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La predicazione nell'età comunale

di Carlo Delcorno

© 1974-2005 – Carlo Delcorno


10. I sermonari domenicani

Secondo un uso inaugurato nelle Università, i sermoni venivano raccolti da uditori, spesso gli allievi stessi dello Studium dove il predicatore insegnava e predicava. A volte, servendosi dei suoi appunti o utilizzando le reportationes degli ascoltatori, il predicatore raccoglieva i suoi discorsi in una sorta di manuale, un sermonario, che forniva per ogni occasione liturgica un modello facilmente usufruibile dai discepoli o dai confratelli meno dotati. Gran parte della predicazione domenicana del XIII secolo, anche quando ebbe un piglio popolare, ci è giunta in questa forma rimaneggiata. Tra i più antichi e venerandi sermonari è quello di Giacomo di Benevento, definito «excellentissimus predicator» da Gerardo de Frachet nelle Vitae Fratrum, fonte importantissima della storia domenicana. Giacomo compare più volte in documenti dal 1255 al 1271: il suo De Tempore, che raccoglie una serie di sermoni dall'Avvento alla fine dell'anno liturgico, e i Sermones de Sanctis, dedicati al ciclo santorale, sono due classici manuali diffusi in un gran numero di codici (v. TESTO N. 17). Anche il Tractatus de Antichristo et de iudicio, di cui esistono varie redazioni, è costruito con materiali derivati da un ciclo di predicazione; e il Viridarium consolationis, noto agli italianisti soprattutto per un volgarizzamento falsamente attribuito a Bono Giamboni, si presenta come un ricco florilegio di citazioni sacre e profane, utilissime al predicatore.

Anche Jacopo da Varazze, vescovo di Genova (1286), famoso soprattutto per la citata Legenda Aurea, scrisse a istanza dei suoi confratelli una serie di sermonari (Sermones dominicales, quadragesimales, mariales) che furono copiati e più tardi stampati per molte generazioni. Non meno famosa fu la Postilla Parmensis di Antonio Azaro di Parma, entrato nell'ordine domenicano nel 1259-1260. Postilla è il nome assunto nel Duecento dal commentario biblico, prima noto come Glossa: i sermonari dell'Azaro, che vengono addirittura ordinati secondo la liturgia romana onde assicurarne una maggiore diffusione fuori dagli àmbiti domenicani [1], prendono il titolo di postilla proprio per la ricchezza dei materiali esegetici nuovi messi a disposizione dei lettori. A differenza dell'Azaro, che mantiene un certo gusto per l'esposizione letterale del testo scritturale, il suo confratello Giovanni da San Gemignano nei suoi cicli omiletici (Sermones dominicales, pro adventu, Quadragesimale, Sermones de sanctis, de mortuis) darà il modello di una predicazione fatta di generiche e scontate moralitates. Nato tra il 1260 e il 1270, lettore ad Arezzo (1299) e a Santa Maria sopra Minerva (1305), priore del convento di Siena (dove istituì uno Studium), e fondatore del convento domenicano di San Gimignano (1329), Giovanni ebbe una grande esperienza del pulpito e della scuola: «un autentico mestierante del pulpito», lo definì forse troppo severamente il Davidsohn.

[1] I domenicani avevano una loro liturgia, fissata da Umberto di Romans nel 1256.

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UpUltimo aggiornamento: 02/07/2005