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Isabella Lazzarini
Intorno a Guida allo studio della storia medievale di P. Cammarosano: i diversi livelli della manualistica

© 2005 – Isabella Lazzarini


I mutamenti della didattica universitaria e le trasformazioni delle forme e della qualità della preparazione scolastica di base che si vuole preludio alla istruzione universitaria hanno imposto negli ultimi anni un ripensamento dell'insieme dei testi di natura manualistica per l'università. Il frutto di tale ripensamento è stata una nouvelle vague di testi di base in grado di accompagnare gli studenti nell'ordinamento triennale: manuali universitari, testi di sintesi su grandi temi della storia medievale, italiana ed europea, testi di riflessione critica e di arricchimento delle nozioni manualistiche fondamentali. Le trasformazioni in parte complementari e connesse della scuola secondaria superiore e dei corsi di base dell'università hanno infatti reso inevitabile una riduzione del carico di lavoro nei corsi triennali, e dunque una sorta di semplificazione del classico manuale universitario, cui si è tentato di portare rimedio con la creazione di strumenti ad esso complementari, grazie ai quali reintrodurre parte della sacrificata, ma evidentemente avvertita ancora come necessaria, articolazione concettuale. In questo senso, l'Editore Laterza ha compiuto in merito una scelta sistematica, dando alle stampe una collana di Manuali di base bipartita fra un vero e proprio manuale universitario e una Guida allo studio dei diversi periodi. Per la storia medievale, questa bipartizione si compone del manuale coordinato da Massimo Montanari, Storia Medievale, uscito nel 2002 ed ora alla quinta edizione (su cui v. P. Corrao, Il manuale è finito, viva il manuale! Considerazioni sulla manualistica a proposito di M. Montanari, “Storia Medievale” in «Reti Medievali – Didattica, Strumenti» 2002) e della Guida allo studio della storia medievale, scritta da Paolo Cammarosano ed uscita nel 2004, su cui si focalizzeranno queste sparse considerazioni. Si tratta di una scelta editoriale complessiva: per la storia moderna e per la storia contemporanea sono infatti disponibili due coppie simmetriche di testi, il manuale di Renata Ago e Vittorio Vidotto (Storia moderna, 20042) e la guida di Roberto Bizzocchi (Guida allo studio della storia moderna, 20044); il manuale in due volumi di Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto (Storia contemporanea. L'Ottocento, 20045 e Il Novecento, 20046) e la guida di Vittorio Vidotto (Guida allo studio della storia contemporanea, 2004).

Che si tratti di una scelta editoriale, pur condivisa dagli autori, risulta chiaro da una comparazione anche superficiale delle Guide, che sono strutturate secondo partizioni sostanzialmente analoghe, pur lasciando un qualche spazio alla creatività lessicale dei diversi autori. Le Guide infatti sono composte da quattro sezioni: una prima inquadra la nascita e le vicende intellettuali dell'età di cui si occupa (l'idea del Medioevo, il concetto d'età moderna e così via); la seconda ne mette a fuoco temi e snodi fondamentali; la terza è dedicata alle fonti; la quarta infine propone una selezione di opere e di brani della storiografia più o meno risalente, tali da mettere in luce i principali filoni di ricerca e i diversi approcci degli studiosi ai problemi storici del periodo considerato. L'idea-guida di questi testi sembra essere – come recita la presentazione del libro di Bizzocchi da parte della Casa Editrice e rieccheggia quella del testo di Vidotto – di fornire «un'indispensabile integrazione metodologica al manuale per il corso dei trienni di base», nel rispetto del rigore scientifico ed insieme della necessaria «praticità d'uso».

In che misura un testo di un medievista noto al tempo stesso per la chiarezza e l'originalità rientra in questo schema e si presta a questi scopi? E in che misura un'operazione di questo tipo risolve o quanto meno tampona i problemi innescati dalla necessaria sinteticità dei manuali di base?

Per rispondere a queste due domande, è necessario soffermarsi un minimo in dettaglio sulle diverse sezioni della Guida di Cammarosano, che al di là della apparente omogeneità delle partizioni e della struttura generale, rivela immediatamente l'impegno e l'originalità dell'impostazione. Per quanto infatti l'organizzazione della materia sia in qualche senso “tradizionale” (storiografia, concetti, fonti), lo sforzo di fornire un testo che approfondisca concettualmente i grandi temi della storia medievale emerge con chiarezza innanzitutto dal tentativo riuscito di mutare l'angolo di visuale dell'osservatore nella direzione insieme di una maggiore ampiezza di panorama e di una “decantazione” – per così dire: non una sintesi, ma una resa all'osso – dei problemi, senza ritrarsi dall'esprimere su di essi valutazioni in qualche modo di giudizio.

