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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 5

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

5. I beni della collettività di Mantova

A Mantova non si ebbe una signoria vescovile come a Parma, perché la città restò a lungo sotto il controllo della potente dinastia dei Canossa. Nonostante ciò, la comunità cittadina nel corso dell'XI secolo manifesta di essere compatta e organizzata al punto di ottenere nel 1055 dall'imperatore l'immunità sui beni privati e su quelli di uso collettivo. Anche in questo caso l'area di interesse della città fuoriesce dalle mura e investe le due sponde del Mincio, benché non si verifichi un «distretto» come nelle città vescovili per il persistere della dominazione dei Canossa. Il termine «arimanni», che qui compare come sinonimo di «cittadini», sta a indicare la piena libertà personale degli abitanti di Mantova, non una particolare ascendenza etnica.

Fonte: MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, V, doc. 356, pp. 483-84.


In nome della santa e individuale Trinità. Enrico [III], per grazia di Dio augusto imperatore. Se accogliamo le giuste richieste dei nostri fedeli e li solleviamo dalle ingiuste calamità e dalle oppressioni violente secondo il dovere dell'imperiale eccellenza, speriamo di ottenere felicemente la ricompensa da Dio che premia tutti i buoni. Poiché è nota a tutti i fedeli della santa chiesa e nostri, tanto presenti che futuri, la solerzia con cui i cittadini di Mantova sono venuti alla nostra presenza a lamentarsi delle loro miserie e sofferenze quotidiane ed essendoci noi resi conto delle loro gravi necessità, abbiamo deciso e confermiamo, per intervento anche della nostra amatissima moglie Agnese, su richiesta del nostro carissimo figlio, re Enrico, e per nostra imperiale autorità, di abolire ogni esazione superflua e di estirpare ora innanzi dalle radici le violenze importune, e perciò stabiliamo che nessuna persona grande o piccola del regno presuma di molestare i cittadini ossia gli arimanni che abitano nella città di Mantova, nelle loro persone e nei loro servi o ancelle, nei liberi uomini che risiedono sulla loro terra, nell'arimannia e nei beni comuni che appartengono alla detta città, collocati sulle due sponde del Mincio, nei benefici, livelli, precarie, in ogni bene mobile o immobile, giustamente acquisito o che giustamente acquisiranno: nulla di tutto ciò venga tolto senza giudizio legale. Stabiliamo inoltre che sia consentito ai predetti cittadini di andare e tornare tranquillamente a tutti i mercati ovunque vogliano, sia per terra sia per acqua, senza pagare diritti di ripaggio né tasse di mercato a Ravenna, Argenta, Ferrara e Sommolago. Godano infine delle giuste e buone consuetudini che ogni città del nostro impero ottiene. Chiunque violerà tale concessione e conferma, paghi 100 lire di ottimo oro, metà alla nostra camera imperiale, metà ai predetti cittadini. E affinché l'autorità della nostra conferma rimanga stabile e sicura, abbiamo dato ordine che venga corroborata con l'impronta del nostro sigillo.

Segno del signore Enrico III re invitto dei Romani e augusto imperatore.

Gunterio cancelliere al posto di Erimanno arcicancelliere ho eseguito la ricognizione.

Dato il 3 novembre dell'anno d'incarnazione del Signore 1055, ottava indizione, ventisettesimo anno di regno di Enrico III, fatto a Guastalla nel nome di Dio felicemente.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005