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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > I, 6

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione I – La popolazione

6. L'area suburbana come riserva alimentare

Due testi, distanti fra loro più di un secolo, indicano con chiarezza la dipendenza vitale della città dall'area suburbana su cui esercita il controllo, sviluppatasi per consuetudine e per riconoscimento ufficiale.

Il primo è del cronista milanese Landolfo Seniore e riguarda Milano nella prima metà dell'XI secolo; il secondo è del cronista Raevino e si riferisce alle campagne militari del Barbarossa, nella seconda metà del XII secolo. In entrambi appare la città assediata e separata dalle sue fonti di sussistenza e in entrambi i casi si può cogliere la totale dipendenza urbana dall'area agricola circostante e ciò contribuisce a spiegare il costante interesse dei cittadini per ottenere con privilegi e riconoscimenti il completo controllo anche giurisdizionale su di essa.

Fonti: a/ La Cronaca milanese di Landolfo Seniore, trad. it. con note storiche di A. Visconti, Milano, Stucchi-Ceretti, 1928, p. 75; b/ OTTONIS EPISCOPI FRISINGENSIS ET RAHEWINI Gesta Frederici seu rectius Cronica, IV, 38, a cura di F. J. Schmale, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1965, p. 594.


a/

I Capitani dal canto loro, collocati attorno alla città degli avamposti, la circondavano, sorvegliandola giorno e notte, e alla distanza di un miglio; comportandosi non da cittadini, bensì da nemici; e a loro prestavan soccorso i Marziani (gli abitanti della Martesana) e i Sepriesi (gli abitanti del Seprio). Costrussero costoro sei borghi lungo il circuito della città e per tre anni, ogni giorno dandosi battaglia, innumeri persone caddero uccise. In quel tempo se, come suol avvenire in guerra, pigliavan vivo qualcuno, o lo uccidevano o lo cacciavano in un carcere tetro dove, tormentandolo con svariate pene, tutto quello che potevano ricavare o per sé o per i loro amici duramente strappavano. Dal canto suo il popolo, se per alcune circostanze di guerra o per qualche stratagemma e non disgiunto da valor personale, potevano prendere qualcuno degli ottimati, con la stessa pena con cui i capitani punivano i popolari, questi onoravano in cambio i magnati, aggravandola un pochettino.

E così da questi ed altri fatti irritati i nobili, non v'era momento in cui costoro e i Valvassori non tentassero di assalire la città; ma presso il muro posto avanti alle porte che le difendeva come una difesa naturale, resi prudenti dai mangani e dalle macchine di varia specie e temendo i cittadini diventati più pericolosi dei serpenti d'Etiopia, non osavano avanzare. In quel tempo se alcuni giovani soldati di parte popolare, – ormai diventati agguerritissimi, di forte animo e d'ira ferventissimi, non più rifiutantisi di morire né di uccidere –, si imbattevano negli avversari, o li assaltavano ferendoli come nemici, o, passando alla difensiva, riuscivano a ridursi in luoghi sicuri. Ma già la città, trascorso alquanto tempo, andava consumandosi per la fame che del ferro è ancor più dura; così che mancava del tutto di pane e di vino, tranne quel po' che gli aratori potevano mietere nell'interno della città e toltane quell'uva che si poteva raccogliere dopo diligente lavoro dei vignagnuoli. La carne e il pesce venivano introdotti di nascosto da uomini scarni e perciò leggeri in combattimento, forti d'animo e ardentissimi nella guerra. Se la città si fosse vista di dentro con le sue torri e i suoi palazzi deserti e già minaccianti rovina, dir l'avresti potuta Babilonia abbandonata, piuttosto che Milano, sede un tempo di nobili re. Molti cittadini essendo nascostamente fuggiti, le torri, le mura, le porte, gli antiporti e tutte le difese della città pertanto mirabilmente ornate d'un esercito di cittadini, erano custodite amorosamente e di giorno e di notte.

b/

Federico […] celebrò gloriosamente la sua curia presso Roncaglia e ivi raccolse un copioso numero di combattenti; poi con grande cura si appresta a vendicare le ingiurie e irrompe in Liguria con tutto l'esercito: incendia i campi, distrugge le vigne, fa razzie, danneggia tutti gli alberi da frutta ordinando di tagliarli o scortecciarli e devasta tutta la regione. Stabilisce poi di non porre l'assedio a una città prima che sia afflitta dalla mancanza dei mezzi di sostentamento: riteneva infatti che gli abitanti, costretti dalla penuria di vettovagliamento, avrebbero chiesto la resa, oppure se avessero continuato a difendersi con tenacia, alla fine li avrebbe avuti per fame a causa dell'assedio […]. Pertanto ordinò di controllare ogni commercio di frumento e di altri viveri, stabilendo una pena per i trasgressori della consegna e un premio per i venditori che avessero a lui consegnato le loro merci.

 

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005