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Bisanzio. Società e stato

di Jadran Ferluga

© 1974 – Jadran Ferluga


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3. Eraclio: l'imperatore del rinnovamento

La crisi del periodo tardo-romano aveva raggiunto ai primi del VII secolo il suo culmine. Con Eraclio (610-641) s'iniziò una epoca nuova. Giorgio di Pisida (vedi Bibliografia, traduzione di A. PERTUSI, pp. 98-102) mostra quanto profonda fosse stata la crisi, quali i meriti dell'imperatore per uscirne e inoltre la sua concezione del potere imperiale.


Ma se io volessi esporre i vari pensieri e le diverse preoccupazioni che tu affrontasti con entusiasmo per noi tutti, sarò accusato di aver deluso una duplice speranza: di non aver descritto a sufficienza nel mio poema queste tue cure e di non dire, proseguendo, le cose più importanti.

Tu, in persona, decidesti la condotta delle operazioni, seguendo la via della abilità tattica. Tu stesso ti preoccupasti della mensa [sacra], dei viveri e delle bevande, oltre ad apprestare le armi d'offesa e di difesa. Ogni tuo discorso, semplice nella stesura, si proponeva un fine pratico e costituiva una norma e una regola per ogni decisione. Avevi trovato un esercito da tempo neghittoso… [i soldati] indisciplinati, trascurati; eppure tu, in brevissimo tempo riuscisti con la [tua] parola e con l'esempio a riorganizzarli, dando loro prescrizioni, chiarificazioni, indicazioni, facendo delle esemplificazioni con dei disegni, come un maestro che spiega l'abc del combattimento.

O mente vastissima, pari all'Oceano, che la terra abbracci e il tutto comprendi, che tutti disseti e non sei mai esausto! Volentieri io tralascio [di dire] quante ondate di preoccupazioni, le une sulle altre, tu affrontasti in breve tempo, agendo, dandoti cura, approntando, emanando ordinanze, affinché il grosso dell'esercito, dislocato in molte regioni del territorio, potesse esser riorganizzato – e grande era il timore che il barbaro potesse far a pezzi, prima del tempo, i reparti ancora divisi del tuo esercito, piombando in mezzo ad essi, e come tu frequentemente sostenesti con più salde opinioni le tue continue decisioni, quando esse non raggiungevano lo scopo che si erano prefisso: poiché tu stesso, o monarca, prendendole di persona, cercavi di tenerle nascoste, affinché non pesasse su tutti la responsabilità.

Ciò non ostante [i reparti] si concentrarono: come da un monte, ricco di molte cime e di vallate, rivoli fluenti s'adunano in un punto dalle fenditure per molteplici canali. In me allora subentrò una comprensibile meraviglia [al vedere] come il confluire di tanti e tali intelletti si ordinasse sapientemente nel tuo intelletto; ma, a quanto sembra, il Verbo di Dio, che agiva e su di loro comandava, non solo aveva piegato le loro cervici, ma ad un tempo anche i loro cuori. Quando poi tutti coloro che erano accorsi dietro le tue orme elevarono un inno, come in un sol accordo, alla tua potenza che prende forza da Dio, e piegarono fino a terra, come aeree fiamme, le chiomate cuspidi dei vessilli, di cui l'agile combinazione di colori segnala da lontano i movimenti tattici e sono visti da tutti come da vicino, e te comune benefattore e monarca sovrano tutti acclamarono con ardore, allora tu, presa la veneranda immagine da Dio dipinta, brevemente dicesti: «A voi, come a fratelli, me congiunse la natura e l'indole del mio potere. Io vi avverto che la mia autorità non si baserà tanto sulla paura quanto sull'amore. Contro la violenza immane che la tirannide armò contro le leggi, la mia legge è di contrapporre ora la forza dell'amore [per gli uomini] e questa sola a tante violenze opporre; questa che nelle avversità sopraggiunte senza colpa rende operanti le leggi giustamente emesse. Io così [penso] per carattere e per condizione.

Ma il re e il signore di tutti e il duce dei nostri eserciti è Lui; con Lui è più sicuro il comando, per Lui la vittoria si consegue con la pietà profonda. In Lui fidando, io, giunto or ora, come uno tra voi cingo le armi per la grave impresa. È necessario che noi, in quanto creature di Lui, marciamo contro i nemici adoratori degli idoli; essi che le [sacre] mense pure di sangue insudiciarono con sacrifici cruenti; essi che le chiese, esenti dalle umane miserie, contaminano con i più turpi piaceri sensuali; che vogliono con barbara spada scalzare dal suolo la vite piantata dal Verbo; essi, per i quali David divinamente ispirato gridò: felice chi i figli della Persia abbatté al suolo e scagliò contro le pietre».

In tal modo con la tua parola inducesti tutti a passare dall'infingardaggine alla laboriosità; così rafforzasti il tuo potere ponendo duce e signore in ogni cosa Iddio.

E tosto, rompendo gli indugi, desti inizio a nuove esercitazioni delle truppe.

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UpUltimo aggiornamento: 26/07/08