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Famiglia e lignaggio: l’aristocrazia in Italia

a cura di Marco Bettotti

  [versione 1.2 - novembre 2004]

© 2004 - Marco Bettotti per “Reti Medievali”
ISSN 1593-2214


Nota introduttiva

Il termine nobilis, concordemente con il suo etimo, significa “ben conosciuto” oppure “che tutti conoscono”, ma nell’uso storiografico è invalsa la distinzione fra “aristocrazia” e “nobiltà”, cioè fra una “nobiltà di fatto” e una “nobiltà di diritto”, conseguenza di un processo di chiusura per cui i ceti preminenti ad un certo punto della loro evoluzione stabilirono giuridicamente la propria disuguaglianza rispetto agli altri. Sebbene quindi già il mondo antico ci abbia trasmesso i concetti di nobilis e nobilitas, per l’alto medioevo i termini aristocrazia e nobiltà non si possono usare indifferentemente. In questa scheda si fa tuttavia prevalente riferimento ad un’età successiva ai secoli X e XI, quando le aristocrazie avevano già conseguito una ben chiara caratterizzazione sociale, ponendo fine ad un lungo periodo dominato dal disfarsi e riformarsi di sempre nuove élites e dando origine a lignaggi dinasticamente definiti e destinati a durare per più generazioni. Si usa quindi “aristocrazia” nel titolo e altrove, ma ripetutamente “nobiltà” in più punti del testo: si tratta di una interscambiabilità che ha precise origini storiografiche.



1. Famiglia e lignaggio
L’idea di un collegamento fra supremazia sociale e antichità della stirpe non è un’acquisizione dell’età medievale, ma risale al mondo antico: la consanguineità dunque, il legame di sangue, la nascita è di tutti gli elementi costitutivi della nobiltà quello che ha il maggior peso. La famiglia è il centro focale intorno al quale prende corpo l’idea stessa di nobiltà, ma in virtù del differente valore che il ‘sangue’ acquista in relazione agli elementi costitutivi della società il termine “famiglia” assume diversi significati, una differente “accezione euristica” secondo il contesto specifico di riferimento, oppure diventa “pieno di equivoci”: famiglia come unità domestica, famiglia come lignaggio agnatizio strutturato artificialmente per una solidarietà calcolata, famiglia come parentela aperta in ogni direzione. Il che, in passato, suggerì da parte di alcuni l’idea di una almeno provvisoria eliminazione del termine dall’uso storiografico.
Gli storici, pur con oscillazioni legate a specifiche condizioni locali, fissano al periodo compreso fra il X e l’XI secolo la “data di nascita” della nobiltà italiana. Questo momento di passaggio – poiché non di “nascita” si tratta – coincide con il progressivo affermarsi di forme di autocoscienza familiare, che possono essere originate dal possesso di un determinato ruolo socio-economico o funzione politica – in primo luogo la vassallità o altre forme di dipendenza –, dalla prossimità ad un sovrano oppure dal formarsi di una consapevolezza dinastica che promana appunto dall’antichità della stirpe. In tutti i casi categoria fondamentale è la memoria genealogica, che è elemento di coesione del gruppo familiare, quando addirittura non si identifichi con tale coesione.
Autocoscienza, memoria genealogica, coesione familiare si coagulano comunque intorno al possesso di beni anzitutto fondiari, l’origine dei quali è spesso oscura, per cui l’elemento reale emerge come il catalizzatore principale dell’evoluzione strutturale della famiglia e diventa il cardine della coscienza genealogica. In questo modo la discendenza comune da un unico ceppo acquista una corrispondenza obbligata nel patrimonio familiare che in quell’ambito viene trasmesso e ripartito secondo il ritmo delle successioni ereditarie.
Una volta realizzatisi i processi di stabilizzazione sul territorio, proprio la necessità di difendere l’integrità del patrimonio dalla concorrenza di parentele diverse condusse alla prevalenza dell’agnazione sulla cognazione – per quanto sia difficile riconoscere gruppi parentali larghi nell’alto medioevo italiano – e quindi alla nascita o all’affermazione del lignaggio ossia, latinamente, della domus, intesa appunto nell’accezione di gruppo articolato in linee patrilineari e regolato da norme definite per quanto concerne la successione, la gestione del patrimonio e l’esclusione femminile dall’attività economica. E poiché la sorte normale delle sostanze familiari era di essere divise tra gli eredi, la necessità di evitare la totale disgregazione del lignaggio e del patrimonio, dovuta all’aumento delle discendenze e alla rarefazione dei legami interni, fece comparire organismi consortili tra consanguinei e, col tempo, anche tra famiglie e persone non imparentate tra loro: l’elemento di coesione era costituito da un possesso comune, politicamente o militarmente significativo, che non poteva essere alienato fuori del consorzio.
Questi processi evolutivi riguardano allo stesso modo le aristocrazie della città, della campagna e della montagna, sebbene nelle realtà urbane - ma solo perché in Italia meglio studiate - l’affermazione e la definizione di lignaggi e consorzi risulti talvolta più chiara. Perlopiù tuttavia la distinzione fra domus e consortile conserva un’ostinata ambiguità e l’incertezza, non solo lessicale, che è stata rinfacciata a molti studiosi trova spesso motivo di rafforzarsi nella documentazione, tanto più che le fonti stesse sono incerte vista la promiscuità o sovrabbondanza di termini che appaiono man mano che avanzano i secoli: parentela, genealogia, casalum, progenies, genus, cognatio.


