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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > IV, 16

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione IV – La struttura politico-sociale

16. Il «Breve della Compagna» del comune di Genova

L'instaurarsi del regime consolare nelle città italiane implica una nuova realtà politica, anche se prosegue e porta a compimento quella naturale tendenza del ceto superiore ad affiancare il vescovo nella gestione della cosa pubblica. La presenza stessa di una magistratura permanente eletta dai cittadini rappresenta una conquista definitiva dell'autodeterminazione politica in senso istituzionale: tramite i consoli tutta la cittadinanza detentrice di beni fondiari partecipa al comune, impegnandosi in un giuramento di mutuo soccorso e di obbedienza. A Genova, dove il comune, sorto fra XI e XII secolo, assume il nome di «Compagna», tale giuramento veniva ripetuto ogni quattro anni e conteneva di fatto lo statuto originario del comune, definito «Breve». Il «Breve» che qui si pubblica è del 1157.

Fonte: C. IMPERIALE DI SANT’ANGELO (a cura di), Codice diplomatico della Repubblica di Genova, Roma, 1936 (FSI, 77), I, pp. 350-59 (parziale).


Nel nome della santa e individuale Trinità e della concordia eterna. Dalla prossima festa della Purificazione di Maria [2 febbraio] io giuro a onore di Dio la Compagna per quattro anni.

Nel presente anno avrò quattro consoli per il comune e otto per i placiti che saranno pubblicamente eletti nel parlamento e giureranno il consolato. Trascorso questo anno avrò altri consoli, come la maggioranza dei consoli del comune e dei placiti e la maggioranza dei consiglieri che partecipano al consiglio avrà stabilito di comune accordo per quanto riguarda il numero, la durata e le modalità della loro elezione.

Qualsiasi cosa avranno stabilito e decretato i consoli eletti, secondo quanto è stabilito nei loro Brevi, sull'onore di Dio e della chiesa di Genova e delle altre chiese della città e della diocesi, e sulle lamentele davanti a loro presentate, osserverò ed eseguirò da porto Venere a porto Monaco, da Voltabbio a Montalto e a Savignano fino al mare e anche oltre, [mettendo a disposizione] case, torri, persone, figli e servi senza inganno e senza cattive intenzioni. E se avrò saputo che qualcuno dei consoli di Genova, per onore di Dio e dell'arcivescovato di Genova, o della chiesa o della città, o per giustizia o per punizione, reputi secondo il suo arbitrio di fare guerra, lo aiuterò in buona fede e senza cattive intenzioni fino alla conclusione della guerra. Come sentirò la campana che suona per il parlamento o il banditore che raduna il popolo per la città, se sarò in borgo, o nel castello o al porto e fino al ponte di S. Tommaso e da quel ponte fino a Terricio e di lì fino al Castelletto e dal Castelletto fino al fossato del rio Torbido e da quel fossato fino al mare di Sarzana, andrò a quel parlamento a sentire le decisioni dei consoli, a meno che non venga autorizzato a rimanere dai consoli che hanno fatto radunare il parlamento, eccetto che per impedimento di Dio, o per pericolo di morte o di cattura, o per malattia o per ferite. […]

Se qualcuno sarà stato chiamato dai consoli per due o tre volte a prestare il giuramento della Compagna in forma pubblica e in modo speciale e diretto e non avrà obbedito a tale ingiunzione entro quaranta giorni, non porterò consapevolmente il suo denaro per commerciare per mare in nessun modo, né navigherò insieme con lui oltre porto Venere o porto Monaco, se non per ordine del comune di Genova. […]

Non farò società commerciale con nessuno che abiti fuori dai confini e in nessun modo acquisterò fraudolentemente né cambierò merci da qualche estraneo. […]

Non condurrò mercanti estranei per mare né le loro merci in concorrenza alle nostre dall'Arno a Genova, a meno che non siano Pisani. […]

Sugli affari che sono di pertinenza dei consoli del comune mi atterrò alle loro decisioni; su ciò che riguarda i consoli dei placiti starò alle loro sentenze come è stabilito nel Breve del loro consolato; quando parteciperò all'esercito sarò tenuto al giuramento della Compagna nei confronti dei consoli che guidano l'esercito allo stesso modo in cui sono tenuto nella città di Genova. […]

Tutto ciò che è scritto sopra osserverò e farò in modo di eseguire in buona fede e senza cattive intenzioni secondo le decisioni dei consoli, salvo il nostro uso, se non quanto non potrò fare per giusto impedimento.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005