazia e benevolenza;
ma non vi riuscirono affatto. I Cremonesi ed i Pavesi offrirono anch'essi
al re i loro doni e, incolpando in via riservata i Milanesi e pregando
spesso il re in favore dei Lodigiani, lo rendevano ostile ai Milanesi.
Pertanto il re mandò i suoi legati per la Germania, la Sassonia,
la Provenza, la Borgogna, la Lombardia, la Toscana, la Romagna e tutto
l'impero romano, ordinando agli arcivescovi, vescovi, abati, conti,
marchesi, duchi ed a tutti gli altri principi delle predette province
che si trovassero coi loro cavalieri, con quanto onore potevano, assieme
a lui a Roncaglia in Lombardia entro la festa di S. Michele dell'anno
successivo [1]:
la quale cosa, col consenso di Dio, si compì bene come aveva
ordinato. Giunse il re Federico in Lombardia nel mese di novembre del
1154 dall'Incarnazione del Signore, indizione seconda, e fu ospitato
il mercoledì 29 novembre, vigilia di s. Andrea apostolo, a S.
Vito presso Castiglione nel Lodigiano. Nello stesso giorno giunsero
i Tedeschi a Lodi dai predetti alloggiamenti ed espugnarono il borgo
Piacentino, nel quale erano convenuti insieme tutti gli altri borghi.
Ma i Lodigiani allora si difesero virilmente. Nel giorno seguente, giovedì
30 novembre, festa di s. Andrea, andò il re con tutto il suo
esercito a Roncaglia ed ivi fu ospitato; rimase colà per sei
giorni [2].
Era ancora a quel tempo sul seggio apostolico papa Eugenio III [3].
I Milanesi allora andarono incontro al re e vennero con lui a patti
fraudolentemente, promettendo di dargli quattromila marchi d'argento
e rimasero con lui a Roncaglia. Intanto mentre il re dimorava a Roncaglia,
mandò un suo cappellano a Lodi ad esigere da tutti i cittadini
il giuramento di fedeltà. Alcuni di essi infatti si erano rifugiati
a Pizzighettone con le loro mogli, i figli e le masserizie per timore
dei Tedeschi, altri a Milano, parecchi anche a Cremona e Piacenza; ma
quasi tutti erano ritornati a Lodi con le loro persone, perché
il re aveva posto la sua tenda nel borgo Piacentino. Infine, dopo che
il cappellano del re venne a Lodi e richiese ai cittadini il giuramento
di fedeltà, i Lodigiani gli dissero in risposta che non osavano
compiere ciò senza il consiglio ed il permesso del Milanesi,
sotto la cui forza e potere si trovavano. Fu dato loro un termine. I
Lodigiani andarono dai consoli di Milano e narrarono in ordine come
il re avesse mandato loro un legato che esigeva il giuramento di fedeltà;
dissero di aver risposto unanimi al legato che in nessun modo potevano
prestarlo senza il consiglio ed il consenso del Milanesi stessi. Questi
ultimi poi, dopo aver discusso molto a lungo tra loro, finalmente risposero
ai Lodigiani e diedero loro il permesso che potevano col loro benvolere
prestare il giuramento di fedeltà al re, ringraziandoli anche
di quella tal risposta che avevano dato al legato regio. I Lodigiani
così tornarono a casa e, riferite agli altri le cose che avevano
udito dai Milanesi, tutti con animo lieto giurarono fedeltà al
re [4]. Il re, partitosene, giunse al castello di Abbiategrasso ed ivi si fermò
per quel giorno. L'indomani [5]
il sovrano cavalcò con tutto l'esercito oltre il ponte del Ticino
e, dopo averlo traversato, subito lo fece distruggere: tutti alloggiarono
al di là. Quindi il re si diresse ad un castello che si chiama
Biandrate ed anche qui pose l'accampamento. I Milanesi si recarono da
lui per portargli il denaro che a Roncaglia avevano promesso di dargli,
ma il re disse che si erano comportati in mala fede nei suoi confronti
e non avevano mantenuto quel che gli avevano promesso: poichè
li avevano conosciuti per subdoli, maliziosi, ingannatori e di poca
lealtà, non voleva trattare alcunché con uomini tanto
perfidi ed iniqui; rifiutò il loro denaro ed ordinò di
uscire all'istante dalla sua corte, dicendo che essi non avrebbero da
allora goduto di nessuna fiducia presso di lui né egli avrebbe
fatto più alcun patto con essi, se prima non gli si fossero tutti
sottomessi senza alcun indugio per quanto riguarda i Lodigiano ed i
Comaschi. I Milanesi, si rifiutarono di farlo e se ne andarono subito
assai tristi e, tornati a Milano, narrarono ogni cosa, come avevano
agito e udito. I concittatidini, udite queste cose, si dolsero assai,
perchè non volevano che i Lodigiani o i Comaschi si liberasssero
in nessun modo dal loro giogo e dal loro potere [6]. Ottone Morena, Storia di Federico I, SRG, NS 7, pp. 41-42, 45. [1] Il 29 settembre 1154.
[2] Le indicazioni di giorno e
mese sono tutte imprecise.
[3] In realtà era già
papa Anastasio IV, che morirà nel dicembre.
[4] Il rapporto di dipendenza
di Lodi nei confronti di Milano emerge qui con grande chiarezza.
[5] Il 15 dicembre 1154.
[6] Federico, alla sua prima discesa, ha già
ben chiaro che il problema principale che deve affrontare è quello di
ridimensionare il potere di Milano.
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