2. Matrimonio e lignaggio
La coesione tra maschi originata dalla tirannia del patrimonio non deve far dimenticare che anche in un regime agnatizio alla base delle strutture familiari esiste in ogni caso la famiglia intesa come unità domestica, cioè la famiglia nucleare o di due generazioni intorno alla quale si organizza la casa e si giustappongono le relazioni patrilineari e consortili volte alla trasmissione e conservazione del patrimonio. Sulla famiglia coniugale come unica struttura elementare di parentela che si possa definire con chiarezza conviene ricondurre l’attenzione, considerandola come essenziale cellula organizzativa per la costruzione di qualsiasi entità parentale. Alla base della famiglia nucleare c’è l’unione matrimoniale che è una chiave importante per comprendere il tipo di rapporti entro l’unità domestica ed in particolare il ruolo delle donne nell’ambito della politica di alleanze intrafamiliari, intendendo il matrimonio anche come mezzo di innalzamento sociale o di conservazione e allargamento di determinate relazioni sociali. Compatibilmente con gli ostacoli posti dalle limitazioni documentarie, il quadro delle alleanze matrimoniali deve essere indagato da due punti di vista. Si deve cioè considerare l’ambito sociale ed economico entro cui si collocano le famiglie interessate dalla relazione matrimoniale: il loro grado di prestigio, l’ampiezza della loro sfera di influenze, la loro ricchezza; quindi si deve tenere conto ancora una volta della posizione del territorio di radicamento, visto che gli assetti politici mutano nelle diverse zone considerate ed in relazione al divenire temporale. In tal modo risulta possibile, almeno in parte, esaminare la dialettica tra i due principi che regolano l’articolazione delle alleanze matrimoniali nei gruppi agnatizi, l’omogamia e l’ipogamia.
L’esito è che al consolidarsi dei meccanismi del lignaggio, mogli, figlie e sorelle vengono escluse dal potere di controllo sul patrimonio. Se nell’alto medioevo la prevalenza degli istituti matrimoniali germanici aveva garantito alle donne una certa libertà nell’amministrazione delle sostanze dei loro genitori e, attraverso il complesso degli assegni maritali, di una parte (un terzo o un quarto) dell’eredità dello sposo, nel corso del secolo XI il controllo del marito sui beni muliebri si fece sempre più stretto, mentre, durante il secolo seguente, i legislatori dei comuni italiani si impegnarono a limitare le pretese delle mogli sulle proprietà dei mariti. Il basso medioevo registrò un notevole peggioramento della condizione femminile nelle élites sociali: mentre i doni nuziali recati dal marito divenivano di fatto insignificanti, la richiesta di beni dotali, sui quali si accrescevano i diritti dello sposo, aumentava a dismisura, trasformando l’eventuale matrimonio di una figlia in una vera e propria rovina per la sua famiglia. La dote ed il sistema di assegni ad essa collegato – nonché l’esclusione ereditaria delle figlie dotate – funzionarono dunque da strumenti di protezione del privilegio accordato alla linea maschile di discendenza, come accadde in genere appunto nella realtà comunale italiana dei secoli XII e XIII.

