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Famiglia
e lignaggio: l’aristocrazia in Italia
a cura di Marco Bettotti
[versione 1.2 - novembre 2004]
© 2004 - Marco
Bettotti per Reti Medievali ISSN 1593-2214
Nota
introduttiva
Il
termine nobilis, concordemente con il suo etimo, significa
ben conosciuto oppure che tutti conoscono,
ma nelluso storiografico è invalsa la distinzione fra aristocrazia
e nobiltà, cioè fra una nobiltà
di fatto e una nobiltà di diritto, conseguenza
di un processo di chiusura per cui i ceti preminenti ad un certo
punto della loro evoluzione stabilirono giuridicamente la propria
disuguaglianza rispetto agli altri. Sebbene quindi già il
mondo antico ci abbia trasmesso i concetti di nobilis e nobilitas,
per lalto medioevo i termini aristocrazia e nobiltà non
si possono usare indifferentemente. In questa scheda si fa tuttavia
prevalente riferimento ad unetà successiva ai secoli X e
XI, quando le aristocrazie avevano già conseguito una ben
chiara caratterizzazione sociale, ponendo fine ad un lungo periodo
dominato dal disfarsi e riformarsi di sempre nuove élites
e dando origine a lignaggi dinasticamente definiti e destinati a
durare per più generazioni. Si
usa quindi aristocrazia nel titolo e altrove, ma ripetutamente
nobiltà in più punti del testo: si tratta
di una interscambiabilità che ha precise origini storiografiche.
1.
Famiglia e lignaggio
L’idea di un collegamento fra supremazia sociale e antichità della
stirpe non è un’acquisizione dell’età medievale, ma risale al mondo
antico: la consanguineità dunque, il legame di sangue, la nascita
è di tutti gli elementi costitutivi della nobiltà quello che ha
il maggior peso. La famiglia è il centro focale intorno al quale
prende corpo l’idea stessa di nobiltà, ma in virtù del differente
valore che il ‘sangue’ acquista in relazione agli elementi costitutivi
della società il termine famiglia assume diversi significati,
una differente accezione euristica secondo il contesto specifico
di riferimento, oppure diventa pieno di equivoci: famiglia come
unità domestica, famiglia come lignaggio agnatizio strutturato artificialmente
per una solidarietà calcolata, famiglia come parentela aperta in
ogni direzione. Il che, in passato, suggerì da parte di alcuni l’idea
di una almeno provvisoria eliminazione del termine dall’uso storiografico.
Gli storici, pur con oscillazioni legate a specifiche condizioni
locali, fissano al periodo compreso fra il X e l’XI secolo la data
di nascita della nobiltà italiana. Questo momento di passaggio
– poiché non di nascita si tratta – coincide con il progressivo
affermarsi di forme di autocoscienza familiare, che possono essere
originate dal possesso di un determinato ruolo socio-economico o
funzione politica – in primo luogo la vassallità o altre forme di
dipendenza –, dalla prossimità ad un sovrano oppure dal formarsi
di una consapevolezza dinastica che promana appunto dall’antichità
della stirpe. In tutti i casi categoria fondamentale è la memoria
genealogica, che è elemento di coesione del gruppo familiare, quando
addirittura non si identifichi con tale coesione.
Autocoscienza, memoria genealogica, coesione familiare si coagulano
comunque intorno al possesso di beni anzitutto fondiari, l’origine
dei quali è spesso oscura, per cui l’elemento reale emerge come
il catalizzatore principale dell’evoluzione strutturale della famiglia
e diventa il cardine della coscienza genealogica. In questo modo
la discendenza comune da un unico ceppo acquista una corrispondenza
obbligata nel patrimonio familiare che in quell’ambito viene trasmesso
e ripartito secondo il ritmo delle successioni ereditarie.