Così la prima sezione (L'idea di Medioevo e lo sviluppo della medievistica), dedicata a ripercorrere le tappe della formazione dell'idea di medioevo e il contestuale sviluppo della medievistica, articola l'analisi in tappe chiare e vibranti, in cui la ricostruzione storica si anima di una sorta di deliberata “passione civile” in tanta parte perduta, che perora la necessità educativa di evitare l'«appannamento del concetto di medioevo» e al contrario di focalizzarne la specificità come «concetto periodizzante e in qualche maniera giudicante». Si tratta di rispondere con sicurezza al desiderio naturale delle persone, soprattutto dei giovani, che vogliono capire in che misura il medioevo sia, nella storia, «un anello di una catena: posto che è la catena, non l'anello, ciò che veramente importa» [38], senza mai dimenticare che il medioevo è appunto un concetto, un'idea, uno strumento interpretativo, e non un'entità effettiva.

Così la seconda sezione (Periodi e questioni), nel solco di questa precisa e metodologica volontà di periodizzare, di distinguere e di selezionare (tutte operazioni che preludono ad una “valutazione”del medioevo apertamente definito come un'età «inquadrata fra la crisi della civiltà antica e il preludio a una civiltà moderna», 38) estrae dall'intero sviluppo delle vicende medievali un numero limitato di nuclei problematici fondamentali (Spazi e popolazioni, Religioni e potere politico, Evoluzione economica e classi sociali, Le strutture del governo civile e Le strutture della cultura) in cui gli eventi e i mutamenti vengono letti lungo una cronologia che copre buona parte dell'intero periodo e da un'altezza di sguardo che permette di analizzare – pur nella consapevolezza delle diverse fattispecie locali – i fenomeni su di una scala continentale. Per esempio il capitolo dedicato a Religioni e potere politico analizza in poche e limpide pagine, in un'ottica globale, la distruzione del sistema religioso dell'antichità che con numerose varianti aveva interessato la maggior parte dell'Europa antica, soppiantato da nuovi sistemi religiosi di impianto monoteistico, e il rapporto caratterizzante fra questi ultimi e i nuovi poteri politici nati dalle trasformazioni dell'autorità imperiale romana e dalla successiva localizzazione del potere. In questo senso, le vicende dei nuovi sistemi religiosi europei assumono in pieno un ruolo significante nella costruzione di un'identità continentale complessa e in continuo confronto con modelli diversi.

La terza sezione (Le fonti) è quella che manifesta l'originalità maggiore e lo sforzo più evidente di andare oltre un'enumerazione manualistica delle risorse e degli strumenti a disposizione dello studioso per giungere ad una loro sistematizzazione concretamente operativa ed insieme altamente concettuale. Cammarosano propone infatti qui una classificazione generale delle fonti che vuole andare oltre le consuete distinzioni, facendo giocare in un'analisi serrata elementi complessi come le dimensioni del tempo (di produzione e di conservazione delle fonti) e dello spazio (di produzione, di collocazione, di conservazione originaria e successiva). In tal modo, lo studente viene in primo luogo guidato a sviluppare una sensibilità sofisticata al concetto di fonte, considerando innanzitutto e nell'ordine fonti «di lungo periodo e di formazione continua» come le forme mentali (la lingua e gli atteggiamenti mentali) o i paesaggi rurali; fonti «di lungo periodo ma di formazione discontinua», come i paesaggi urbani o i musei e gli archivi (non meri contenitori, ma fonti essi stessi); fonti infine «di più definito segmento temporale» come i monumenti iconografici, i reperti archeologici o i documenti scritti [111 e segg.]. A questo punto – solo a questo punto, si potrebbe dire – viene introdotto un capitolo specificamente dedicato alle forme della scrittura, che si propone di «superare la “tipologia delle fonti” in vista di una tipologia dei procedimenti, che ne descriva l'articolazione e la complessità» [119]. L'analisi delle fonti si completa con un'analisi della scrittura e si conclude con un limpido quadro delle metodologie di edizione.

Nella quarta sezione (Storici al lavoro) infine Cammarosano seleziona quattro grandi ambiti di riflessione storiografica (Opere di sintesi: Pirenne e Bloch; Approfondimenti regionali e revisioni concettuali: Duby e Toubert; La dimensione culturale e religiosa: Courcelle, Blumenkranz e Frugoni, La dimensione economica e le sue dilatazioni testuali: De Roover, Geremek e Conti) che, rieccheggiando parzialmente gli snodi fondamentali della sezione due, rivelano la sua attenzione alla storia della cultura, alle letture dei fenomeni religiosi, alla società e all'economia, alle grandi sintesi e alla capacità di problematizzare paesaggi di conoscenza tradizionalmente acquisiti.

Una parola infine va spesa intorno agli apparati bibliografici che corredano le quattro sezioni: si tratta infatti di ben più che di una bibliografia generale di riferimento, ma piuttosto di un percorso educativo a sé stante, ampio e dettagliato (in particolare l'apparato accluso alla terza sezione, per la ricerca delle fonti, vista l'attenzione peculiare che Cammarosano da sempre dedica a questo lato della ricerca storica), ma al tempo stesso, e coerentemente con l'impostazione dell'intero testo, selettivo.