3. Eredità e lignaggio
La difesa del patrimonio familiare e del privilegio agnatizio passa di necessità attraverso un regime successorio che tuteli la coesione interna alla famiglia e l’unità della base economica paterna. L’analisi delle forme di trasmissione ereditaria è suscettibile di condurre ad importanti risultati sul piano della conoscenza delle strutture del gruppo familiare, non solo perché – come già detto – la distribuzione dell’elemento reale incide in maniera determinante sulla formazione delle famiglie, ma anche perché il modo in cui il testatore agisce rivela l’idea che egli ha della famiglia in generale e della sua famiglia in particolare: attraverso il testamento egli è in grado di dare alla sua discendenza la configurazione che preferisce. Per questo dunque i sistemi di eredità forniscono per così dire un approccio obliquo alla struttura parentale. Ovviamente un punto di vista centrato sui soli aspetti patrimoniali non tiene conto dell’incidenza degli affetti sulla realtà della pratica testamentaria, un elemento su cui peraltro le fonti non sempre consentono di gettare lo sguardo. Il padre conservava un lungo controllo sull’insieme del patrimonio fondiario. Come è stato ben rilevato, un metodo efficace per indagare il tipo di relazione che si instaurava tra padri e figli maschi – soggezione, solidarietà o autonomia – si fonda sull’osservazione delle ‘discontinuità’ generazionali rilevabili all’interno degli alberi genealogici ricostruiti negli studi moderni. Il risultato di tali osservazioni è che la prima comparsa documentaria dei figli maschi coincide o con l’ultima menzione del padre da vivo o con la prima da morto, oppure si colloca tra l’una e l’altra data o è successiva alla seconda. Quando la data in cui il figlio maschio si affaccia sulla scena documentaria si colloca nel periodo in cui il padre è ancora in vita, l’intervento del figlio avviene di solito in qualità di testimone oppure in presenza e stretta connessione col padre. Ne deriva che perlopiù i contratti di una certa importanza erano stipulati da orfani.
Più arduo risulta invece definire in maniera univoca le modalità di gestione dell’eredità: il ricorso a forme di amministrazione indivisa e consortile, alla divisione in quote uguali fra tutti i figli maschi, al fedecommesso, a forme di privilegio quali la primogenitura, il maggiorascato o il seniorato è determinato dalla fisionomia sociale della famiglia, dalla rilevanza dei beni trasmessi, dalle pratiche locali.