Una volta realizzatisi i processi di stabilizzazione sul territorio,
proprio la necessità di difendere l’integrità del patrimonio dalla
concorrenza di parentele diverse condusse alla prevalenza dell’agnazione
sulla cognazione – per quanto sia difficile riconoscere gruppi parentali
larghi nell’alto medioevo italiano – e quindi alla nascita o all’affermazione
del lignaggio ossia, latinamente, della domus, intesa appunto
nell’accezione di gruppo articolato in linee patrilineari e regolato
da norme definite per quanto concerne la successione, la gestione
del patrimonio e l’esclusione femminile dall’attività economica.
E poiché la sorte normale delle sostanze familiari era di essere
divise tra gli eredi, la necessità di evitare la totale disgregazione
del lignaggio e del patrimonio, dovuta all’aumento delle discendenze
e alla rarefazione dei legami interni, fece comparire organismi
consortili tra consanguinei e, col tempo, anche tra famiglie e persone
non imparentate tra loro: l’elemento di coesione era costituito
da un possesso comune, politicamente o militarmente significativo,
che non poteva essere alienato fuori del consorzio.
Questi processi evolutivi riguardano allo stesso modo le aristocrazie
della città, della campagna e della montagna, sebbene nelle
realtà urbane - ma solo perché in Italia meglio studiate
- laffermazione e la definizione di lignaggi e consorzi risulti
talvolta più chiara. Perlopiù tuttavia la distinzione
fra domus e consortile conserva un’ostinata ambiguità e l’incertezza,
non solo lessicale, che è stata rinfacciata a molti studiosi trova
spesso motivo di rafforzarsi nella documentazione, tanto più che
le fonti stesse sono incerte vista la promiscuità o sovrabbondanza
di termini che appaiono man mano che avanzano i secoli: parentela,
genealogia, casalum, progenies, genus,
cognatio.
2. Matrimonio e lignaggio
La coesione tra maschi originata dalla
tirannia del patrimonio non deve far dimenticare che anche in un
regime agnatizio alla base delle strutture familiari esiste in ogni
caso la famiglia intesa come unità domestica, cioè la famiglia nucleare
o di due generazioni intorno alla quale si organizza la casa e si
giustappongono le relazioni patrilineari e consortili volte alla
trasmissione e conservazione del patrimonio. Sulla famiglia coniugale
come unica struttura elementare di parentela che si possa definire
con chiarezza conviene ricondurre l’attenzione,
considerandola come essenziale cellula organizzativa per la costruzione
di qualsiasi entità parentale. Alla base della famiglia nucleare
c’è l’unione matrimoniale che è una chiave importante per comprendere
il tipo di rapporti entro l’unità domestica ed in particolare il
ruolo delle donne nell’ambito della politica di alleanze intrafamiliari,
intendendo il matrimonio anche come mezzo di innalzamento sociale
o di conservazione e allargamento di determinate relazioni sociali.
Compatibilmente con gli ostacoli posti dalle limitazioni documentarie,
il quadro delle alleanze matrimoniali deve essere indagato da due
punti di vista. Si deve cioè considerare l’ambito sociale ed economico
entro cui si collocano le famiglie interessate dalla relazione matrimoniale:
il loro grado di prestigio, l’ampiezza della loro sfera di influenze,
la loro ricchezza; quindi si deve tenere conto ancora una volta
della posizione del territorio di radicamento, visto che gli assetti
politici mutano nelle diverse zone considerate ed in relazione al
divenire temporale. In tal modo risulta possibile, almeno in parte,
esaminare la dialettica tra i due principi che regolano l’articolazione
delle alleanze matrimoniali nei gruppi agnatizi, l’omogamia e l’ipogamia.
L’esito è che al consolidarsi dei meccanismi del lignaggio, mogli,
figlie e sorelle vengono escluse dal potere di controllo sul patrimonio.
