Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
8. Clero cattolico e regni ariani (A) Vittore di Vita, Storia
della persecuzione vandalica in Africa, AA 3/I, III, 2. (B) Sidonio, Lettere,
AA 8, VII, 6. (A) Unirico re dei Vandali
e degli Alani a tutti quanti i popoli soggetti al nostro regno. […]
Il tenore di queste leggi è che nessuna chiesa restasse aperta
tranne che ai preti della loro falsa religione e che in nessun luogo
fosse lecito agli altri o organizzare banchetti comuni o tenere riunioni,
né possedere né costruire chiese o nelle città
o perfino nelle più piccole località, ma che questi beni
fossero tolti e devoluti al fisco; e oltre a ciò, anche, che
i loro patrimoni fossero annessi alle chiese della loro fede e fossero
consegnati ai loro preti; e che non fosse lecito a costoro di fermarsi
in qualunque luogo, ma fossero banditi da ogni città e da ogni
luogo, e che non avessero affatto facoltà alcuna di battezzare,
e non discutessero di religione, e non avessero licenza di ordinare
sia vescovi, sia preti e altri ministri ecclesiastici. E per ciò
si comminava questa pena, che tanto quelli che accettavano di ricevere
dignità di questo genere, quanto anche gli stessi loro ordinatori
ricevessero la multa di dieci libbre d’oro ciascuno, e si aggiungeva
che non avessero nessuna facoltà né possibilità
di presentare una supplica a questo riguardo, ma che se anche avessero
avuto qualche merito speciale, questo non avesse alcun valore, e che
se perdurassero in questo dannoso comportamento fossero anche privati
delle loro proprietà e fossero inviati in esilio con una scorta
idonea. Alla stessa maniera i suddetti imperatori si incrudelirono anche
contro i fedeli, dal momento che non veniva assolutamente accordato
loro né il diritto di fare donazioni né di fare testamento
o di ricevere ciò che veniva loro lasciato, sia sotto specie
di fidecommesso sia di legato sia per donazione o per il cosiddetto
lascito per causa di morte o per qualsivoglia codicillo o fosse anche
per qualche altra scrittura. E questa proibizione fu tale che assoggettarono
alla più severa condanna anche quelli che prestavano servizio
nei loro palazzi, a seconda del loro grado di dignità, sicché,
spogliati di tutti i privilegi della loro carica, cadessero nell’ignominia
e pur essendo personalità di tal rango si riconoscessero soggetti
al comune diritto. Anche per i funzionari addetti all’ufficio
di diversi giudici fu comminata una pena di trenta libbre d’argento,
che se permanendo nel loro errore l’avessero ricevuta cinque volte,
allora infine codesti tali convinti della colpa fossero sottoposti alla
fustigazione e fossero cacciati in esilio. Quindi avevano disposto che
fossero dati alle fiamme tutti quanti i libri dei sacerdoti che perseguitavano;
cosa che noi ora ordiniamo che avvenga in questo genere di libri, dai
quali gli iniqui derivano l’errore di quella setta.
Vittore di Vita, Storia della persecuzione vandalica in Africa,
AA 3/I, III, 2. Testo originale (B) Sidonio saluta il vescovo
Basilio. […] Bisogna ammetterlo: sebbene il re dei Goti possa
incutere terrore per la forza del suo esercito, io temo meno i suoi
attacchi contro le mura delle città dei Romani che quelli contro
le leggi cristiane. Dicono che la sola parola “cattolico”
provochi in lui tali reazioni di parole e di sentimenti che lo si potrebbe
credere il capo di una setta religiosa piuttosto che il capo di un popolo.
L’unico errore di questo re, potente per il suo esercito, impetuoso
per il suo coraggio, energico per la sua giovinezza, consiste nel ritenere
che i successi dei suoi piani debbono ritornare a vantaggio della religione
che egli ritiene ortodossa, anche se li consegue per la sua felicità
terrena. Perciò ascoltate quale sia la malattia segreta della
Chiesa cattolica perché voi possiate immediatamente trovare un
pubblico rimedio. Bordeaux, Périgueux, Rodez, Limoges, Javols,
Eauze, Bazas, Saint-Bertrand, Auch e molte altre città ancora,
i cui vescovi sono stati mietuti dalla morte senza che siano stati designati
nuovi vescovi che possano conferire gli ordini minori, hanno visto dilagare
l’immagine di questa rovina spirituale. […]
Così i popoli, abbandonati per la morte dei loro vescovi, vedono
con disperazione interrompersi l’insegnamento della fede. Nelle
diocesi, nelle parrocchie abbandonate non c’è nessuno che
eserciti la cura delle anime; dappertutto si vedono chiese con i tetti
malandati e cadenti, con le porte infrante, con i cardini divelti; rovi
e spine ostruiscono l’ingresso delle basiliche; le greggi, ahimé,
non solo vengono a rifugiarsi in mezzo alle campate semiscoperchiate
ma anche a brucare l’erba che cresce attorno agli altari. La desolazione
non regna soltanto nelle parrocchie di campagna, ma anche nelle chiese
di città dove le funzioni sono sempre più rare. Quale
conforto rimane infatti ai fedeli quando scompare non solo la guida
del clero ma anche il suo ricordo? Se, quando un chierico muore, non
designa con la sua benedizione un erede, allora è il sacerdozio
stesso a morire in quella chiesa, non solo un sacerdote. E quale speranza
può rimanere quando la fine della vita di un uomo implica la
fine della pratica religiosa?
Considerate più a fondo che cosa comporti la morte di un sacerdote
e allora certamente comprenderete che ogni qualvolta viene a mancare
un vescovo la fede di molta gente viene messa in pericolo. […]
Fate che l’unione e la concordia regnino, che noi siamo liberi
di ordinare i vescovi e che possiamo controllare dal punto di vista
religioso i popoli che fanno parte del territorio dei Goti, se non possiamo
dominarli dal punto di vista politico. Degnatevi di ricordarvi di noi.
Sidonio, Lettere, AA 8, VII, 6.
Testo originale
|