4. Memoria e lignaggio
Nella costruzione dell’autocoscienza familiare categoria fondamentale è la memoria genealogica, che è elemento di coesione del gruppo domestico, quando addirittura non si identifichi con tale coesione, facendo sì che la perfetta conoscenza della propria genealogia diventi strumento per ciascun individuo di mantenere chiari saldi i vicendevoli rapporti di parentela. La memoria, oltre che in segni ostensibili (gli stemmi ad esempio), emerge dalle intitolazioni di molti documenti, dalle testimonianze giurate addotte in controversie patrimoniali o ereditarie e da tutte quelle specie documentarie connesse con la salvaguardia della solidità patrimoniale.
È difficile individuare nei singoli casi specifici il motivo per cui il ricordo della progenie scatta da un certo individuo anziché da altri: generalmente si può affermare che la coesione e quindi la memoria parentale si fanno luce solo al momento di assumere responsabilità diverse e cioè, ancora una volta, nei periodi cruciali di passaggio da una certa condizione sociale, economica o politica ad un’altra. Il momento discriminante che segna l’avvenuto passaggio e quindi la formazione del nucleo primario di memoria può essere costituito dall’acquisizione di diritti su una chiesa o un monastero, dall’ottenimento di alti uffici pubblici civili, ecclesiastici o civili minori: tali diritti o funzioni vengono quindi trasmessi dal capostipite alla discendenza, rafforzando la coesione del gruppo e la sua autocoscienza.
Ecco allora chiarito il già accennato rapporto tra memoria e testimonianza scritta, che permette di delineare una distinzione tra “fonti dirette”, come testamenti e contratti matrimoniali, funzionali a determinare ma anche esplicitamente abilitate a contenere e trasmettere l’autocoscienza della stirpe e direttamente collegate alla conservazione del patrimonio, e “fonti indirette”, come, ad esempio, le già citate testimonianze giurate. Ora, è ovvio che la memoria familiare esiste prima del documento, ma, ammesso questo rapporto di precedenza, possiamo stabilire una sorta di biunivocità tra memoria e documento: la prima crea il secondo che, a sua volta, perpetua o genera ricordo presso le generazioni successive; l’una è supporto dell’altro e viceversa, e questo spiega la possibilità di rilevare una coincidenza cronologica tra ricordo e documentazione disponibile.
Verificata la correlazione memoria-documento, si può comprendere l’importanza di una realtà che raccolga e preservi le testimonianze della memoria, qual è l’archivio familiare: esso permette che si formi un ricordo che si stratifica di generazione in generazione, e che proprio dall’ accumulo delle carte viene regolato e garantito.
Una verifica della tenuta della memoria familiare può venire anche dall’analisi onomastica, poiché la coesione del corredo onomastico è rappresentazione della coesione del lignaggio. In genere, se prima l’attaccamento a determinati “modi onomastici” rifletteva la fedeltà a un certo gruppo parentale, dalla fine del secolo XI si rileva la progressiva divisione degli antichi gruppi parentali in nuovi rami, aggregati intorno a certi possessi e, in concomitanza con tale suddivisione, si nota la nascita di forme cognominali che, fungendo da criterio di individuazione dei discendenti da un unico ceppo, diventano nuovi elementi di coesione. In questo modo la tradizione unitaria della famiglia ha modo di riaffermarsi nella nuova organizzazione della domus, del lignaggio: la comparsa dei cognomi soppianta l’uso degli antichi nomi di famiglia come strumenti di identificazione e di distinzione.


Risorse

 

1. Archivi e fonti

La capillare presenza dell’aristocrazia in ogni aspetto della vita politica, sociale e religiosa del mondo medievale fa sì che qualsiasi archivio e qualsiasi fonte possano rappresentare una risorsa utile alla ricostruzione storiografica. Se infatti, come detto sopra, gli archivi familiari e alcune tipologie documentarie sono funzionalmente destinati a trasmettere la memoria del lignaggio, ogni altra testimonianza può contenere informazioni utili: dall’atto di investitura, all’inventario di beni o affitti, dalla semplice lista testimoniale fino ad una scarna confinazione. È quindi inutile definire qui archivi specifici, collezioni o edizioni di fonti dedicati al tema di questa scheda, anche perché la correlazione profonda tra aristocrazia e territorio importa che ciò che può essere essenziale in un luogo non lo sia altrove.