Se nell’alto medioevo la prevalenza degli istituti matrimoniali
germanici aveva garantito alle donne una certa libertà nell’amministrazione
delle sostanze dei loro genitori e, attraverso il complesso degli
assegni maritali, di una parte (un terzo o un quarto) dell’eredità
dello sposo, nel corso del secolo XI il controllo del marito sui
beni muliebri si fece sempre più stretto, mentre, durante il secolo
seguente, i legislatori dei comuni italiani si impegnarono a limitare
le pretese delle mogli sulle proprietà dei mariti. Il basso medioevo
registrò un notevole peggioramento della condizione femminile nelle
élites sociali: mentre i doni nuziali recati dal marito divenivano
di fatto insignificanti, la richiesta di beni dotali, sui quali
si accrescevano i diritti dello sposo, aumentava a dismisura, trasformando
l’eventuale matrimonio di una figlia in una vera e propria rovina
per la sua famiglia. La dote ed il sistema di assegni ad essa collegato
– nonché l’esclusione ereditaria delle figlie dotate – funzionarono
dunque da strumenti di protezione del privilegio accordato alla
linea maschile di discendenza, come accadde in genere appunto nella
realtà comunale italiana dei secoli XII e XIII.
3. Eredità e lignaggio
La difesa del patrimonio familiare e del privilegio agnatizio
passa di necessità attraverso un regime successorio che tuteli la
coesione interna alla famiglia e l’unità della base economica paterna.
L’analisi delle forme di trasmissione ereditaria è suscettibile
di condurre ad importanti risultati sul piano della conoscenza delle
strutture del gruppo familiare, non solo perché – come già detto
– la distribuzione dell’elemento reale incide in maniera determinante
sulla formazione delle famiglie, ma anche perché il modo in cui
il testatore agisce rivela l’idea che egli ha della famiglia in
generale e della sua famiglia in particolare: attraverso il testamento
egli è in grado di dare alla sua discendenza la configurazione che
preferisce. Per questo dunque i sistemi di eredità forniscono per
così dire un approccio obliquo alla struttura parentale.
Ovviamente un punto di vista centrato sui soli aspetti patrimoniali
non tiene conto dell’incidenza degli affetti sulla realtà della
pratica testamentaria, un elemento su cui peraltro le fonti non
sempre consentono di gettare lo sguardo. Il padre conservava un
lungo controllo sull’insieme del patrimonio fondiario. Come è stato
ben rilevato, un metodo efficace per indagare il tipo di relazione
che si instaurava tra padri e figli maschi – soggezione, solidarietà
o autonomia – si fonda sull’osservazione delle ‘discontinuità’ generazionali
rilevabili all’interno degli alberi genealogici ricostruiti negli
studi moderni. Il risultato di tali osservazioni è che la prima
comparsa documentaria dei figli maschi coincide o con l’ultima menzione
del padre da vivo o con la prima da morto, oppure si colloca tra
l’una e l’altra data o è successiva alla seconda. Quando la data
in cui il figlio maschio si affaccia sulla scena documentaria si
colloca nel periodo in cui il padre è ancora in vita, l’intervento
del figlio avviene di solito in qualità di testimone oppure in presenza
e stretta connessione col padre. Ne deriva che perlopiù i contratti
di una certa importanza erano stipulati da orfani.
Più arduo risulta invece definire in maniera univoca le modalità
di gestione dell’eredità: il ricorso a forme di amministrazione
indivisa e consortile, alla divisione in quote uguali fra tutti
i figli maschi, al fedecommesso, a forme di privilegio quali la
primogenitura, il maggiorascato o il seniorato è determinato dalla
fisionomia sociale della famiglia, dalla rilevanza dei beni trasmessi,
dalle pratiche locali.
4. Memoria e lignaggio
Nella costruzione dell’autocoscienza familiare
categoria fondamentale è la memoria genealogica, che è elemento
di coesione del gruppo domestico, quando addirittura non si identifichi
con tale coesione, facendo sì che la perfetta conoscenza della propria
genealogia diventi strumento per ciascun individuo di mantenere
chiari
saldi i vicendevoli rapporti di parentela. La memoria, oltre che
in segni ostensibili (gli stemmi ad esempio), emerge dalle intitolazioni
di molti documenti, dalle testimonianze giurate addotte in controversie
patrimoniali o ereditarie e da tutte quelle specie documentarie
connesse con la salvaguardia della solidità patrimoniale.
