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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > IV, 38

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione IV – La struttura politico-sociale

38. L'amministrazione della giustizia in un manuale podestarile

Determinata un'area territoriale sulla quale manifesta la propria influenza, compito primario del comune è quello di esercitare su di essa e nella città la giurisdizione, cioè l'amministrazione della giustizia. Alle origini questa mansione era svolta dai consoli, insieme con il resto del governo della città; poi all'interno del collegio consolare si specializzò un gruppo distinto di magistrati, i consoli di giustizia o dei placiti; infine, con l'avvento del regime podestarile, la responsabilità dell'amministrazione della giustizia pervenne al podestà, adiuvato dal suo giudice. Proprio al podestà si rivolgono i manuali di buon governo compilati nel corso del Duecento e alle sue funzioni di giudice sono dedicate queste pagine, tratte da una volgarizzazione del noto Oculus pastoralis.

Fonte: Volgarizzamento dell'«Oculus pastoralis», in D. FRANCESCHI, L' «Oculus pastoralis» e la sua fortuna, in «Atti dell'Accademia delle scienze di Torino», XCIX, 1964-65, pp. 259-60.


[5. De observantia iudicii et ordine iudiciorum].


Lo podestà, ch'è giudicatore, si conviene a tutti dare benivola udienza e tutte le cose cercare con piena inquisizione, acciò che della faccenda delle parti sia pienamente illuminato, però che alle quistioni per le pruove delle genti si manifestano. E non deba il giudice in prima contastare agli liticatori per sentenzia che si de' dare, se non quando sieno conpiute tutte le cose e che nella quistione non sia rimaso nulla da proporre d'alcuna delle parti, nulla d'albitrio o di dimestica volontade seguitando. Anzi tutto giudichi secondo leggi e come vuole ragione e pronu[n]zi sua sentenzia. E se ti mostri agevole nell'andare, non sofferire esser dispregiato e non ne avere troppa dimestichezza con veruno né in troppa estollenza né in altezza non monti, ma sicuramente vada per lo mezzo della via.


[6. De bampnis super maleficiis vel quasi].


Ànno recato in loro usanza le genti, ciascuno nelle sue contrade e terre, ordinare [gli statuti] per gli loro rettori e per altre persone spezialmente, nelle più lievi colpe e ne' gravi malifici, e spesse volte fargli bandire, aciò che l'audacia degli reprobi uomeni si ristringa e per tormento si spaventi. E deono guardare, chi fa gli statuti, che niuna cosa più dura o più lieve si metta nello statuto, che richiega la natura della cosa; e •lle più lievi cose non sieno troppo lievi e •lle più gravi non sieno più feroci che ragione dimandi e senpre sieno gli giudicj benigni alle genti. E quelli ordinamenti delle pene pienamente dei osservare, però che contengono giustizia molto discreta. Però la natura è oggi molto […] fragile e però umilmente si deve avere misericordia, ma fa che la sua pena sia asenpio a tutta gente.


[7. De premonendis officialibus].


Prima che il podestà segga a banco per rendere ragione, raguni tutti li suoi uficiali in sagreto luogo e amuniscagli tutti che ne' loro ufici sieno continovi, studiosi e solliciti, avendo senpre a mente il detto del salmo, che dice: «Giustamente giudicate voi che giudicate la terra», e con benignitade odi ogni persona. E guardinsi da tutte rivenderie e baratterie; per veruno pregio né per veruno merito si corronpano; né per grazia né per veruna altra cosa non rimanga che non giudichino e sentenzino secondo vuole ragione. E non si volgano né da diritto né da sinistro e così giudichino il grande, come il piccolo, acciò vivano sanza riplensione e virilmente facendo loro uficio.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005