2. Centri di ricerca

Per quanto concerne le attività di ricerca, e considerando qui solo le iniziative più recenti, si possono citare i convegni ripetutamente organizzati dal Comitato di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana a partire dal 1978, e il lavoro svolto dal gruppo facente capo alla Rete di ricerca europea “Gender and Law”, coordinato presso l’Istituto Storico Italo-germanico di Trento da Silvana Seidel Menchi e Diego Quaglioni <http://www.mulino.it/edizioni/volumi/ricerca.php?autore=SEIDEL%20MENCHI%20S>. L’École française de Rome in passato si è più volte occupata di questioni riguardanti la storia familiare, come dimostrano i saggi seminariali raccolti nel volume Le modèle familial européen. Normes, déviances, contrôle du pouvoir (Roma 1986), i più recenti atti milanesi editi in Genèse médiévale de l’anthroponimie moderne: l’espace italien (=“Mélanges de l’École Française de Rome - Moyen Age”, 106, 1994; 107,1995) , nonché l’École d’automne dell’ottobre 2000 dedicata a La parenté et l’alliance: entre histoire et anthropologie <http://www.ecole-francaise.it/eng/home_page_eng.htm> .

3. Riviste

Come si può ricavare dalla nota bibliografica che compare qui sotto, le tematiche riguardanti la storiografia familiare sono saldamente presenti in tutte le più importanti riviste storiche italiane e straniere. In ambito nazionale se, come è ovvio, numerosi sono i contributi legati alle diverse aree territoriali - si vedano ad esempio i saggi “piemontesi” di Renato Bordone e Antonella Tarpino a più riprese usciti nel “Bollettino storico-bibliografico subalpino” -, alcuni periodici hanno dedicato a tali argomenti importanti numeri monografici tra i quali si può qui citare il fondamentale Famiglia e comunità e il più recente Costruire la parentela (= “Quaderni storici”, 11, 1976; 29, 1994) <http://www.mulino.it/edizioni/riviste/scheda_rivista.php?anno=1992&issn=0301-6307#fascicoli>, e i due fascicoli Adel und Territorium/Nobiltà e territorio e Adelige Familienformen/Strutture di famiglie nobiliari (= “Geschichte und Region/Storia e Regione”, 4, 1995; 11, 2002). <http://www.provinz.bz.it/denkmalpflege/1303/grsr/index.htm>. Fuori d’Italia contributi determinanti sono stati ospitati sulle pagine delle “Annales. Economies, Sociétés, Civilisations”, come si può ad esempio dedurre dalla lettura dei saggi raccolti e tradotti da R. Forster e O. Ranum nel volume Family and Society. Ancora articoli rilevanti sono apparsi in più occasioni sulle “Annales. Histoire, Sciences Sociales” <http://www.editions-sedes.com/annales_hss/annales_hss.html> e sulle “Annales de Démographie Historique” <http://www.editions-belin.com/csl/page.asp?path=iLSH-iLSHRev-iLSHRevADH>.


4. Bibliografie

Il punto sulla tradizione storiografica è stato fatto di recente da Ennio Igor Mineo nel suo Di alcuni usi della nobiltà medievale, dove l’indagine sui testi fondamentali da Bloch, Brunner e Tellenbach fino a Oexle prende l’avvio da Nobili e re, di Paolo Cammarosano, un libro che segna una tappa importante per lo studio della storia delle élites aristocratiche italiane nell’alto medioevo e che fornisce anche una ricca bibliografia. Ultimamente sulla storia delle aristocrazie bassomedievali in Italia si sono soffermati Renato Bordone, Guido Castelnuovo e Gian Maria Varanini nel volume Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, offrendo anche ragionate rassegne bibliografiche per ciascuno degli argomenti affrontati.


