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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > IV, 35

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione IV – La struttura politico-sociale

35. Il ricorso agli istituti feudali

Oltre alla conquista armata e all'acquisto per denaro, i comuni italiani conoscono un terzo modo per incrementare il proprio territorio ed estendere il controllo sui castelli e i villaggi dei signori locali: il ricorso al cosiddetto «feudo oblato». Nel caso qui riportato un signore locale dona in allodio al comune di Asti l'insieme dei propri diritti e il comune da parte sua restituisce al signore ciò che ha donato a titolo di beneficio feudale, trattenendosene la proprietà e impegnando il nuovo vassallo agli obblighi di fedeltà militare nei confronti del comune; il signore-vassallo, da parte sua, continua in questo modo a esercitare i diritti di signoria su ciò che ha donato, ma riconosce la superiore autorità feudale del comune al quale deve fedeltà e aiuto.

Fonte: SELLA (a cura di), Codex Astensis cit., II, docc. 134-35, pp. 179-80.


a/

Nel nome del Signor nostro Gesù Cristo. A onore di Dio e della beata sempre Vergine Maria e del beato Secondo martire di Cristo e di tutti i suoi santi e sante e a servizio di Federico imperatore augusto dei Romani e di suo figlio re Enrico e per l'utilità e il benessere della città di Asti e di tutti gli uomini che la abitano e di tutti i loro amici.

Il signore Ansaldo di Canelli e suo figlio Alberto fecero dono nelle mani dei consoli astensi – i consoli del comune Opizzone de Vivario, Rolando Bergognino, Rolando Berardengo, Guglielmo Calvo e Ottone Vola, i consoli di giustizia Pietro di S. Giovanni, Uberto de Platea e Rolando Crivello, a luogo e in nome del comune di Asti – di tutto ciò che tengono, hanno e possiedono giustamente e ingiustamente e di quanto acquisteranno in avvenire in Mombercelli, in Malamorte e in Vigliano, nei loro castelli e villaggi, nei territori, nelle pertinenze e nelle corti dei detti luoghi, sulle cappelle, sui vassalli, sui contadini e sugli altri uomini infeudati e non infeudati, con ogni potere e distretto, nelle terre coltivate e incolte, nei prati e nelle vigne, nelle sodaglie e nei boschi, nelle selve, sui forni e sui mulini, sui diritti di pascolo, di acque, di pesca e di caccia, sui dirupi, sugli affitti, sui redditi e su tutte le consuetudini e sulle cose che hanno e hanno acquistato e che in seguito acquisiranno nei luoghi predetti e nei loro territori.

[Fanno donazione] in modo tale che i predetti consoli di Asti e i loro successori a nome del comune di Asti facciano del predetto dono d'ora in avanti con diritto di piena proprietà qualunque cosa vogliano senza nessuna opposizione da parte di Ansaldo e di suo figlio Alberto e dei loro eredi.

Poi i predetti Ansaldo di Canelli e suo figlio Alberto promisero ai consoli stipulanti e ai loro successori a nome del comune di Asti di difendere contro tutti il predetto dono sotto pena del doppio valutato come nel tempo sarà migliorato o varrà.

Fatto nella città di Asti nella pubblica assemblea dai soprascritti consoli nel cimitero di S. Secondo del mercato felicemente, 1189, settima indizione, 26 novembre, domenica. Furono presenti come testimoni richiesti Biamondo di Platea, Gandolfo de Porta, Enrico Soldano, Mandrogio, Ottolino Siccardi, Manfredo de Platea, Obertino Culorio, Girbaldo di Porta, Berardo Coglianda, Oberto Crivello, Alfero Alfieri, Manfredo Cavazzone e molti altri.

Io Tommaso notaio palatino fui presente e scrissi il documento di questa donazione.

b/

In nome di Cristo Amen. L'anno suo 1189, settima indizione, domenica 26 novembre nella città di Asti, nel pubblico parlamento tenuto nel cimitero di S. Secondo del mercato alla presenza del popolo di Asti che concedeva e confermava. I consoli del comune e di giustizia […] in nome del comune investirono Alberto figlio di Ansaldo di Canelli in feudo trasmissibile ai maschi e alle femmine di tutto quanto il dono che suo padre Ansaldo ha fatto al comune di Asti in Mombercelli, Malamorte e Vigliano, così come è contenuto nello strumento di donazione, in modo che lo stesso Alberto e i suoi eredi tanto maschi quanto femmine facciano d'ora in avanti qualunque cosa vogliano fare a titolo di feudo diretto senza opposizione dei predetti consoli e dei loro successori. [Concessero] che inoltre il detto Alberto possa trasmettere il predetto feudo, come sopra è detto, ai figli dei fratelli e delle sorelle e ai figli del figlio di suo fratello e al figlio di Enrico di Mombercelli, salvo il comune di Asti, e quelli facciano fedeltà al comune di Asti come fa il vassallo al suo signore.

E il predetto Alberto, ricevuta la predetta investitura del feudo, giurò fedeltà al comune di Asti nelle mani dei predetti consoli come fa il vassallo al suo signore e in tale fedeltà prestata su richiesta di suo padre Ansaldo giurò sopra i Vangeli di Dio di non impedire l'ingresso ai consoli per fare pace e guerra con chiunque vorranno nei luoghi di Mombercelli, Malamorte e Vigliano, tanto nei castelli che nei villaggi da oggi per il futuro. Così infatti convennero fra loro.

Furono presenti i testimoni […].

Io Tommaso notaio palatino fui presente e così scrissi su richiesta dei predetti consoli.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005