Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
10. Teodorico (A) Cassiodoro, Varie,
AA 12, II, 41. (B) Anonimo Valesiano,
Parte seconda, AA 9, pp. 322, 324-325. (A) A Clodoveo re dei Franchi,
Teodorico re.
Ci congratuliamo con la gloriosa prosapia del vostro valore perché
avete spinto a mirabili combattimenti quei Franchi una volta pigri,
sottomettendo alla vostra destra vincitrice, dopo lo sterminio dei migliori,
gli sconfitti popoli alemannici. Ma poiché è sempre nei
capi che l’eccesso di perfidia appare da reprimere, né
la loro biasimevole colpa dev’essere vendetta esercitata su tutti,
temperate il vostro risentimento verso i superstiti. Meritano scampo
coloro che, sotto i vostri occhi, si sono rifugiati dietro la difesa
di gente che vi è affine. Siate mite verso quelli che, atterriti,
si nascondono nei nostri territori. Memorabile trionfo è già
l’aver talmente spaventato l’acerrimo Alemanno da costringerlo
a supplicare da voi il dono della vita. Basti che quel loro famoso re
sia caduto in una con la superbia della sua gente. Basti quell’innumerevole
popolo soggiogato parte col ferro, parte con la schiavitù. Poiché
se combattete con i superstiti, nessuno crederà che voi li abbiate
vinti quando ancora formavano tutto un popolo.
Ascoltate chi è frequentemente passato per simili esperienze:
mi si risolsero in risultati positivi quelle guerre il cui ultimo gesto
fu di moderazione. Vince ripetutamente chi sa trovare l’accordo
tra le varie esigenze, mentre la gioconda prosperità si piega
volentieri verso coloro che non s’irrigidiscono in un’eccessiva
durezza.
Concedete pertanto remissivo al nostro genio tutelare ciò che
le nostre stirpi s’abituarono per pratica comune a perdonare a
se stesse. Così passerete per aver soddisfatto alle mie richieste,
né dovrete avere preoccupazioni per quanto sapete riguardarmi
Cassiodoro, Varie, AA 12, II, 41. Testo originale (B) Teodorico fu un uomo forte,
bellicosissimo. Suo padre, che era però solamente carnale, si
chiamava Valamerico, re dei Goti; sua madre, Ereriliva, era gota, ma
cattolica e battezzata con il nome di Eusebia. Egli regnò per
trentatrè anni e fu illustre e generoso nei confronti di tutti.
Ai suoi tempi la prosperità si diffuse in Italia per trent’anni
tanto che e ci fu anche pace per coloro che la desideravano. Teodorico
infatti non operò mai se non a ragion veduta. Così riuscì
a reggere, sotto un solo governo, due razze come quelle dei Romani e
dei Goti. Sebbene ariano, non tentò di fare nulla contro la religione
cattolica. Fece allestire giochi nei circhi e spettacoli negli anfiteatri,
tanto da meritarsi dai Romani l’appellativo di Traiano e di Valentiniano
le cui epoche s’era proposto come modello, e da venir ritenuto
dai Goti, grazie all’editto nel quale si preoccupava d’ordinare
su salde basi le norme giuridiche, re di grandissimo animo in tutte
le sue imprese.
Stabilì che l’ordinamento degli uffici pubblici continuasse,
per i Romani, come sotto gli imperatori. Largì doni e cibarie.
Sebbene avesse trovato un erario fatto di paglia, con la sua attività
lo rimise in sesto, anzi lo fece ricco.
Era illetterato, ma di tale innata saggezza che alcune sue battute rimangono
ancora nel popolino con valore di sentenze. […] Il re Teodorico
pertanto era illetterato, anzi di tali limitate possibilità da
non riuscire, in dieci anni di regno, a imparare nemmeno le quattro
lettere dell’autentificazione dei suoi decreti. Tanto che fece
battere e limare una lamina d’oro con le quattro lettere “legi”:
e quando voleva firmare, non faceva altro, posta la lamina sul documento,
che andarle dietro con la penna in modo che si vedesse solamente l’autentificazione.
Teodorico, insignito Eutarico del consolato, celebrò il trionfo
a Roma e a Ravenna. Ma Eutarico fu troppo crudele e nemico della fede
cattolica. In seguito, mentre Teodorico era a Verona per certe inquietudini
popolari, a Ravenna scoppiò violento un tumulto tra Ebrei e Cristiani,
con gli Ebrei che a viva forza gettavano nel fiume un gran numero di
battezzati che li schernivano. Questa la ragione per la quale il popolo
s’incollerì e, senza obbedire né al re né
a Eutarico né a Pietro, il vescovo d’allora, assalì
le sinagoghe e subito le incendiò: cosa che, in situazione analoga,
s’era verificato anche a Roma. Immediatamente i Giudei corsero
a Verona, dal re, dove Trivane, il gran ciambellano, da quell’eretico
protettore d’Ebrei che era, diede al re una versione dei fatti
sfavorevole ai Cristiani. E il re, sentenziando in merito, ordinò
che tutto il popolo dei Romani provvedesse a restaurare, a denaro contante,
le sinagoghe incendiate di Ravenna. Chi poi non aveva denaro con cui
contribuire, andava condotto in giro e frustato agli ordini di pubblico
ufficiale. Il re confermò l’ordine con precise disposizioni
a Eutarico Cillica e al vescovo Pietro. E così si fece.
Da qui il diavolo trovò modo di far suo un uomo che pur, fino
allora, aveva amministrato lo Stato senza suscitare dissensi. Infatti
Teodorico ordinò subito d’abbattere l’oratorio di
Santo Stefano che sorgeva presso le fontanelle, nel proastio della città
di Verona. Parimenti proibì a qualsiasi romano l’uso delle
armi, coltelli compresi.
Avvenne anche che una povera donna, di stirpe gota, sdraiata sotto un
portico non lontano dal palazzo [reale] di Ravenna, partorisse quattro
dragoni: due, sotto gli occhi della gente, furono visti mentre, trasportati
su nubi da occidente a oriente, precipitarono in mare; mentre gli altri
due avevano una sola testa. Apparve, e rimase alta nel cielo per quindici
giorni, una stella dalla coda luminosa, detta cometa. E ci furono numerosi
terremoti.
Anonimo Valesiano, Parte seconda, AA 9, pp. 322,
324-325. Testo originale
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