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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 20

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

20. L'incremento demografico a Firenze all'inizio del Trecento

Fino al XIV secolo mancano in genere fonti di tipo statistico per la città e soltanto più tardi si possono ricavare dati numerici relativi alla popolazione: fa in un certo senso eccezione la famosa pagina del cronista fiorentino Giovanni Villani che per esaltare la grandezza della sua città descrive minuziosamente lo stato della popolazione, registrando il numero degli addetti a ciascuna attività. Una pagina che non ha mancato di sollevare dubbi ma che, ancora recentemente, è stata giudicata attendibile nella sostanza, mostrando con chiarezza lo sviluppo massimo raggiunto da una «metropoli» medievale.

Fonte: G. VILLANI, Istorie fiorentine, XI, 93, Milano, 1803, vol. VII, pp. 201-6.


Troviamo diligentemente, che in questi tempi avea in Firenze circa a 25 mila uomini da portare arme da 15 in 70 anni, cittadini intra' quali aveva 1.500 nobili e potenti, che sodavano per grandi al comune. Avea allora in Firenze da 65 cavalieri di corredo. Ben troviamo, che anzi che fosse fatto il secondo popolo, che regge al presente, erano i cavalieri più di 250, che poi che 'l popolo fu, i grandi non ebbono stato né signoria come prima, e però pochi si facevano cavalieri. Istimavasi avere in Firenze da 90 mila bocche tra uomini e femine e fanciulli, per l'avviso del pane bisognava al continovo alla città, come si potrà comprendere appresso; ragionavasi avere comunemente nella città da 1.500 uomini forestieri e viandanti e soldati, non contando nella somma della cittadinanza religiosi e frati, e religiose rinchiuse, onde faremo menzione appresso. Ragionavasi in questi tempi avere nel contado e distretto di Firenze da 80 mila uomini. Troviamo dal piovano, che battezzava i fanciulli, imperò che per ogni maschio, che battezzava in san Giovanni, per avere il novero mettea una fava nera e per ogni femina una bianca, trovò, ch'erano l'anno in questi tempi dalle 5.800 in sei mila avanzando le più volte il sesso mascolino da 300 in 500 per anno. Troviamo, che' fanciulli e fanciulle, che stavano a leggere, dalle otto mila a dieci mila. E i fanciulli, che stavano ad apparare l'abbaco e algorisimo in sei scuole, da mille in mille ducento. E quelli, che stavano ad apprendere grammatica e loica in quattro grandi scuole da 550 in sei cento. Le chiese, ch'erano allora in Firenze ne' borghi contando le badie e le chiese de' frati religiosi, troviamo, che sono 110, tra le quali sono 57 parocchie con popolo, cinque badie coi due priorie con da ottanta monaci, 24 munisteri di monache con da cinquecento donne, 10 regole di frati con più di settecento frati, 30 spedali con più di mille letta d'albergare i poveri e infermi, e da 250 in 300 cappellani preti. Le botteghe dell'arte della lana erano 200 e più, e faceano da 70 mila in 80 mila panni di valuta di più di mille duecento migliaia di fiorini d'oro; che bene il terzo e più rimaneva nella terra per ovraggio, sanza il guadagno de' lanajuoli. Del detto ovraggio viveano più di 30 mila persone. Ritrovammo, che da 30 anni addietro erano 300 botteghe o circa, e faceano per anno centomila panni; ma erano più grossi e della metà valeva, però ch'allora non ci entrava e non sapeano lavorare lana d'Inghilterra, com'hanno fatto poi. I fondachi dell'arte di Calimala di panni Franceschi e oltramontani erano da 20, che faceano venire per anno più di 10 mila panni di valuta di più di 300 mila fiorini d'oro, che tutti si vendeano in Firenze sanza quelli, che mandavano fuori di Firenze. E aveaci banchi di cambiatori da 80. La moneta dell'oro battea per anno 350 mila fiorini d'oro, talora 400 mila, e di danari da quattro più di 20 mila libre. Le botteghe de' calzolai e pianallai e zoccolai erano da 300 e più. Il collegio de' giudici da 80 in cento. I notai da 600, medici fisici e cerusici da 60, e botteghe di speziali erano da cento. Mercatanti e merciai, grande numero da non potere bene stimare per quelli, ch'andavano fuori di Firenze a mercantare: e molti altri artefici di più mestieri maestri di pietra e di legname avea allora in Firenze 146. E troviamo per la gabella della macinatura e per li fornai, ch'ogni di bisognava alla città dentro 150 moggia di grado, onde si può stimare quello bisognava l'anno; non contando, che la maggior parte degli agiati e ricchi e nobili cittadini co loro famiglie più di quattro mesi, e tali più dell'anno, stavano in villa in contado. Troviamo, che intorno gli anni 1280 ch'era la città in felice e buono stato, ne volea la settimana da 800 moggia. Di vino troviamo per la gabella delle porte, v'entrava l'anno da 55 migliaia di cogna, e in abondanza talora più di 10 mila cogna. Bisognava l'anno 4 mila tra buoi e vitelle. Castroni e pecore 60 mila. Capre e becchi 20 mila; entravano dei mese di luglio per la porta a s. Friano 400 some di poponi per dì, che tutti si stribuivano per la città. In questi tempi avea in Firenze le infrascritte signorie forestieri, che ciascuno tenea ragione, e aveano colla da tormentare. Podestà capitano del popolo, esecutore degli ordini della giustizia, capitano della guardia ovvero conservadore di popolo; tutte queste quattro signorie avieno albitrio di punire reale e personale. Il giudice della ragione e appellagione. Il giudice sopra le gabelle. L'uficiale sopra la piazza e vittuaria. L'uficiale sopra gli ornamenti delle donne. L'uficiale della mercatanzia. L'uficiale dell'arte della lana. L'uficiale degli ecclesiastici. La corte del vescovo di Firenze. La corte del vescovo di Fiesole. Lo inquisitore dell'eretica pravità, e altre degnità e magnificenze della nostra città di Firenze non sono da lasciare di mettere in memoria per dare avviso a quelli, che verranno dopo noi. Ell'era dentro bene albergata di molti belli palagi e case, e al continovo in questi tempi s'edificava migliorando i lavorii di farli agiati e ricchi, recando di fuori assempro d'ogni miglioramento e bellezza. Chiese cattedrali e di frati d'ogni regola e monisteri magnifichi e ricchi; oltre a ciò non v'era cittadino, che non avesse possessione in contado, o popolano o grande, che non avesse edificato o edificasse riccamente troppo maggiori edifici, che in città; e ciascheduno vi peccava in disordinate spese, onde erano tenuti matti. Ma sì magnifica cosa era a vedere, ch'uno forestiere non usato venendo di fuori, i più credeano per li ricchi difici d'intorno a tre miglia, che tutto fosse della città al modo di Roma, sanza i ricchi palagi torri e cortili giardini murati più di lungi alla città, che in altre contrade sarebbono chiamati Castella. In somma si stimava, che intorno alla città sei miglia avea più d'abituri ricchi e nobili, che recandoli insieme due Firenze avrebbono fatte. E basti assai avere detto de' fatti di Firenze.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005