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Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


III – La morfologia

1. Le strade della città medievale

Leon Battista Alberti, letterato e architetto, morto a Roma nel 1472, rappresenta il primo sforzo sistematico di «pensare l'urbanistica» nel clima rinnovato dell'Umanesimo, un'urbanistica che è ancora in gran parte medievale per la sopravvivenza del piano e degli elementi compositivi della città di età precedente. Nel suo trattato De re aedificatoria, che è del 1450, Alberti infatti, pur teorizzando sul modo di costruire la città futura, descrive in realtà, come nel caso qui riportato, ciò che della città medievale appare ai suoi occhi.

Fonte: L. B. ALBERTI, L'architettura (De re aedificatoria), testo e trad. it. a cura di G. Orlandi, Milano, Il Polifilo, 1966, I, libro IV, pp. 302-9.


II criterio da usarsi nel situare le porte deve tener conto del numero delle strade militari: vi sono infatti strade militari e strade non militari. Non starò qui a esporre le distinzioni dei giuristi, secondo cui il sentiero riservato agli animali si dice actus, quello per gli uomini iter, e il termine via li comprende ambedue.

Sono strade militari quelle che permettono di passare attraverso le province con l'esercito e le relative salmerie. Quindi tali strade devono essere assai più ampie di quelle non militari. Ho notato in proposito che gli antichi non le facevano mai meno larghe di otto cubiti. Le Dodici Tavole dispongono che le strade siano larghe dodici piedi nei tratti in linea retta, e sedici piedi nelle curve. Non militari sono quelle che, dipartendosi dalle militari, conducono a qualche agglomerato di case o verso una città, oppure raccordano a un'altra strada militare. Tali sono i sentieri per il bestiame (actus) in mezzo ai campi, e le viuzze cittadine. V'è poi un genere di strade che hanno le caratteristiche della piazza; come quelle riservate ad usi speciali, soprattutto pubblici: così le strade che portano a un tempio, alla pista delle corse, a una basilica.

Le strade militari non devono essere costruite nella stesso modo attraverso i campi e attraverso le città. Fuori di queste ultime, si osservino le regole seguenti: la strada dev'essere spaziosa e con una vista completa del paesaggio circostante; priva affatto degli ostacoli derivanti da inondazioni a frane; tale da non offrire ai briganti alcun nascondiglio o luogo adatto a tendere agguati, o in certi punti occasione di saccheggi e ruberie; infine, dev'essere la più diretta e breve possibile. E sarà la più breve non tanto quella più diritta in senso geometrico, come dicono alcuni, quanto quella più sicura; sarà preferibile una strada un po' più lunga a un'altra più disagevole. […]

Quando si giunge in una città, se questa è famosa e potente esigerà strade diritte e molto ampie, confacenti al suo decoro e alla sua dignità. Se invece è una colonia o una semplice piazzaforte, le vie di ingresso più sicure non sono quelle che conducono diritto alla porta, bensì quelle che svoltano a destra o a sinistra lungo le mura, meglio ancora se passando proprio sotto la merlature e all'interno della città non dovran passare in linea retta, ma piegare con ampie curve, come anse di fiume, più volte da una parte e dall'altra. Ciò perché, in primo luogo, apparendo più lunga la strada, si avrà l'impressione che la città sia più grande; inoltre perché il fatto è di grande giovamento sia alla bellezza sia alla pratica convenienza, sia alle necessità di determinati momenti. È infatti cosa di non poco conto che chi vi cammini venga scoprendo a mano a mano, quasi ad ogni passo, nuove prospettive di edifici; che l'ingresso e la facciata d'ogni abitazione si affaccino direttamente in mezzo alla strada; e che la stessa ampiezza sia qui giovevole, mentre altrove un eccessivo allargamento riesce spiacevole e malsano.

Scrive Tacito che, quando Nerone allargò le vie a Roma, la città divenne più calda e perciò stesso meno salubre. In altre città l'aria è più cruda dove le vie sono più strette; ciò non avviene a Roma, dove anche d'inverno le vie sono illuminate permanentemente dal sole.

Inoltre la strada a curve sarà sempre ombreggiata, anche d'estate; e d'altra parte non vi sarà casa ove non giunga la luce del giorno. Mai vi mancheranno brezze, le quali, da qualunque parte vengano, troveranno sempre un passaggio diretto e agevole. Né vi sarà pericolo di venti nocivi, che verrebbero subito respinti dai muri frapposti. Infine, se vi penetrasse il nemico, si troverebbe in gravi difficoltà, potendo essere colpito di fronte, di fianco e da tergo.

Con ciò sulle vie militari faremo punto. Le altre strade si faranno a somiglianza delle precedenti, se si eccettua il fatto che, costruendole in linea retta, meglio si adatteranno alle angolazioni dei muri e alle parti degli edifici. Mi risulta tuttavia che agli antichi pareva bene costruire all'interno della città alcune strade assai tortuose ed altre prive di sbocco, dove il nemico una volta entrato si trovi incerto ed esitante, o se trova il di proseguire, ben presto sia condotto in pericolo mortale.

Sarà bene che vi siano anche vie più strette, non però troppo prolungate, bensì tali da esaurirsi alla prima trasversale che incontrano, ed aventi lo scopo non tanto di passaggi pubblici aperti al traffico, ma piuttosto di dar modo di raggiungere una casa situata di fronte. Ciò contribuirà a migliorare l'illuminazione delle case, e impedirà al nemico di scorrere a suo piacimento la città. Curzio Rufo dà notizia che a Babilonia le case erano raggruppate in quartieri sparsi entro le mura senza continuità. Platone invece preferiva che fossero collegati non solo i quartieri, sì anche i muri delle diverse case, considerando tale unione come un muro in difesa della città.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005