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Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione VI – Momenti di vita familiare borghese

Introduzione

Già si è avuto modo di constatare le polivalenze contrastanti del comportamento della borghesia in campo politico, religioso e culturale.

Nella visione della struttura della famiglia fu invece costante un atteggiamento conservatore. Il senso esasperato della compattezza dell'unità familiare, della supremazia assoluta del pater familias, della indivisibilità della «masserizia» fu un tratto caratteristico del ceto borghese (anche se non di rado i doveri familiari, nella vita privata, venivano obliterati).

Questi ideali normativi trovano vasta eco negli scritti dei trattatisti e memorialisti borghesi dei secoli XIV e XV, cosicché quel fiorentino Benedetto Dei, che nel secolo XV si vantava di esser vissuto «senza donna e senza figli» pare davvero uno scettico egoista, avulso dal contesto sociale del suo tempo.

Leon Battista Alberti, che certamente occupa un posto di rilievo nella vasta trattatistica borghese sui problemi della famiglia, esprime l'esigenza che tutti i membri di uno stesso ceppo rimangano uniti, continuino a convivere sotto lo stesso tetto, attorno allo stesso focolare, «ad un pane e ad un vino», secondo la vecchia espressione medievale. Così nello stesso secolo XV Alessandra Macinghi Strozzi, uno dei rari esempi di donna letterata fiorentina, nel suo testamento «vietò espressamente e non volle che la sua casa di Firenze sopradetta colle sue appartinenze tutte potessi in alcun modo in perpetuo vendere, alienare o a lungo tempo che passi anni cinque allogare; eziandio se facessi per più allogagioni, perché volle la detta casa sempre e per tutti i tempi in perpetuo essere nella sua famiglia per abitazione e ricettacolo de' suoi figli e discendenti per linea masculina e di sesso masculino» [1].

L'adesione del borghese a questi ideali familiari di tipo tradizionale non era tuttavia dettata da un gretto conservatorismo o dal semplice desiderio di voler modellare la propria vita su quella dei ceti nobili. Nell'unità della famiglia il borghese vedeva la migliore garanzia per la difesa e per la continuità e lo sviluppo della propria azienda, dei propri affari. La compattezza di tutti i membri della famiglia in un'unica linea di azione di fronte ai problemi politici della città permetteva alla famiglia stessa, ed al suo capo, di esercitare un maggior peso nella vita pubblica, di condizionare maggiormente le scelte politiche delle magistrature cittadine e quindi di garantire in tal modo l'adozione di leggi e provvedimenti che meglio potessero assicurare lo sviluppo dei propri affari.

Per questo motivo il borghese medievale venne ad accettare l'intromissione più o meno velata degli ordinamenti pubblici anche nell'organizzazione e nella conduzione della vita familiare, specialmente per quanto riguardava le leggi suntuarie (cfr. lettura 15) e la posizione giuridica di ogni membro nell'interno del nucleo familiare.

Le letture di questa sezione tentano di far seguire attimo per attimo tutto il complesso dinamismo della vita familiare, osservato con minuzia, nei minimi dettagli, dal momento del concepimento di una nuova creatura sino al momento del funerale. L'impressione che se ne può trarre è che tutto, ogni attimo di vita, era diretto per creare quell'ordine domestico perfetto, equilibrato, che già abbiamo visto essere uno degli ideali etici del momento.


Nota bibliografica su momenti di vita familiare borghese

G. FASOLI, «La vita quotidiana nel Medio Evo italiano», in Nuove questioni di storia medievale, Milano, Marzorati, 1964; F. COGNASSO, «L'Italia nel Rinascimento», in Società e costume, Torino, Utet, 1965; A. VISCARDI – G. BARNI, «L'Italia nell'età del comune», in Società e costume, Torino, Utet, 1966; E. POWER, Vita nel Medioevo, Torino, Einaudi, 1966; R. ROMANO, «I libri della famiglia di Leon Battista Alberti», in Tra due crisi: l'Italia del Rinascimento, Torino, Einaudi, 1971, pp. 137-68.

[1] A. MACINGHI STROZZI, Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo 15° ai figliuoli esuli, Firenze, Sansoni, 1887, p. 318.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05