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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 10

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

10. Le condizioni per essere cittadino milanese

L'incremento demografico delle città imponeva ai governanti del nuovo ente comunale, in continua concorrenza con le signorie locali circostanti, di stabilire con chiarezza quali abitanti fossero da considerarsi cittadini a pieno diritto e quali invece residenti occasionali, non tutelabili come gli altri. Nel secolo successivo la produzione statutaria in materia individuerà una precisa normativa regolante l'accesso alla cittadinanza; nel XII secolo non mancano invece dibattimenti giudiziari per stabilire di volta in volta la dipendenza dal comune: nel corso di uno di questi, tenuto a Milano nel 1184, emergono interessanti indizi della incipiente normativa consuetudinaria che denunciano come elementi distintivi dell'appartenenza alla cittadinanza la lunga residenza in città e l'assoggettamento agli oneri militari del comune.

Fonte: C. MANARESI (a cura di), Gli atti del comune di Milano fino all'anno MCCXVI, Milano, Capriolo, 1919, doc. 145, p. 212.


Giovedì 13 dicembre, nella sede consolare di Milano. Il giudice Milano detto di Villa, console di Milano, pronunciò sentenza col consiglio dei suoi assessori sulla lite che verteva fra l'abate del monastero di Chiaravalle a nome dello stesso monastero tramite il suo messo Nazario Visconti della città di Milano da una parte e Negro, figlio del fu Barosio di Viglione, dall'altra.

La lite era infatti di tal tenore: Nazario, a nome del detto monastero, chiedeva che il predetto Negro pagasse 60 soldi per la guardia e fosse sottoposto alla sua giurisdizione, affermando che il di lui padre Barosio, ora defunto, era originario e villano del luogo di Consonno, di pertinenza giurisdizionale del detto monastero, e che lo stesso Negro abitava in un mulino che è presso l'abitato di detto luogo; a questo proposito produsse numerosi testimoni e presentò un documento, a richiesta dello stesso Negro, in cui si dichiarava che il detto Barosio era stato affrancato soltanto dal dover consegnare al monastero un certo numero di covoni e manipoli e da altre esazioni [ricognitive della signoria monastica]. Di contro lo stesso Negro asseriva che suo padre e lui medesimo erano stati cittadini di Milano e sosteneva che da molto tempo avevano posseduto casa in Milano e che molte volte aveva prestato servizio nell'esercito e nelle guardie proprio come un cittadino milanese; aggiungeva che il mulino in cui abita non era nel territorio del luogo suddetto, benché sia nelle vicinanze dell'abitato e a conferma produsse dei testimoni in suo favore che però non furono giudicati sufficienti.

Udite tali ragioni e altre, il suddetto Milano assolse il detto Negro dal pagamento dei sopra ricordati 60 soldi ma lo condannò, finché avrebbe continuato ad abitare nel suddetto mulino del luogo di Consonno, a sottoporsi alla giurisdizione del monastero. E così finì il dibattimento.

L'anno dell'incarnazione del Signore 1184, il giorno suddetto, la terza indizione. Intervennero Ardengo Visconti, Onrigone Pagliaro, Giovanni di Trivulzio, Quintavalle di Mama, Malgirono Pita, Manfredo di Varedo; fra i servitori Romanino, Guidotto Galdini, Giovannone Storno.

Io Milano console e giudice come sopra pronunciai la sentenza e sottoscrissi.

Io Guglielmo giudice e console sottoscrissi.

Io Giovanni causidico e console sottoscrissi.

Io Ottone Zendadario console del comune di Milano sottoscrissi.

Io Rogerio Bonafede giudice sottoscrissi.

E io Ugo detto di Castagnanega, notaio del sacro palazzo, scrissi.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005