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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 4

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

4. Dalla civitas al distretto cittadino a Parma

L'area di fruizione urbana extracittadina che nel diploma precedente era possibile scorgere nei possessi dei cittadini posti al di fuori delle mura viene per così dire resa ufficialmente dipendente nei diplomi ottoniani indirizzati ai vescovi: in questo caso, nel 962 Ottone I concede al vescovo di Parma la pienezza dei diritti sulla città e per 3 miglia attorno a essa, inglobando sotto l'autorità cittadina un'ampia fascia territoriale i cui abitanti vengono sottomessi al vescovo. Si spezza definitivamente l'unità del comitato e si creano dei nuovi rapporti fra città e immediato circondario, favorendo un afflusso di popolazione da quest'area e un più intenso scambio fra l'interno e l'esterno delle mura.

Fonte: MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, I, doc. 239, pp. 333-34.


In nome della santa e individuale Trinità. Ottone per divina disposizione della Provvidenza imperatore augusto. Siccome crediamo di essere assurti al vertice imperiale per provvedere alle necessità di tutti e in particolare a quelle delle chiese di Dio, non dubitiamo che se a esse avremo provveduto molto gioverà alla stabilità del nostro impero e all'aumento di vita eterna. Poiché è nota a tutti i fedeli della santa chiesa e nostri, presenti e futuri, la solerzia con cui il vescovo della chiesa di Parma Uberto venendo alla nostra clemenza ha richiesto che, secondo il costume dei nostri predecessori, favorissimo la sua chiesa con l'aumento di quei diritti che sono sottoposti all'autorità regia e alla pubblica amministrazione e specialmente di quelli dal cui esercizio da parte dei funzionari pubblici del comitato la chiesa viene aggredita, in particolare [egli ha richiesto che] trasferissimo dal diritto pubblico al diritto della chiesa il controllo e il distretto sulle persone e cose tanto appartenenti all'intero clero dell'episcopato in qualsiasi luogo si trovino, quanto appartenenti agli uomini che abitano all'interno della città, affinché abbia il potere di deliberare, giudicare e intervenire sulle persone e le cose del suddetto clero quanto sugli uomini che abitano all'interno di tale città e sulle loro cose e servitù, come se fosse presente il nostro conte palatino.

Considerando e ritenendo utile per la dignità dell'impero e per ovviare a tutti i mali che spesso capitano fra i conti di un comitato e i vescovi della stessa chiesa, per rimuovere del tutto occasioni di lite e di divisione e affinché il vescovo stesso col clero a lui affidato possa vivere in tranquillità e dedicarsi senza alcuna inquietudine alla preghiera, tanto per la salvezza nostra quanto per la stabilità del regno e di tutti coloro che vi abitano, concediamo e doniamo, trasferiamo interamente dal nostro diritto e dominio al diritto e dominio suo, e a lui affidiamo le mura della stessa città, la giurisdizione, la regolamentazione del mercato e ogni pertinenza della pubblica amministrazione tanto all'interno della città quanto all'esterno per un raggio di 3 miglia, determinato e contraddistinto dai confini e dai termini dei territori dei villaggi e dei castelli esistenti, cioè a oriente Beneceto, Casello, Coloreto; a meridione Porporano, Alberi, Vigheffio; a occidente Vicofertile, Fraore, Eia; a settentrione Baganzola, Casale Parencani, Terebiano, con tutte le adiacenze e le pertinenze dei predetti luoghi, del tutto sottratti al controllo di altri, e insieme le vie regali, il decorso delle acque e ogni terra colta e incolta ivi adiacente e qualsiasi altra cosa di pubblica pertinenza.

Inoltre concediamo che tutti gli uomini che abitano all'interno della predetta città e dei predetti confini, ovunque abbiano possessi ereditati o acquistati, tanto nel comitato di Parma quanto nei comitati vicini, non siano costretti a corrispondere nessuna prestazione a nessuna persona del nostro regno, né a intervenire al placito [1] di nessuno fuorché a quello del vescovo di Parma allora esistente, ma abbia tale vescovo l'autorità pari a quella del nostro conte di palazzo nell'intervenire, deliberare, giudicare su tutto il patrimonio e i dipendenti tanto dell'intero clero della diocesi quanto di tutti gli uomini che abitano nella predetta città e di tutti coloro che risiedono in terra vescovile, livellari, precari o custodi di castelli, e dal nostro diritto e dominio nel suo diritto e dominio in modo tale abbiamo effettuato il trasferimento così che nessun marchese, conte, visconte o altro grande o piccolo personaggio del nostro regno da ora in avanti possa intromettersi nei predetti patrimoni e dipendenti né tenti di imporre alcuna prestazione.

Ad aumento anche dello stato del nostro impero, affinché la chiesa di Parma non si mostri bisognosa di alcun incremento, concediamo col nostro permesso al vescovo di tale luogo che abbia il potere di eleggere e ordinare notai che nel discutere le cause dell'episcopato, ovunque sarà opportuno, possano redigere documenti per il vescovo relativi a testamenti, senza nessun divieto da parte del conte e del suo organismo; come sono di tali uffici esecutori per il comitato, così anche per la diocesi siano considerati d'ora in avanti per nostro imperiale volere senza contraddizione e sia loro lecito vivere in pace. E se accadesse che non si potesse giungere a un accordo intorno a cause relative ai suddetti patrimoni e dipendenti senza ricorrere allo scontro, per questo nostro diploma concediamo al visdomino [2] del vescovo di essere nostro messo e di avere autorità di deliberare, definire e giudicare come il nostro conte palatino.

Se qualcuno violerà il nostro precetto, sappia che dovrà pagare 1.000 lire d'oro, metà alla nostra camera e metà al vescovo della stessa chiesa. Affinché più autentico sia creduto e con più diligenza osservato da tutti e inviolabilmente custodito, abbiamo ordinato di apporre di mano nostra il sigillo del nostro anello.

Sigillo di Ottone serenissimo augusto.

Io Liutgerio, cancelliere al posto di Brun arcivescovo e arcicancelliere, ho eseguito la ricognizione.

Dato il 3 marzo dell'anno dell'incarnazione del Signore 962, primo dell'impero del serenissimo augusto Ottone, quinta indizione, a Lucca, felicemente nel nome di Dio, amen.

[1] placito, assise giudiziaria normalmente presieduta dal conte.

[2] visdomino, funzionario vescovile preposto all'amministrazione del patrimonio della chiesa.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005