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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > III, 22

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


III – La morfologia

22. La torre come tipo di edilizia privata soggetto al controllo pubblico

La città italiana, per la sua stessa composizione sociale, è caratterizzata dall'esistenza di torri, case-forti, palazzi gentilizi che sorgono all'interno del tessuto urbano, come simbolo e insieme strumento del potere dei clan familiari in lotta fra loro. Se dal punto di vista sociale spesso ben poco le istituzioni cittadine possono contro l'endemica violenza dei potenti, dal punto di vista urbanistico cercano di porre dei limiti, fin dall'XI secolo, alla concorrenza tra le famiglie che si traduce anche in una corsa all'elevazione delle torri. Il «lodo delle torri» del vescovo pisano Daiberto degli anni 1088-92 è uno dei più antichi esempi di regolamentazione urbana delle torri e stabilisce a circa 21 metri l'altezza massima.

Fonte: F. BONAINI, Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, I, Firenze, 1854, pp. 16-17 (parziale).


Nel nome del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. Io Daiberto, sebbene indegno, tuttavia per divina provvidenza vescovo di Pisa, insieme con i miei compagni, uomini coraggiosi e saggi, Pietro visconte, Rolando e Stefano Guinezone, Mariano e Alberto, considerando l'antico male della città di Pisa [rappresentato] dalla superbia, a causa della quale quotidianamente avvengono innumerevoli omicidi, spergiuri, matrimoni incestuosi fra consanguinei, specialmente in occasione di distruzioni di case e di altri numerosi mali, [io Daiberto] col consenso degli uomini sopra indicati giudico e impongo con fermezza a tutti gli abitanti di Pisa, dei Borghi e di Cinzica, in nome del giuramento da loro prestato, che nessuno da oggi in poi presuma di costruire o in qualche modo far riparare la propria abitazione in maniera che superi in altezza la torre di Stefano, figlio di Baldovino, e di Lamberto – per quelli di Cinzica la torre di Guinizone figlio di Gontolino –, sulla terra che è sua o che tiene come sua, eccetto se colui che vorrà agire al contrario possa dimostrare legalmente che sia sua e non di colui che la tiene, ed eccetto all'inizio e alla fine del ponte. E in terra ecclesiastica nessuno presuma di edificare casa oltre la misura sopradetta per conto di colui al quale legalmente appartiene.

E se vi fosse discordia sulla misura delle torri a causa del sito nel quale sorgono, nel caso in cui qualche luogo fosse posto più in alto che un altro, allora si pareggi la sommità secondo una data quota e nessuno oltre la predetta quota costruisca in legno o in muratura e se qualcuno volesse edificare al di sopra di essa voi dovete proibirlo con fermezza. E nessuno si appropri della casa di un altro contro la volontà del proprietario, o la distrugga o la danneggi volontariamente in qualche modo, se non per unanime decisione della città o della maggioranza dei maggiorenti e dei più saggi, né ciò sia consentito a nessuna altra persona. […]

Nessuno all'interno della casa o intorno a essa o sulla propria terra costruisca bertesche, belfredi o altri aggetti di legno che possano servire a combattere, a meno che non lo faccia la città stessa per il bene comune. Quelli che ne posseggono li distruggano e chi non vuole ottemperare sia perseguibile. Se qualcuno tiene in casa materiale ligneo per costruire bertesche se ne liberi entro otto giorni, se adesso si trova a Pisa, se invece è assente lo faccia non appena rientra in città. Dalla propria casa o con scale o con passerelle o in altro modo, o dalla casa di un altro con scale, passerelle o in altro modo nessuno lanci volontariamente pietre o altri proiettili che possano nuocere contro le case altrui o contro qualche persona intenzionalmente o consenta che venga lanciato dalla sua casa. […]

Se qualcuno riceverà da un altro il giuramento di non elevare la propria casa oltre le 36 braccia, più o meno, senza la sua autorizzazione, giudichiamo che debba essere prosciolto dal giuramento. […]

Coloro i quali posseggono torri più alte della predetta misura le facciano abbassare entro un mese secondo la misura che abbiamo stabilito, se mancano da Pisa lo facciano entro un mese dal loro rientro. Se non vogliono farlo, nessuno si senta obbligato a rispettare nei loro confronti questo compromesso.

Facciamo eccezione per la torre di Ugo visconte e per la torre dei figli di Albisone e giudichiamo che nessuno in seguito oltre la misura stabilita possa salire così da nuocere a coloro che hanno accettato questo compromesso. Se succedesse diversamente, se cioè qualcuno recasse offesa ad altri, a eccezione di quelli che abbiamo esentato, allora vogliamo che il popolo sia prosciolto dal compromesso nei confronti dell'offensore e aiuti l'offeso, qualora questi si lamentasse presso il consiglio della città.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005