È difficile individuare nei singoli casi specifici il motivo per
cui il ricordo della progenie scatta da un certo individuo anziché
da altri: generalmente si può affermare che la coesione e quindi
la memoria parentale si fanno luce solo al momento di assumere responsabilità
diverse e cioè, ancora una volta, nei periodi cruciali di passaggio
da una certa condizione sociale, economica o politica ad un’altra.
Il momento discriminante che segna l’avvenuto passaggio e quindi
la formazione del nucleo primario di memoria può essere costituito
dall’acquisizione di diritti su una chiesa o un monastero, dall’ottenimento
di alti uffici pubblici civili, ecclesiastici o civili minori: tali
diritti o funzioni vengono quindi trasmessi dal capostipite alla
discendenza, rafforzando la coesione del gruppo e la sua autocoscienza.
Ecco allora chiarito il già accennato rapporto tra memoria e testimonianza
scritta, che permette di delineare una distinzione tra fonti dirette,
come testamenti e contratti matrimoniali, funzionali a determinare
ma anche esplicitamente abilitate a contenere e trasmettere l’autocoscienza
della stirpe e direttamente collegate alla conservazione del patrimonio,
e fonti indirette, come, ad esempio, le già citate testimonianze
giurate. Ora, è ovvio che la memoria familiare esiste prima del
documento, ma, ammesso questo rapporto di precedenza, possiamo stabilire
una sorta di biunivocità tra memoria e documento: la prima crea
il secondo che, a sua volta, perpetua o genera ricordo presso le
generazioni successive; l’una è supporto dell’altro e viceversa,
e questo spiega la possibilità di rilevare una coincidenza cronologica
tra ricordo e documentazione disponibile.
Verificata la correlazione memoria-documento, si può comprendere
l’importanza di una realtà che raccolga e preservi le testimonianze
della memoria, qual è l’archivio familiare: esso permette che si
formi un ricordo che si stratifica di generazione in generazione,
e che proprio dall accumulo delle carte viene regolato e garantito.
Una verifica della tenuta della memoria familiare può venire anche
dall’analisi onomastica, poiché la coesione del corredo onomastico
è rappresentazione della coesione del lignaggio. In genere, se prima
l’attaccamento a determinati modi onomastici rifletteva
la fedeltà a un certo gruppo parentale, dalla fine del secolo XI
si rileva la progressiva divisione degli antichi gruppi parentali
in nuovi rami, aggregati intorno a certi possessi e, in concomitanza
con tale suddivisione, si nota la nascita di forme cognominali che,
fungendo da criterio di individuazione dei discendenti da un unico
ceppo, diventano nuovi elementi di coesione. In questo modo la tradizione
unitaria della famiglia ha modo di riaffermarsi nella nuova organizzazione
della domus, del lignaggio: la comparsa dei cognomi soppianta
l’uso degli antichi nomi di famiglia come strumenti di identificazione
e di distinzione.
Risorse
1. Archivi e fonti
La capillare presenza dellaristocrazia
in ogni aspetto della vita politica, sociale e religiosa del mondo
medievale fa sì che qualsiasi archivio e qualsiasi fonte possano
rappresentare una risorsa utile alla ricostruzione storiografica.
Se infatti, come detto sopra, gli archivi familiari e alcune tipologie
documentarie sono funzionalmente destinati a trasmettere la memoria
del lignaggio, ogni altra testimonianza può contenere informazioni
utili: dallatto di investitura, allinventario di beni o affitti,
dalla semplice lista testimoniale fino ad una scarna confinazione.
