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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > II, 29

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione II – Le funzioni

29. La sopravvivenza di diritti personali nell'economia cittadina

L'assunzione del controllo dei centri di produzione e di distribuzione da parte dei comune fu un processo lento, realizzato non senza contrasti con i detentori di diritti particolari di carattere economico risalenti all'età precedente. A Genova, come in molte altre città italiane, l'attività relativa alla macellazione del bestiame e alla vendita delle carni era tradizionalmente controllata dai discendenti di antichi funzionari pubblici (i Visconti) che avevano esercitato su essa in origine un mandato ufficiale. Alla metà del XII secolo il comune giunse a un compromesso con loro.

Fonte: IMPERIALE DI SANT'ANGELO (a cura di), Codice diplomatico della Repubblica di Genova cit., doc. 232, pp. 282-83.


Nella chiesa di S. Lorenzo, in pieno parlamento. I consoli Besaza, Tanclero, Ansaldo Spinola, Robaldo Alberico stabilirono e confermarono che i Visconti e i loro consorti, senza contraddizione da parte dei consoli e dei popolo di Genova e di qualunque persona, abbiano e posseggano per sempre 52 banchi di macellatori che sono situati nei macelli pubblici.

Giudicarono che la terra in cui i macelli sono costruiti, così come è definita dal muro e dai confini, in ogni tempo rimanga secondo la consuetudine, l'uso e l'esercizio di coloro che posseggono detti macelli. Se per caso accadesse che qualche persona in tali luoghi avesse qualche diritto giurisdizionale, in nessun modo lo possa esercitare in tali luoghi, né in nessuna occasione a pregiudizio dei Visconti e dei loro consorti, ma il comune sia tenuto a risponderne loro e a farvi ammenda, in modo che i macelli rimangano intatti.

Tale lodo fu pronunciato infatti perché per decisione e per volontà dei consiglieri comunali e dei padroni dei macelli fu stabilito di trasferire i macelli, specialmente perché i consoli, a norma degli Emendamenti dei Brevi, erano tenuti ad abbattere i macelli vecchi e ad attribuirne l'area al comune di Genova, con l'obbligo di non vender né obbligare verso nessuno, nessun edificio che in futuro vi fosse sorto.

Ugualmente fu decretato che non era lecito a nessuno tagliare la carne e venderla altrove, da piazza S. Tommaso fino a piazza S. Stefano, se non occasionalmente alla festa di Ognissanti o di S. Martino, eccetto che a quei macellai o ai loro messi che erano stati costituiti per volontà dei Visconti e dei loro consorti. A tali macellai è lecito infatti, senza disturbo dell'ordine pubblico, tagliare la carne e venderla per pubblica utilità anche altrove che nei predetti macelli, secondo l'ordine dei padroni dei macelli.

Infine giudicarono che i Visconti e i consorti avessero fra loro stessi l'uso e la locazione e gli altri diritti dei macelli e dei banchi di vendita, come erano soliti avere in passato, nonostante il fatto che i luoghi in cui sorgevano fossero stati trasferiti, salvo i diritti e le ragioni dei marchesi contro i Visconti e i loro consorti, nel medesimo modo in cui li avrebbero se i macelli non fossero stati rimossi e trasferiti. Anche gli incaricati dei padroni dei macelli potranno consegnare la carne ai rivenditori nei giorni m cui la rivendita delle carni è loro concessa.

1152, aprile, undicesima indizione.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005