Un testo dunque molto ricco, a dispetto del tono volutamente in minore del «libriccino» [38]: ricco e – nonostante l'impianto didattico – complesso, talora difforme nelle sue diverse parti, scisso fra l'analisi interpretativa (come nel capitolo 3.1 della sezione sulle fonti: Generalità, classificazioni e dimensione temporale delle fonti) e il percorso strettamente pedagogico (come, nella stessa sezione, il proseguimento del discorso con il capitolo 3.2 Le forme della scrittura). Tale complessità e tale apparente disomogeneità di toni emergono con maggiore evidenza allorché la scomposizione e la ricomposizione del tradizionale dipanarsi degli eventi e dei temi possibili portano alla luce i grandi nuclei problematici del millennio medievale, come nella seconda sezione, o quando l'apparente classificazione degli strumenti dello storico diventa un pretesto per una disanima del costruirsi e del tramandarsi dell'evento storico nel tempo e nello spazio, come nella terza sezione. In questo senso dunque, una Guida così concepita raggiunge sicuramente lo scopo di approfondire e raffinare l'approccio dello studente (più o meno futuro studioso) ai temi delineati in un più sintetico e tradizionale manuale. Raggiunge lo scopo e probabilmente lo travalica, nella misura in cui pur nella chiarezza è lungi dall'essere semplice e si propone come qualcosa di più e di diverso di una semplice guida allo studio della storia medievale, collocandosi in un luogo mediano fra la riflessione storiografica e l'elaborazione di una vera e propria dottrina storica (Cammarosano dalla amplissima e quotidiana confidenza con le fonti – documentarie, storiche e quant'altro – trae un modo diretto e sapiente, decantato per così dire, di fare storia, anche quando afferma di fare didattica).

In questo senso, se si vuole ragionare sui fini e sulle forme di una nuova manualistica per lo studio della storia – in questo caso della storia medievale – questo testo è ben di più di quanto la sua definizione bibliografica proclama, in qualche misura contraddicendola. Come Guida è infatti probabilmente troppo complesso, talora difficile. La prima sezione, per fare un esempio, propone una lettura degli studi intorno all'idea di medioevo che presuppone una confidenza con l'analisi storiografica che è forse azzardato attribuire agli studenti delle lauree triennali. Analogamente, l'analisi delle fonti compiuta nelle prime pagine della terza sezione, se è profonda e innovativa per lo studioso, può in più di un caso oltrepassare il livello di conoscenze e le tecniche di apprendimento degli studenti agli esordi.

Detto ciò, si possono formulare due considerazioni. La prima, generale, concerne il rapporto, via via più articolato e talora poco chiaro, fra le oggettive esigenze dettate da una didattica universitaria di base in rapida ridefinizione, il quadro propedeutico elaborato dai più originali interpreti contemporanei del Medioevo (intenzionalmente volto a presentare una proposta forte di didattica “al rialzo”, come nel caso di questa Guida), ed infine i format proposti o più spesso imposti da un'editoria che a sua volta si vuole interprete non neutra delle trasformazioni dell'università. Questi tre diversi livelli – la pratica di una didattica di base che deve tener conto delle mutate competenze e delle diverse aspettative degli studenti, il modello di una didattica “alta” elaborata dagli storici, la proposta didattica delle case editrici – si intesecano in vario modo nella produzione manualistica corrente, generando prodotti di valore diverso e di diversi obiettivi: i risultati di questa operazione e la loro ricaduta sullo studio della storia medievale in Italia meriterebbero un'indagine più approfondita. In secondo luogo, e tornando alla Guida di Cammarosano, questo testo, proposto come complemento concettuale e "denso" del manuale, si rivela in realtà come una prima approssimazione di “nuovo” manuale che della densità ed insieme della lucidità fanno gli strumenti principali per un racconto della storia medievale che è insieme un insegnamento del mestiere dello storico. Corrao un paio d'anni fa proponeva un approccio al testo didattico che attraverso un «aggregare e disaggregare temi e problemi» secondo una maggiore «densità concettuale» rispetto a quella inalberata dai manuali di stampo tradizionale, affrancasse la storia medievale di base dalla «forte accentuazione della prospettiva italiana» come dalla «scarsa attitudine a proiettarsi fuori dall'ottica degli studi medievali in senso stretto e specialistico». Il testo di Cammarosano in buona misura compie queste due operazioni, ispessendone il significato con una decisa opzione per il ruolo critico dello storico, il suo porsi di fronte alle fonti (nel senso più lato possibile: con un velo di ironia infatti storico serio è «chi abbia letto molte fonti», 151) con l'intento di chiarire, distinguere, scegliere, giudicare. Il medioevo che esce da questa analisi – indipendentemente dagli intenti che si possono di volta in volta attribuire alla Guida – è un concetto complesso: il suo approfondimento diviene esemplare nella definizione di un'identità europea articolata e in movimento; il senso ultimo del suo studio trova nella lezione di prudenza e complessità che gli è propria un modello significativo di analisi della pluralità dei percorsi storici e della varietà degli approcci possibili.

 

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Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 04/12/05