5. Siti Web tematici

Il Web non offre risorse particolarmente utili alla storiografia familiare: se si escludono pochi siti dedicati a singole famiglie e condotti perlopiù secondo criteri non specialistici e alcune “ricerche” di ambito scolastico, rimangono pochissimi contributi dedicati a singoli territori, di cui qui sotto si danno gli indirizzi:

A. Augenti - N. Terrenato, Le sedi del potere nel territorio di Volterra: una lunga prospettiva (secoli VII a. C. - XIII d. C.) – [01/04]: © 2001, Edizioni all’Insegna del Giglio,
<http://192.167.112.135/NewPages/COLLANE/TESTISAMI/SAMI2/38Augenti-Terrenato.pdf>.
P. Corrao,Un dominio signorile nella Sicilia tardomedievale I Ventimiglia nel territorio delle Madonie (sec. XIII-XV). Un saggio ipertestuale - [01/04]: © dell’autore,
<../rivista/iper/venti.htm>.
C. Donati - M. Nequirito, Interni di famiglia. Nobiltà e aristocrazia in Europa e in Trentino fra antico regime ed età moderna [01/04]:© 2003, Comune di Trento,
<http://www.comune.tn.it/citta/culturaesport/tn_europa/quadri_4.pdf>.
F. Floris, I caratteri generali della nobiltà, - [01/04]: © dell’autore,
< http://www.araldicasardegna.org/storia_nobilta/caratteri_nobilta.htm>.
E. Salvatori, Il sistema antroponimico a Pisa tra XI e XIII secolo: la città e il territorio - [01/04]: © dell’autore,
<../rivista/iper/antropo.htm>.

Altri materiali, ma non relativi alla storia dell’aristocrazia italiana, sono reperibili al seguente indirizzo: “Essays in Medieval Studies”, 12, 1995 (Children and the Family in the Middle Ages) - [01/04]: © 1984, Illinois Medieval Association,
http://www.luc.edu/publications/medieval/emsv12.html>.


6. Studi

6.1 Aristocrazia e società

R. Bordone, L’aristocrazia: ricambi e convergenze ai vertici della scala sociale, in N. Tranfaglia - M. Firpo (edd), La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea, vol. I (Il Medioevo 1. I quadri generali), Torino, 1988, pp. 145-175.
R. Bordone, Le “élites” cittadine nell’Italia comunale (XI-XII secolo), in “Melanges de l’École Française de Rome”, 100, 1988, pp. 47-53.
R. Bordone - G. Castelnuovo - G. M. Varanini, Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, Roma - Bari, 2004

P. Cammarosano, Aspetti delle strutture familiari nelle città dell’Italia comunale: secoli XII-XIV, in G. Duby - J. Le Goff
(edd), Famiglia e parentela nell’Italia medievale, Bologna, 1984, pp. 109-123.
P. Cammarosano, Nobili e re. L’Italia politica dell’alto medioevo, Roma - Bari, 1998.
C. Donati, L’idea di nobiltà in Italia: secoli XIV-XVIII, Roma - Bari, 1988.
G. Fasoli, Città e feudalità, in Structures féodales et féodalisme dans l’occident méditerranéen Xe-XIIIe siècles): bilan et perspectives de recherches (Colloque international organisé par le Centre National de la Recherche Scientifique et l’École Française de Rome, Rome, 10-13 octobre 1978), Rome, 1980, pp. 365-385.
Formazione e struttura dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno Italico (secc. IX-XII) (Atti del primo convegno di Pisa, 10-11 maggio 1983), Roma, 1988.
H. Keller
, Adelsherrschaft und städtische Gesellschaft in Oberitalien 9. bis 12. Jahrhundert, Tübingen, 1979 (trad. it. Signori e vassalli nell’Italia delle città [secoli IX-XII], Torino, 1995).
C. Klapisch-Zuber
, Structures démographiques et structures familiales, in R. Comba - G. Piccinni - G. Pinto (edd), Strutture familiari, epidemie, migrazioni nell’Italia medievale (Atti del Convegno internazionale “Problemi di storia demografica nell’Italia medievale”, Siena, 28-30 gennaio 1983), Napoli, 1984, pp. 11-18.
E. I. Mineo, Di alcuni usi della nobiltà medievale, in “Storica”, 7, 2001, pp. 9-58.
M. Nobili, Formarsi e definirsi dei nomi di famiglia nelle stirpi marchionali dell’Italia centro-settentrionale: il caso degli Obertenghi, in Nobiltà e chiese nel Medioevo e altri saggi. Scritti in onore di G. Tellenbach, a cura di C. Violante, Roma, 1993, pp. 77-97.
D. Owen Hughes, Struttura familiare e sistemi di successione ereditaria nei testamenti dell’Europa medievale, in “Quaderni storici”, 11, 1976, pp. 929-952.
D. Owen Hughes, Il matrimonio nell’Italia medievale, in M. De Giorgio - C. Klapisch-Zuber
(edd), Storia del matrimonio, Roma - Bari, 1996, pp. 5-61.
G. Rossetti (ed ), Forme di potere e struttura sociale in Italia nel Medioevo, Bologna, 1977, pp. 233-246.
G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, Torino, 1974.
G. Tabacco, Il tema della famiglia e del suo funzionamento nella società medievale, in “Quaderni storici”, 11, 1976, pp. 892-928.
G. Tabacco, Dinamiche sociali e assetti del potere, in Congresso storico internazionale “Società e istituzioni dell’Italia comunale: l’esempio di Perugia (secoli XII-XIV)”, Perugia, 6-9 novembre 1985, vol. I, Perugia, 1988, pp. 281-302.
P. Toubert, Dal nome di persona al nome di famiglia, in A. Manoukian (ed), I vincoli familiari in Italia. Dal secolo XI al secolo XX, Bologna, 1983, pp. 69-82.