È quindi inutile definire qui archivi specifici, collezioni
o edizioni di fonti dedicati al tema di questa scheda, anche perché
la correlazione profonda tra aristocrazia e territorio importa che
ciò che può essere essenziale in un luogo non lo sia
altrove.
2. Centri di ricerca
Per
quanto concerne le attività di ricerca, e considerando qui
solo le iniziative più recenti, si possono citare i convegni
ripetutamente organizzati dal Comitato di studi sulla storia dei ceti
dirigenti in Toscana a partire dal 1978, e il lavoro svolto dal gruppo
facente capo alla Rete di ricerca europea Gender and Law,
coordinato presso lIstituto Storico Italo-germanico di Trento da
Silvana Seidel Menchi e Diego Quaglioni <http://www.mulino.it/edizioni/volumi/ricerca.php?autore=SEIDEL%20MENCHI%20S>.
LÉcole française de Rome in passato si è più volte
occupata di questioni riguardanti la storia familiare, come dimostrano
i saggi seminariali raccolti nel volume Le modèle familial européen.
Normes, déviances, contrôle du pouvoir (Roma 1986), i più
recenti atti milanesi editi in Genèse médiévale
de lanthroponimie moderne: lespace italien (=Mélanges
de lÉcole Française de Rome - Moyen Age, 106, 1994;
107,1995) , nonché lÉcole dautomne dellottobre 2000 dedicata
a La parenté et lalliance: entre histoire et anthropologie
<http://www.ecole-francaise.it/eng/home_page_eng.htm>
.
3. Riviste
Come si può ricavare dalla nota bibliografica che compare qui
sotto, le tematiche riguardanti la storiografia familiare sono saldamente
presenti in tutte le più importanti riviste storiche italiane
e straniere. In ambito nazionale se, come è ovvio, numerosi
sono i contributi legati alle diverse aree territoriali - si vedano
ad esempio i saggi piemontesi di Renato Bordone e Antonella
Tarpino a più riprese usciti nel Bollettino storico-bibliografico
subalpino -, alcuni periodici hanno dedicato a tali argomenti
importanti numeri monografici tra i quali si può qui citare
il fondamentale Famiglia e comunità e il più
recente Costruire la parentela (= Quaderni storici,
11, 1976; 29, 1994) <http://www.mulino.it/edizioni/riviste/scheda_rivista.php?anno=1992&issn=0301-6307#fascicoli>,
e i due fascicoli Adel und Territorium/Nobiltà e territorio
e Adelige Familienformen/Strutture di famiglie nobiliari (=
Geschichte und Region/Storia e Regione, 4, 1995;
11, 2002). <http://www.provinz.bz.it/denkmalpflege/1303/grsr/index.htm>.
Fuori dItalia contributi determinanti sono stati ospitati sulle pagine
delle Annales. Economies, Sociétés, Civilisations, come
si può ad esempio dedurre dalla lettura dei saggi raccolti
e tradotti da R. Forster e O. Ranum nel volume Family and Society.
Ancora articoli rilevanti sono apparsi in più occasioni sulle
Annales. Histoire, Sciences Sociales <http://www.editions-sedes.com/annales_hss/annales_hss.html>
e sulle Annales de Démographie Historique <http://www.editions-belin.com/csl/page.asp?path=iLSH-iLSHRev-iLSHRevADH>.
4. Bibliografie
Il punto sulla tradizione storiografica è stato fatto di recente
da Ennio Igor Mineo nel suo Di alcuni usi della nobiltà
medievale, dove lindagine sui testi fondamentali da Bloch, Brunner
e Tellenbach fino a Oexle prende lavvio da Nobili e re, di
Paolo Cammarosano, un libro che segna una tappa importante per lo
studio della storia delle élites aristocratiche italiane
nellalto medioevo e che fornisce anche una ricca bibliografia. Ultimamente
sulla storia delle aristocrazie bassomedievali in Italia si sono soffermati
Renato Bordone, Guido Castelnuovo e Gian Maria Varanini nel volume
Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, offrendo
anche ragionate rassegne bibliografiche per ciascuno degli argomenti
affrontati.
