|
Le diverse anime della “riforma”
a cura di Cristina Sereno [versione 1.0 - dicembre 2006]
© 2006 -
Cristina Sereno
per "Reti Medievali" Il processo di trasformazione interna della Chiesa nel secolo XI e di ripensamento dei suoi rapporti con la componente laica, comunemente noto come “riforma gregoriana”, si caratterizza per una notevole complessità, impossibile da ridurre a schemi interpretativi semplificatori. Esso non investe soltanto l’ambito più specificamente religioso, ma coinvolge temi molto più ampi, che vanno dall’evoluzione delle strutture politiche post-carolinge alla situazione economica e sociale dell’occidente medievale. Inoltre non si tratta di un percorso lineare, che si snoda senza incertezze né contestazioni in una direzione univoca e condivisa, come si potrebbe concludere (e come in effetti è stato fatto, in passato) osservandone soltanto gli esiti finali e proiettandoli anacronisticamente all’indietro. I contrasti fra regnum e sacerdotium si sviluppano per ragioni oggettive e spesso contingenti, sulle quali si innesta progressivamente la riflessione di giuristi, canonisti e teologi fino alla teorizzazione di dottrine radicalmente innovative, e – queste sì – uniformi, nei rapporti fra le due istituzioni. Il punto di partenza di molte delle successive discussioni è costituito dalla constatazione dell’amplissima diffusione della simonia. Con tale termine si indica genericamente la compravendita di cariche religiose e dei benefici a queste collegati. In generale, si sarebbe portati a pensare che tale pratica avvenga senza alcuna considerazione per la preparazione o l’adeguatezza della persona chiamata a rivestire quella funzione, ma agendo in base a legami di parentela o dietro pagamento di somme cospicue. Tuttavia, questa consuetudine, ormai fortemente radicata nell’Europa del secolo XI, ha ragioni e sviluppi molteplici. Certo, essa rappresenta senza dubbio un abuso dei beni ecclesiastici, che dovrebbero essere usati per il mantenimento dei poveri (e comunque per finalità tutte religiose), quando essi sono invece assegnati ad amici e parenti di vescovi e potenti, o quando si trasmettono per via “ereditaria” a figli e concubine dei religiosi (il che costituisce, tra l’altro, il secondo, grande nodo da sciogliere: la legittimità o meno del matrimonio dei religiosi). D’altra parte, sin dai tempi di Carlo Magno, e più ancora sotto gli Ottoni nel secolo X, la possibilità di collocare personaggi preparati e fedeli (e quindi scelti in modo oculato) in sedi vescovili, o anche monasteri, strategicamente rilevanti, ha rappresentato uno strumento di governo del regno indispensabile per gli imperatori, tanto da aver fatto coniare agli studiosi di area tedesca, appunto per il periodo ottoniano, la definizione di Reichskirche. In questo particolare caso, l’ingerenza del potere politico sul reclutamento ecclesiastico reca con sé conseguenze estremamente positive, e cioè prelati e abati colti e rigorosi, che servono all’impero per funzionare in modo più efficiente. Con Enrico III (1017-1056), che nel 1046 interviene in Italia a dirimere un’elezione papale particolarmente contrastata, questo sistema di controllo si impone anche a Roma, grazie all’ascesa al soglio pontificio di ecclesiastici inseriti nella Reichskirche. Qui, dove già erano attivi intellettuali interessati a una profonda revisione di molti aspetti dell’istituzione ecclesiastica (fra i più noti Pier Damiani, Umberto di Silvacandida e Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII), avviene una saldatura fra le esigenze di buon funzionamento espresse dall’impero e le aspirazioni al rinnovamento morale latenti in molta parte del clero romano, con un processo di reciproco potenziamento e iniziale collaborazione fra i due istituti. Solo in questo momento, secondo la storiografia più accreditata, il papato inizia a elaborare, per imitazione dell’impero, una propria tendenza all’universalità, che lo condurrà, di lì a poco, a entrare in rotta di collisione sia con Bisanzio (lo scisma con la chiesa ortodossa data infatti al 1054 e verte essenzialmente sulla mancata accettazione del primato romano) sia con l’impero stesso, a seguito di un’evidente radicalizzazione delle rispettive posizioni. È l’inizio della celeberrima lotta per le investiture, che si dipana attraverso episodi notissimi, quali la stesura del Dictatus papae da parte di Gregorio VII, l’umiliazione di Enrico IV a Canossa, l’elaborazione di un compromesso con Urbano II e la sua attuazione nel 1122 con il concordato di Worms. Il processo ha fra i suoi esiti più evidenti la costruzione di un sistema ecclesiastico ben strutturato e funzionante, facente capo unicamente al pontefice romano, culmine della Chiesa, e la decisa gerarchizzazione delle istituzioni della Cristianità. Quanto appena detto rappresenta una sintesi