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Didattica > Strumenti > Bisanzio. Società e stato > Documenti, 13

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Bisanzio. Società e stato

di Jadran Ferluga

© 1974 – Jadran Ferluga


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13. Rapporti fra imperatore e aristocrazia in un poema eroico bizantino
 

Il più famoso epos bizantino prese il nome dall'eroe Digenis Akritas e ci descrive la vita al confine bizantino in Asia Minore e le lotte con gli Arabi nel IX e X secolo. Nella traduzione di S. IMPELLIZZERI (vedi Bibliografia, ed. cit., pp. 157-159) è riportato l'incontro dell'eroe con l'imperatore che illustra, anche se in forma di resoconto un po' favoloso, sia la posizione del basileus in rapporto all'aristocrazia dell'Asia Minore che il comportamento indipendente e piuttosto altero dei suoi membri.

 

Conosciute queste imprese anche l'imperatore, che in quel tempo regnava sui Greci, Basilio, il felice e grande trionfatore, il quale seppellì con sé la gloria dell'impero (si trovava infatti a fare la spedizione contro i Persiani in quelle parti dove Akritas menava la sua vita), e avendo avuto notizia di lui, si meravigliò molto. Desiderando dunque ardentemente vedere il giovane, gli mandò una lettera in cui si diceva: «La mia maestà avendo saputo delle tue prodezze, o figlio mio, assai se ne è compiaciuta e ha reso grazia a Dio che ti ha aiutato e desidera vederti di persona e offrirti ricompense degne delle tue opere. Vieni dunque da noi lieto senza esitazione, senza sospettare di dover soffrire da parte mia alcunché di doloroso».

Akritas avendo ricevuto questa lettera gli invia in risposta: «Io sono l'ultimo servo del tuo impero, quantunque vivo estraneo a tutti i beni di esso. Quale mia impresa ammiri, o signore, di me misero e umile e del tutto vile? Tuttavia tutto è possibile a chi ha fiducia in Dio. E poiché vuoi vedere il tuo suddito, fatti trovare presso il fiume Eufrate con pochi soldati e là mi vedrai, o sacro signore, quando tu voglia. E non stimare disubbidienza il fatto che io non venga a te; non vengo perché tu hai alcuni inesperti soldati e se alcuni per caso dicano qualcosa di sconveniente, io ti renderò certo privo di questi tali, poiché ai giovani, o signore, capitano di queste cose». E l'imperatore avendo letto attentamente la lettera, ammirò l'umiltà del ragionamento del giovane e si rallegrava considerando l'alta sua prodezza. E desiderando fortemente di vederlo prese con sé cento soldati e lancieri in numero sufficiente e andò all'Eufrate e a tutti comandò di non pronunziare affatto alcuna parola biasimevole di fronte ad Akritas. E coloro che erano stati collocati per questo scopo alla guardia in fretta poco prima, annunziarono l'arrivo dell'imperatore al prodigioso Digenis Akritas. E Digenis da solo gli andò incontro; quindi, chinando la testa fino a terra, disse: «Salve, o tu che hai l'impero da Dio e regni su di tutti per la empietà dei gentili; come mai mi avviene che il signore di tutta la terra sia venuto a me che son nulla?». L'imperatore lo vide e fu colpito alla sua vista e dimenticandosi di ogni gravità imperiale, avanzatosi un po' dal trono, lieto lo abbracciò e lo baciò con effusione ammirandone la statura e la grande bellezza, dicendo: «O figlio mio, tu sei la dimostrazione delle tue opere, poiché la tua grande bellezza è l'immagine del valore. Oh! Avesse la Romania quattro simili a te! Parla dunque, o figlio mio, liberamente e prendi ciò che vuoi del mio impero». «Tienti tutto, o signore, rispose Akritas; a me basta soltanto la tua benevolenza; non è giusto prendere, ma piuttosto dare, poiché hai anche per l'esercito spese ingenti. Desidero invece e supplico la potenza della tua gloria di amare i tuoi sudditi, di aver pietà dei poveri e di difendere gli offesi e i perseguitati e di perdonare quelli che peccano involontariamente, di non dare ascolto alle calunnie, di non commettere ingiustizia, di allontanare gli eretici, di rafforzare gli ortodossi. Queste infatti, o signore, sono le armi della giustizia, con cui potrai aver ragione di tutti i nemici, poiché non si regna e impera con la forza; il regno è solo dono di Dio e della destra dell'Altissimo. La mia indegnità offre al tuo impero il tributo che esso dava temporaneamente a Iconio e che un altro altrettanto grande tu riceva da quelli contro loro voglia, e ti toglierò, o signore, questa preoccupazione finché la mia anima non esca dal suo albergo». E l'imperatore si rallegrò di queste parole e disse: «O meraviglioso, bellissimo giovane, la maestà mia ti considera patrizio, dandoti tutti i beni di tuo nonno e ti do autorità di governare le frontiere e ciò ti confermerò interamente in una crisobolla e ti offro preziose vesti regali».

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UpUltimo aggiornamento: 26/07/08