6.2 Aristocrazia e diritto

M. Bellomo, Ricerche sui rapporti patrimoniali tra coniugi, Milano, 1961.
M. Bellomo, Dote (diritto intermedio), in Enciclopedia del diritto, vol. XIV, Milano, 1965, pp. 8-32.
M. Bellomo, Profili della famiglia italiana nell’età dei Comuni, Catania, 1966.
E. Besta, Le successioni nella storia del diritto italiano, Milano, 1961.
E. Besta, La famiglia nella storia del diritto italiano, Milano, 1962.
L. Fabbri, Trattatistica e pratica dell’alleanza matrimoniale, in M. De Giorgio
- C. Klapisch-Zuber (edd), Storia del matrimonio, Roma - Bari, 1996, pp. 91-117.
F. Niccolai, I consorzi nobiliari ed il comune nell’alta e media Italia, Bologna, 1940.

A. Pertile, Il diritto ereditario, in A. Manoukian (ed), I vincoli familiari in Italia. Dal secolo XI al secolo XX, Bologna, 1983, pp. 247-261.
N. Tamassia, La famiglia italiana nei secoli decimoquinto e decimosesto, Roma, 1971 [ed. orig. Palermo, 1910].
P. Vaccari, Matrimonio (Diritto intermedio), in Novissimo Digesto Italiano, vol. X, Torino, 1956, pp. 335-338.