davvero estrema del filone principale del percorso di riforma, ma non va dimenticato che esistono molte altre importanti componenti da analizzare. Anche il potere politico, ad esempio, passa attraverso forti contestazioni e profonde modificazioni, sia in conseguenza del confronto con le nuove posizioni riformiste romane, sia a causa del crescente orientamento signorile dei poteri locali (un esempio per tutti, particolarmente legato al periodo della riforma, il potentato costruito da Bonifacio di Canossa nella ex marca di Tuscia), sviluppi, questi, che conducono a rielaborare in forme nuove i rapporti con gli imperatori. Anche l’affermarsi dei Normanni sulla scena del Meridione italiano contribuisce ad alterare gli equilibri politici e religiosi precedenti. Dal punto di vista economico, inoltre, la richiesta portata avanti dai gruppi riformatori di escludere i laici da qualunque forma di ingerenza nelle proprietà della Chiesa, crea non poco scompiglio in una società in cui sono numerosissimi i gruppi familiari (clero sposato o concubinario, milites e advocati delle chiese) che sopravvivono solo grazie allo sfruttamento di beni connessi a una carica ecclesiastica. Tuttavia, l’indignazione per un così evidente scollamento fra i princìpi morali e la vita condotta da chi gestisce le funzioni religiose è ormai, nel secolo XI, ampiamente diffusa anche in ambito laico, tanto da rendere intollerabile il mantenimento di tali abusi. Una manifestazione dirompente di tale dissenso è rappresentata dalla pataria di Arialdo e Landolfo Cotta, nata in una diocesi, quella milanese, impermeabile alle idee riformatrici a causa della tenace volontà autonomistica. La pataria, che è stata (a torto, secondo la storiografia più recente) interpretata come una ribellione sociale e di classe o come un movimento antigerarchico, è certo una corrente radicale sia nelle rivendicazioni (non solo la messa al bando di simonia e concubinato, ma l’invalidità dei sacramenti amministrati da sacerdoti indegni), sia nelle manifestazioni (rivolte di piazza), e per questo violentemente repressa, nonostante l’iniziale favore con cui fu accolta dalle frange riformatrici romane più intransigenti. Non si trascuri poi il ruolo rivestito dal mondo monastico e canonicale nella temperie riformista: se alcuni grandi e antichi cenobi si arroccano su posizioni conservatrici e difensive delle loro prerogative e della loro spesso estesissima ricchezza, molti altri aderiscono alla diffusa richiesta di maggiore rigore morale grazie all’elaborazione di nuove formule, come ad esempio la rivalutazione dell’ascetismo praticata a Fonte Avellana e a Camaldoli. Anche la volontà espressa da numerosi capitoli cattedrali e canoniche di attuare in modo più rigoroso la vita comune si colloca nella medesima linea. Fondamentale è inoltre lo sforzo dei canonisti, messo in atto nel corso di tutto il processo di riforma della Chiesa, per cercare di dare ordine e coerenza a un patrimonio legislativo immenso e stratificato, tenendo conto delle molteplici novità di volta in volta elaborate dai pontefici e dalla loro cerchia: l’esito più maturo e noto è il Decretum Gratiani (1140). 1. Archivi Fra gli archivi più ricchi di manoscritti e codici relativi al periodo della riforma va segnalato senza dubbio l’Archivio Segreto Vaticano (http://asv.vatican.va/home_it.htm) che mette in rete una breve descrizione dei suoi fondi, il loro elenco in ordine alfabetico e un’ampia bibliografia sull’archivio stesso; il sito informa anche sui documenti che si possono scaricare gratuitamente (nulla di concernente la riforma, tuttavia), sui CD-rom e sulle pubblicazioni promosse dall’archivio. Anche la Biblioteca Apostolica Vaticana (http://bav.vatican.va/it/v_home_bav/home_bav.shtml) contiene un buon numero di codici, ma anche di studi, relativi al periodo della riforma. Il sito è corredato da una maschera di ricerca molto funzionale, organizzata in diverse voci (titolo, autore, soggetto, titolo di serie e collocazione). La Bibliothèque Nationale de Paris (http://www.bnf.fr) va senz’altro tenuta in considerazione, quando si studino le fonti della riforma; oltre al sistema di interrogazione del catalogo, semplice da usare ma molto ricco di opzioni, non si dimentichi di cliccare su http://gallica.bnf.fr/ cioè il sito che dà accesso ai documenti medievali già scannerizzati e resi disponibili in rete. Merita una citazione anche la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco (http://www.bsb-muenchen.de), sia per i ricchi fondi archivistici relativi al tema qui trattato, sia per la collaborazione con gli MGH al lavoro di messa in rete della documentazione medievale (cfr. punto 6). Per quanto riguarda l’Italia, non si possono dimenticare la Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze (http://www.bml.firenze.sbn.it), il cui elenco di fondi è consultabile in rete, e la Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino, che non è accessibile sul web (sull’abbazia si può vedere http://www.menteantica.it/montecassino.htm). 2. Biblioteche Si vedano gli istituti segnalati al punto 1, che sono importanti non solo per i fondi archivistici ma anche per le ricchissime collezioni di pubblicazioni sulla riforma. Inoltre si tengano presenti le biblioteche degli istituti citati al punto 3. In virtù di una consolidata tradizione di studi condotti presso le seguenti istituzioni, possono costituire un’ottima base di partenza per sviluppare ricerche sull’argomento trattato le rispettive biblioteche:
3. Centri di ricerca Pur non avendo rintracciato istituti dedicati esclusivamente allo studio della “riforma gregoriana”, si possono comunque segnalare alcuni centri che hanno promosso, e ancora promuovono, ricerche sul tema che qui interessa. In primo luogo va tenuta presente la Pontificia Università Gregoriana di Roma (http://www.unigre.it), anima di diverse iniziative, come la pubblicazione «Archivum Historiae Pontificiae» (cfr. punto 4), dedicata allo studio del papato anche nel periodo riformatore, e la collana di studi e convegni significativamente intitolata Studi Gregoriani (cfr. punto 5). Il Centro di Studi Avellaniti connesso con il monastero di Fonte Avellana (http://www.fonteavellana.it/centro_studi_avellaniti.htm), organizza convegni che coinvolgono i principali studiosi della riforma e toccano nodi cruciali della questione (in rete, il lungo elenco dei titoli delle pubblicazioni e i programmi dei convegni più recenti). Vanno tenute presenti anche le pubblicazioni promosse dall’Università Cattolica di Milano nell’ambito delle Settimane della Mendola (http://www3.unicatt.it), le Settimane del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto (http://cisam.org) e gli atti dei convegni storici internazionali del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale dell’Università degli Studi di Perugia, anche con il Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo - Accademia Tudertina di Todi (http://www.unipg.it/difilile/Centri_di_studi.htm), che hanno spesso toccato temi inerenti alla riforma (cfr. a questo proposito il punto 5). Impossibile trascurare infine i due centri italiani rivolti allo studio del periodo normanno, vale a dire il Centro di Studi Normanno-Svevi dell’Università di Bari (http://csnbari.net), che rende disponibili in rete gli indici di tutte le Giornate normanno-sveve dal 1973 a oggi, e il Centro Europeo di Studi Normanni di Ariano Irpino (http://www.cesn.it), sul cui sito si trovano gli elenchi delle pubblicazioni promosse e viene offerta la possibilità di connettersi al DataBase della Bibliografia Normanna. 4. Riviste Il periodico dell’Università Gregoriana «Archivum Historiae Pontificiae» offre in molti numeri contributi di buon livello scientifico sulla riforma; sul sito (http://www.unigre.it/aph/index.htm) sono messi online gli indici di tutti i numeri dal 1963 al 2002. Uno strumento indispensabile per la ricerca (e non solo per il periodo della riforma) è il dettagliatissimo repertorio bibliografico «Medioevo Latino» gestito dalla Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (http://www.sismelfirenze.it); sul sito compare una presentazione dell’opera (che contiene lo spoglio sistematico di libri, atti di convegni e articoli comparsi in tutto il mondo) e l’annuncio dell’uscita su CD-rom dei primi 10 volumi. Sempre nell’ottica di una ricerca bibliografica approfondita, si vedano pure il repertorio della «Rivista di Storia della Chiesa in Italia» (http://www.vitaepensiero.it/riviste/pagcoml/sto_chies.asp?tito...) e quello della «Revue d’Histoire Ecclesiastique» (http://hecc.ucl.ac.be/rhe). Può essere di qualche utilità, specialmente per le questioni inerenti gli sviluppi canonistici della riforma, consultare gli indici della «Revue de droit canonique» (http://www.droitcanon.com), in rete dal 1991 al 2000, mentre per gli anni 1995-2005 sono offerti anche brevi riassunti degli articoli. Inoltre si può consultare «Sanctorum», il bollettino dell’Associazione Italiana per lo Studio dei Santi, dei Culti e dell’Agiografia (http://www.aissca.it/aissca/associazione/associazione.html), che tuttavia sul sito è presente soltanto con gli indici del 1999 e del 2000. 5. Bibliografia La bibliografia sul tema della riforma è indubbiamente ampia, con una ricca produzione di alto livello. La sua caratteristica più evidente, percepibile anche semplicemente dando una scorsa ai titoli seguenti (per altro frutto di una selezione), è la prevalenza di interventi maturati nelle storiografie di area tedesca e italiana, le più attente e le più sistematiche nell’accostarsi al problema. Fra i volumi monografici, gli atti di convegni e gli interventi dotati delle bibliografie più complete e aggiornate sul tema, vastissimo, della riforma, si possono segnalare, in ordine cronologico dell’edizione o della traduzione italiana:
Per quanto concerne la disponibilità di materiale bibliografico in rete, può essere utile consultare il sito del Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexicon (http://www.bautz.de/bbkl), che permette di accedere, in ordine alfabetico, a una essenziale ma corretta biografia (in tedesco), e a una nota bibliografica più o meno completa, a seconda dei casi, relative ai protagonisti della storia religiosa dalle origini alla contemporaneità. Sempre nell’ottica di una introduzione alle questioni e ai personaggi della riforma, si può usare il sito (in inglese) dell’Enciclopedia Cattolica (http://www.newadvent.org/cathen/index.html). L’università di Leeds, sede del prestigioso Institute for the Medieval Studies e degli International Medieval Congress (http://www.leeds.ac.uk/ims/index.html) presenta sul suo sito la International Medieval Bibliography, che definisce la migliore bibliografia interdisciplinare al mondo sul medioevo; ad essa si accede dal link http://www.brepolis.net/imb_en.html , che al momento attuale è tuttavia a pagamento. 6. Collezioni di fonti La principale raccolta di fonti relative alla riforma si trova edita nei Monumenta Germaniae Historica (MGH), nella sezione Scriptores e soprattutto nei 3 volumi dedicati ai Libelli de lite imperatorum et pontificum romanorum, editi a Hannover tra il 1891 e il 1897. Questo strumento di lavoro indispensabile per chi studia la riforma è presente anche in rete, con un sito (http://www.dmgh.de) che rende consultabili direttamente online, in modo semplice e rapido, i volumi della collana, fra cui quelli appena segnalati. Altri siti che mettono in rete fonti utili allo studio della riforma sono quello dell’Archivio della Latinità Italiana nel Medioevo (http://www.uan.it/alim), gestito dalle università di Milano, Napoli, Roma 3, Palermo, Venezia e Verona, che si propone di offrire alla libera consultazione tutti i testi latini prodotti in Italia in età medievale (vi compaiono diversi testi utili al tema qui trattato); quello della Indiana University (http://www.letrs.indiana.edu/online_rw.html), grazie all’iniziativa del LETRS (Library Electronic Text Resource Service), un elenco molto dettagliato di links alle risorse online di testi di area umanistica; e infine il sito della Fordham University, che presenta una selezione di testi (solo in traduzione inglese) relativi allo scontro fra papato e impero (http://www.fordham.edu/halsall/sbook1l.html) 7. Edizioni di fonti Fra le fonti indispensabili da consultare quando si studia la riforma rientrano in primo luogo i testi canonici, attraverso i quali le nuove idee espresse dal papato vengono codificate e diffuse; a questo proposito si vedano:
Non si trascurino comunque le fonti narrative o libellistiche, capaci con la loro testimonianza di integrare il quadro della riforma tracciato dalle collezioni canonistiche:
8. Siti web tematici Digitando sui principali motori di ricerca parole-chiave come «riforma gregoriana», «Investiturstreit», «empire and papacy», «réforme grégorienne», e così via, tutto quello che si ottiene sono dei rimandi a siti pensati per gli studenti della scuola media e superiore, corretti dal punto di vista contenutistico, ma di non particolare utilità per chi desideri intraprendere una ricerca di livello più alto, anche perché costantemente sprovvisti di riferimenti bibliografici.
9. Studi Oltre ai testi già inseriti al punto 5, fra i principali studi dedicati al tema della riforma ricordiamo, in ordine cronologico dell’edizione o della traduzione italiana:
Questa pagina è periodicamente aggiornata. Chi desiderasse segnalare mutamenti e novità relativamente alle risorse a stampa e in rete relative alla riforma della Chiesa può contattare il curatore, Cristina Sereno: crsere@tin.it Cristina Sereno si è laureata in Storia Medievale presso l’Università degli Studi di Torino sotto la guida di Giuseppe Sergi e ha successivamente conseguito il titolo di dottore di ricerca nella stessa disciplina presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; è membro del CRISM (Centro di Ricerca sulle Istituzioni e le Società Medievali, http://hal9000.cisi.unito.it/wf/DIPAR...). Le sue ricerche e pubblicazioni ruotano prevalentemente intorno al tema monastico, dai rapporti fra enti e fondatori laici all’analisi del concetto di crisi del cenobitismo, alle reti monastiche, alle relazioni fra vescovi e monasteri. Attualmente titolare di una borsa di post-dottorato presso l’Università degli Studi di Torino, lavora all’edizione e allo studio delle carte del monastero cistercense femminile di S. Michele d’Ivrea. |
© 2000-2008 Reti Medievali |
Ultima modifica: 12/12/2006 |