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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 3

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

3. I possessori della città di Genova

Anche Genova, che in seguito si caratterizzerà come città di mercanti, alla metà del X secolo denuncia una determinante componente di possessori fondiari: in questa fase infatti le città ospitano in prevalenza una popolazione che produce per l'autoconsumo. L'intervento dei re Berengario e Adalberto a favore dei Genovesi evidenzia l'aspetto fondiario della ricchezza dei cittadini e al tempo stesso mette in rilievo il grado di organizzazione raggiunto, anche fuori dell'autorità vescovile, da parte degli abitanti della città che, ottenendo la protezione regia sui propri beni urbani ed extraurbani, proiettano fuori delle mura, seppure in modo ancora generico, l'area d'influenza cittadina.

Fonte: L. SCHIAPPARELLI (a cura di), I diplomi di Ugo e Lotario, di Berengario II e di Adalberto, Roma, 1924 (FSI, 38), doc. 11, pp. 235-37.


In nome di Dio eterno, Berengario e Adalberto per clemenza divina re. È degno dell'eccellenza reale rivolgere l'attenzione ai desideri dei fedeli per renderli più devoti e pronti all'ossequio: sappiano dunque tutti i fedeli della santa chiesa e nostri, presenti e futuri che per intervento e richiesta del nostro fedele diletto Ebone col presente nostro precetto confermiamo a tutti i nostri fedeli che abitano nella città di Genova tutte le proprietà e i beni da loro tenuti a livello e a precaria [1] e tutto ciò che secondo la loro consuetudine detengono, a qualsiasi titolo o contratto scritto lo abbiano acquisito o che sia loro pervenuto per eredità paterna o materna; a loro confermiamo per intero tutto quanto, sia dentro sia fuori della città, cioè terre arabili, vigne, prati, pascoli, selve di ogni tipo, ripaggi, mulini, diritti di pesca, monti, valli, pianure, acque, decorso delle stesse, servi e serve di entrambi i sessi e tutto ciò che può essere detto e nominato che secondo la loro consuetudine essi tengono.

Ordiniamo pertanto che nessun duca, marchese, conte, visconte, sculdascio, decano [2], né alcun personaggio grande o piccolo del nostro regno osi entrare nelle loro case con autorità, né riscuota il mansionatico [3] né tenti di portare ingiuria o molestia, ma sia concesso [ai Genovesi] di vivere pacificamente e quietamente con la conferma del nostro precetto senza contraddizione o diminuzione di alcuno. Se qualcuno dunque tenterà di contravvenire al precetto della nostra conferma sappia che dovrà pagare 1.000 lire d'oro, metà alla nostra camera e metà ai predetti abitanti e ai loro eredi e discendenti. Affinché più autentico sia creduto e da tutti osservato, corroborandolo di mano nostra, ordiniamo sia posto il sigillo del nostro anello. Sigillo dei serenissimi Berengario e Adalberto re.

Io cancelliere Uberto per ordine dei re sottoscrissi.

Dato il 18 luglio dell'anno d'incarnazione del Signore 958, ottavo del regno di Berengario e Adalberto, prima indizione. Fatto a Pavia felicemente nel nome del Signore.

[1] livello e precaria, concessioni di terra in coltivazione per un periodo di tempo molto lungo, dietro pagamento di canoni in denaro o in natura.

[2] sculdascio e decano, funzionari minori dell'amministrazione franca, soggetti all'autorità del conte.

[3] mansionatico, esazione fiscale connessa con il diritto signorile di ottenere ospitalità (o l'equivalente economico) dai dipendenti.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005