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Didattica > Strumenti > Bisanzio. Società e stato > Documenti, 12

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Bisanzio. Società e stato

di Jadran Ferluga

© 1974 – Jadran Ferluga


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12. Come gli imperatori bizantini ricevevano gli ambasciatori stranieri
 

Quanta importanza i Bizantini attribuissero all’impressione che l’imperatore faceva sui regnanti o sugli ambasciatori stranieri, su capi barbari o altre personalità in visita alla corte di Costantinopoli, sembra provarlo questo passaggio di Liutprando, vescovo di Cremona (vedi Fonti, ed. cit., pp. 154, 10-155, 15). Tutto il ricevimento è pieno di azioni simboliche, dall'inchino dell'ambasciatore davanti all'imperatore, la cosiddetta proskynesis, all'oro che è materiale imperiale, ai leoni, al trono che viene sollevato verso il cielo ecc. Tutto quanto circonda il capo dell'unico vero impero, l'impero retto dal vicario di Cristo su questa terra, tutto è circondato da procedure simboliche. Da notare inoltre l'amore dei Bizantini per macchine e meccanismi speciali che però non furono mai applicati nella produzione e nella manifattura.

 

Davanti al seggio dell'imperatore stava un albero di bronzo ma ricoperto d'oro, i cui rami erano pieni di uccelli di diversa specie anch'essi di bronzo dorato, che emettevano grida differenti secondo le loro diverse specie. Il trono dell'imperatore era costruito in tale modo che un momento appariva come una bassa costruzione, e un altro si ergeva alto nell'aria, e aveva una dimensione immensa ed era difeso da leoni, fatti di bronzo o di legno ricoperti d'oro, che sferzavano il terreno con le loro code ed emettevano un ruggito con la bocca aperta e la lingua movente. Appoggiato sulle spalle di due eunuchi fui portato in presenza dell'imperatore. Al mio avvicinarmi i leoni cominciarono a ruggire e gli uccelli a rumoreggiare, ciascuno conformemente alla propria specie; ma io non ero né terrificato né preso da ammirazione, poiché ero stato informato circa tutte queste cose da gente che le conosceva bene.

Così dopo che mi fui tre volte inchinato davanti all'imperatore con la faccia a terra, sollevai la testa e l'uomo che appena prima avevo visto seduto su un seggio moderatamente elevato da terra vidi ora che aveva cambiato il suo abbigliamento e sedeva al livello del soffitto. Come ciò fu fatto non potei capire, a meno che forse egli non fosse stato sollevato da un «ergalio» [1] quale noi usiamo per stringere le travi di un torchio per il vino. In questa occasione egli non si rivolse a me personalmente, poiché anche se egli avesse voluto farlo, la grande distanza tra noi avrebbe reso la conversazione indecorosa, ma tramite l'intermediazione di un logoteta si informò su ciò che facesse e come stesse Berengario. Io gli diedi un'appropriata risposta e poi, a un cenno dell'interprete, lasciai la sua presenza e mi ritirai nell'alloggio assegnatomi.

[1] Una specie di meccanismo.

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UpUltimo aggiornamento: 26/07/08