Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
1. I grandi assedi: Roma e Milano (A) Procopio, La
guerra gotica, I, 25. (B) Procopio, La guerra
gotica, II, 21. (A) In quei giorni, alcuni
cittadini romani cercarono di nascosto di fare effrazione alle porte
del tempio di Giano per aprirle. Giano è il principale degli
antichi dei pagani che i Romani nella loro lingua chiamano Penates.
Ha un tempio nella parte del Foro di fronte alla sede del senato, un
po’ oltre le statue delle tre Parche o Tria Fata, come i Romani usano
chiamare le Moirae. Tale tempio è tutto di bronzo, costruito
in forma quadrangolare, grande appena quanto basta per contenere la
statua di Giano. Anche la statua è di bronzo, alta non meno di
cinque cubiti e rappresenta una figura in tutto simile ad un uomo, ma
con due facce, una delle quali rivolta a oriente, l’altra a occidente.
Di fronte a ciascuna faccia si trovano le due porte del tempio, esse
pure di bronzo, che gli antichi Romani usavano tener chiuse in tempo
di pace e di tranquillità e aprire in caso di guerra.
Ma dopo che i Romani cominciarono, come tutti gli altri, a seguire la
fede cristiana, non si curarono più di aprirle nemmeno quando
erano in guerra. Ora, durante questo assedio, alcuni, che forse avevano
in mente l’antica usanza, tentarono segretamente di aprirle, ma non
riuscirono del tutto nel loro intento, perché scardinarono soltanto
le porte in modo che i battenti non combaciavano più perfettamente
tra di loro come prima.
Non si riuscirono a scoprire gli autori di questa impresa, né
si fece alcuna ricerca al riguardo, com’è naturale in simili
momenti di grande confusione, tanto che il fatto non venne a conoscenza
delle autorità e neanche della popolazione, eccetto pochissimi.
Procopio, La guerra gotica, I, 25. Testo originale (B) I barbari, effettivamente,
non fecero loro nulla di male e solo li tennero sotto sorveglianza unitamente
a Mundila, ma invece rasero al suolo la città, uccisero tutti
i maschi di qualsiasi età, che ammontavano a non meno di trecentomila,
e ridussero in schiavitù le donne, facendone dono ai Burgundi,
come ricompensa della loro alleanza. Quando trovarono il prefetto del
pretorio, che era Reparto, tagliarono il suo corpo in piccoli pezzi
e gettarono la carne ai cani.
Vergentino, invece, che per caso si trovava egli pure a Milano, riuscì
a scappare col suo seguito e, passando attraverso i paesi dei Veneti
e delle altre genti che vivono in quella regione, giunse in Dalmazia,
di dove poi andò dall’imperatore a portargli notizia di quella
grande calamità che si era abbattuta sui Romani.
In seguito a quel successo, i Goti ottennero in resa anche le altre
città in cui si trovavano guarnigioni romane, e di nuovo ebbero
sotto controllo tutta la Liguria.
Procopio, La guerra gotica, II, 21. Testo originale
|