Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 22

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

22. La fase discendente: sovrappopolazione e carestia a Firenze nel Trecento

La costruzione della nuova cinta muraria aveva segnato per Firenze forse il momento di maggiore splendore e di equilibrato sviluppo urbano: la prima metà del Trecento, contrassegnata da una generale recessione agraria e da diffusi fermenti sociali, manifesta invece i segni di un popolamento urbano superiore alle possibilità di vita offerte dalle risorse cittadine. Nel 1324 la mancanza di grano sul mercato cittadino provocò malcontenti popolari che sfociarono in tentativi di sommossa, di cui dà notizia il registro tenuto dal funzionario preposto agli approvvigionamenti comunali (il Biadaiolo), interrompendo con la sua efficace narrazione l'elenco dei prezzi dei cereali.

Fonte: G. PINTO, Il Libro del Biadaiolo. Carestia e annona a Firenze dalla metà del '200 al 1348, Firenze, Olschki, 1978, pp. 292-314.


Aprile grano e bianda mcccxxviiij.

Sabato, a dì viij del detto mese d'aprile, inperciò che i detti signori huficiali vidono pocho grano in sulla piazza d'Orto Samichele, e meno pane ed altra biada, e che grande moltitudine di gente di diverse parti, e contadini e cittadini, veniano per comperare tanto che il terzo della gente a pena sarebbe fornita, per temenza di romore mandorono per lo chavaliere della podestà e per la famillia. Giunti che furono armati, come si va a battallia o a terra rotta, andò un bando da parte de' Sei e della podestà, ch'egli non fosse veruno merchatante o altra persona il quale avesse grano per vendere, di che ragione si fosse, che debbia vendere più che s. xxx a quello bando che piacesse loro di torre. Et incontanente che il bando fu ito, ed egli andarono per la piazza ponendo mente chi avesse grano calvello o ciciliano buono, sì llo ristoravano alle spese del comune e davano danari dodici e più e meno come pareva a lloro d'ogni staio più.

Et la gente de' comperatori era grande e tanta che non sarebbe tocchato per uno u' mezzo staio: e cominciorono a borbottare e a dire l'uno contro l'altro: «Questi merchatanti sono coloro che amettono il charo e si vorrebbono tutti uccidere e rubagli».

I detti Sei erano a la pancha allato al pilastro della loggia. Quando sentirono questo mormorio ebono paura di peggio. Incontanente mandorono e puosono a ogni venditore alquanti della famillia che guardassono e aiutassono a' detti venditori ke non fosse fatto niuna noia a lloro. Chiunque fosse che facesse noia e rubasse niuno venditore, fosse preso incontanente e menato a loro. A questo si diedoro le staia e lle grida erano grandi de' conperatori di pianto doloroso e di diversi sospiri e strida e simili cose. Incontanente fue venduto e andaronne questo dì le due parti di conperatori, che non ne poterono avere né conperame, bestemmiando e piangendo di mal modo.

Questo die sarebbe venduto più che non si vendé, se non avesse fatto così i detti uficiali, più ogni staio – s. ij.

Domenicha, a dì viiij del detto mese, non si tenne piazza.

Lunedì, a dì x, i detti signori Sei sì feciono fare comandamento a certi ricchi huomini della città ch'aveano del grano e della biada, che dovessono mettere del grano o biada nella piazza d'Orto Samichele // a quello bando che piacesse loro di torre. Il detto die fue ben fornita la piazza d'Orto Sammichele di grano e di biada. Quando venne che nona era sonata da pocho, et i detti Sei vennono a la pancha e providono la piazza che era piena di conperatori, incontanente mandorono per lo chavaliere della podestà, che avea nome ser Villano da Ghobbio, e per la famillia; e incontanente giunsono bene armati. Et i detti Sei mandarono il bando per la piazza che non sia niuno merchatante od altra persona il quale debbia vendere lo staio del grano più di s. xxx, di qualunque ragione fosse, a quel bando che piacesse di torre a loro. E poscia feciono stare la famillia alle bighoncie de' venditori al modo detto di sopra, per paura. Poi feciono dare le staia. La gente era grande de' comperatori, e tuttavia crescievano e 'l grano sciemava.

Questo die n'andarono di quelli che non n'ebbono bene l'un terzo, piangendo e ramaricandosi fortemente. Et se non fosse tenuto questo modo, sarebbe venduto lo staio più di – s. ij.

Maggio grano mcccxxviiij.

Martedì, a dì xxiij del detto mese, i detti [Sei] feciono mettere nella piazza per lo comune moggia lxx e staia xviij di grano comunale buono, mescolato orzo e spelda, lo staio per – s. xxv; viene di netto lo staio – s. xxvij.

Quando la piaza fu fornita e i comperatori giugnevano forte, quando fu in sull'ora di nona, la gente era nella piazza grande, et i detti Sei sì providono che pareva loro di non lasciarvi entrare più persona veruna, ché // vedeano che non v'avea grano pure per quelli ch'erano nella detta piazza. Sì mandoro per ser Villano predetto ed egli venne incontanente colla famillia bene armata.

Quando furono giunti nella piazza, sì feciono serrare co' legni tutte le bocche che sono d'intorno alla piazza d'Orto Samichele, e guardare ke non v'entri niuna persona, né grande né piccolo, né huomo né femmina. Quando questo fue fatto e le staia si diedono, e' venderono tutto. I' romore e le gradi e 'l pianto era grande per la piazza che faceano coloro k'erano stretti nella calcha; e anche stavano certi messi e berrovieri in sulle bigoncie del grano con bastoni, e davano loro, ovunque veniva loro fatto, per farli trarre indietro; e non giovava. Chi piangneva perché gli era dato sì che lli dolea, e chi piangeva perché non n'avea avuto del grano, et chi che avea perduti i danari.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005