6.3 Aristocrazia e territorio

G. Albertoni, Le terre del vescovo. Potere e società nel Tirolo medievale (secoli IX-XI), Torino, 1996.
A. Barbero, Vassalli, nobili e cavalieri fra città e campagna. Un processo nella diocesi di Ivrea all’inizio del Duecento, in “Studi medievali”, s. III, 33, 1992, pp. 619-644.
A. Barbero, Un’oligarchia urbana. Politica ed economia a Torino fra Tre e Quattrocento, Roma, 1995.
M. Bellabarba, La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna, 1996.
M. Bellabarba, Racconti famigliari. Scritti di Tommaso Tabarelli de Fatis e altre storie di nobili cinquecenteschi, Trento, 1997.
M. Bitschnau, Burg und Adel in Tirol zwischen 1050 und 1300. Grundlagen zu ihrer Erforschung, Wien, 1983.
R. Bordone, L’aristocrazia militare del territorio di Asti: i signori di Gorzano, in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, 69, 1971, pp. 357-447.
R. Bordone, Paesaggio, possesso e incastellamento nel territorio di Asti fra X e XI secolo, in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, 74, 1976, pp. 457-525.
R. Bordone, Progetti nobiliari del ceto dirigente del comune di Asti al tramonto, in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, 90, 1992, pp. 437-494.
R. Bordone
, Lo sviluppo delle relazioni personali nell’aristocrazia rurale del Regno italico, in Structures féodales et féodalisme dans l’occident méditerranéen Xe-XIIIe siècles): bilan et perspectives de recherches (Colloque international organisé par le Centre National de la Recherche Scientifique et l’École Française de Rome, Rome, 10-13 octobre 1978), Roma, 1980, pp. 241-250.
R. Bordone, Le aristocrazie militari e politiche tra Piemonte e Lombardia nella letteratura storica recente sul Medioevo, in G. Coppola - P. Schiera
(edd), Lo spazio alpino: area di civiltà, regione cerniera, Napoli, 1991, pp. 115-131.
S. Bortolami, Famiglia e parentela nei secoli XII-XIII: due esempi di “memoria lunga” dal Veneto, in M. C. Billanovich - G. Cracco - A. Rigon (edd), Viridarium Floridum. Studi di storia veneta offerti dagli allievi a P. Sambin, Padova, 1984, pp. 117-157.
S. Bortolami, Fra “alte domus” e “populares homines”: il comune di Padova e il suo sviluppo prima di Ezzelino, in Storia e cultura e Padova nell’età di Sant’Antonio (Convegno internazionale di studi, 1-4 ottobre 1981, Padova - Monselice), Padova, 1985, pp. 3-73.
P. Cammarosano, La famiglia dei Berardenghi: contributo alla storia della società senese nei secoli XI-XIII, Spoleto, 1974.
P. Cammarosano, La nobiltà del Senese dal secolo VIII agli inizi del secolo XII, in “Bullettino senese di storia patria”, 86, 1979, pp. 7-48.
P. Cammarosano, Le campagne friulane nel tardo medioevo: un’analisi dei registri di censi dei grandi proprietari fondiari, Udine, 1985.
S. Carocci, Aspetti delle strutture familiari a Tivoli nel XV secolo, in “Mélanges de l’Ecole française de Rome - Moyen Age/Temps Modernes”, 94, 1982, pp. 45-83.
S. Carocci, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento, Roma, 1993.
A. Castagnetti, La famiglia veronese degli Avvocati (secoli XI-XIII), in Studi sul medioevo cristiano offerti a R. Morghen, Roma, 1974, pp. 251-292.
A. Castagnetti, Enti ecclesiastici, Canossa, Estensi, famiglie signorili e vassallatiche a Verona e a Ferrara, in Structures féodales et féodalisme dans l’occident méditerranéen (Xe-XIIIe siècles): bilan et perspectives de recherches (Colloque international organisé par le Centre National de la Recherche Scientifique et l’École Française de Rome, Rome, 10-13 octobre 1978), Roma, 1980, pp. 387-412.
A. Castagnetti, I conti di Vicenza e di Padova dall’età ottoniana al comune, Verona, 1981.
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(edd), Aristocrazia cittadina e ceti popolari nel tardo Medioevo in Italia e in Germania, Bologna, 1984, pp. 41-77.
A. Castagnetti, La società veronese nel medioevo II: ceti e famiglie dominanti nella prima età comunale, Verona, 1987.
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Curatore

 

Marco Bettotti si è laureato in lettere presso l’università di Trento nel 1990. Docente nella scuola media superiore, nel 1995 ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca in Storia sociale europea presso l’università di Venezia. Nel biennio 1997-1999 ha frequentato il corso di post-dottorato in Medievistica presso l’università di Trento. Il suo principale ambito di interesse è la storia delle élites aristocratiche nel basso medioevo con particolare riguardo per l’area alpina. Ha pubblicato la monografia La nobiltà trentina nel medioevo (metà XII - metà XV secolo), Bologna, 2002.

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Ultima modifica: 09/09/2004

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