5. Siti Web tematici
Il
Web non offre risorse particolarmente utili alla storiografia familiare:
se si escludono pochi siti dedicati a singole famiglie e condotti
perlopiù secondo criteri non specialistici e alcune ricerche di
ambito scolastico, rimangono pochissimi contributi dedicati a singoli
territori, di cui qui sotto si danno gli indirizzi:
A.
Augenti - N. Terrenato, Le sedi del potere nel territorio di
Volterra: una lunga prospettiva (secoli VII a. C. - XIII d. C.)
– [01/04]: © 2001, Edizioni all’Insegna del Giglio,
<http://192.167.112.135/NewPages/COLLANE/TESTISAMI/SAMI2/38Augenti-Terrenato.pdf>.
P. Corrao,Un dominio signorile nella Sicilia tardomedievale I
Ventimiglia nel territorio delle Madonie (sec. XIII-XV). Un saggio
ipertestuale - [01/04]: © dell’autore,
<../rivista/iper/venti.htm>.
C. Donati - M. Nequirito, Interni di famiglia. Nobiltà e aristocrazia
in Europa e in Trentino fra antico regime ed età moderna [01/04]:©
2003, Comune di Trento,
<http://www.comune.tn.it/citta/culturaesport/tn_europa/quadri_4.pdf>.
F. Floris, I caratteri generali della nobiltà, - [01/04]:
© dell’autore,
< http://www.araldicasardegna.org/storia_nobilta/caratteri_nobilta.htm>.
E. Salvatori, Il sistema antroponimico a Pisa tra XI e XIII secolo:
la città e il territorio - [01/04]: © dell’autore,
<../rivista/iper/antropo.htm>.
Altri materiali, ma non relativi alla storia dell’aristocrazia italiana,
sono reperibili al seguente indirizzo: Essays in Medieval Studies,
12, 1995 (Children and the Family in the Middle Ages) - [01/04]:
© 1984, Illinois Medieval Association,
http://www.luc.edu/publications/medieval/emsv12.html>.
6. Studi
6.1
Aristocrazia e società
R.
Bordone, L’aristocrazia: ricambi e convergenze ai vertici
della scala sociale, in N. Tranfaglia - M. Firpo (edd),
La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’Età Contemporanea,
vol. I (Il Medioevo 1. I quadri generali), Torino, 1988, pp.
145-175.
R. Bordone, Le élites cittadine nell’Italia comunale
(XI-XII secolo), in Melanges de l’École Française
de Rome, 100, 1988, pp. 47-53.
R. Bordone - G. Castelnuovo - G. M. Varanini, Le aristocrazie
dai signori rurali al patriziato, Roma - Bari, 2004
P. Cammarosano, Aspetti delle strutture familiari nelle città
dell’Italia comunale: secoli XII-XIV, in G. Duby - J. Le
Goff (edd), Famiglia e parentela nell’Italia medievale,
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C. Donati, L’idea di nobiltà in Italia: secoli XIV-XVIII,
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Formazione e struttura
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subalpino, 74, 1976, pp. 457-525.
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di Asti al tramonto, in Bollettino storico-bibliografico
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Curatore
Marco
Bettotti si è laureato in lettere presso luniversità di Trento
nel 1990. Docente nella scuola media superiore, nel 1995 ha ottenuto
il titolo di dottore di ricerca in Storia sociale europea presso luniversità
di Venezia. Nel biennio 1997-1999 ha frequentato il corso di post-dottorato
in Medievistica presso luniversità di Trento. Il suo principale
ambito di interesse è la storia delle élites aristocratiche
nel basso medioevo con particolare riguardo per larea alpina.
Ha pubblicato
la monografia La nobiltà trentina nel medioevo (metà
XII - metà XV secolo), Bologna, 2002.
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