Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
6. L’età dei maestri di palazzo (A) Formule di Marculfo,
FF 1, 18. (B) Formule Turonensi,
FF 1, 43. (C) Formule Bituricensi,
FF 1, p. 169. (D) Annali del regno
dei Franchi, SRG, anno 757. (E) Continuazione di
Fredegario, SRM 2, 18-20 (A) È giusto che coloro
che ci promettono una fede senza cedimenti siano posti sotto la nostra
protezione. E poiché quel tale nostro fedele, con l’aiuto
di Dio, è venuto qui nel nostro palazzo con la sua arma ed è
stato veduto giurare nelle nostre mani trustis e fedeltà,
per ciò col presente precetto, decretiamo e ordiniamo che da
ora in poi egli sia annoverato tra i nostri antrustioni. E se per caso
qualcuno osasse ucciderlo sappia che il suo guidrigildo è fissato
nella somma di seicento soldi.
Formule di Marculfo, FF 1, 18. Testo originale (B) Chi si accomanda alla potestà
altrui.
Al tal signore magnifico io. Poiché si sa benissimo da parte
di tutti che io non ho di che nutrirmi o vestirmi, io ho chiesto alla
pietà vostra, e la vostra benevolenza me lo ha concesso, di potermi
affidare e accomandare al vostro mundio; e così ho fatto; cioè
che tu debba aiutarmi e sostenermi, tanto per il vitto quanto per il
vestiario, secondo quanto io potrò servire e bene meritare; e,
finché io vivrò, ti dovrò prestare il servizio
ed ossequio dovuti da un uomo libero e non potrò sottrarmi per
tutta la mia vita alla vostra potestà o mundio, ma dovrò
rimanere finché vivrò nella vostra potestà e protezione.
Conseguentemente si conviene che se uno fra noi avrà voluto sottrarsi
a questa convenzione paghi tanti soldi di composizione al suo contraente
e che la stessa convenzione continui ad aver valore; conseguentemente
si conviene che a questo riguardo debbano essere redatte due lettere
del medesimo tenore, confermate dalle due parti: ciò che fecero.
Formule Turonensi, FF 1, 43. Testo originale (C) Poiché è
noto che il nostro padre risiede sulla vostra terra e che vi fece una
lettera di precaria, questa noi rinnoviamo similmente e la
confermiamo sottoscrivendola e chiediamo umilmente che la vostra pietà
ci permetta di rimanervi. Ma affinché il nostro possesso non
arrechi nessun pregiudizio a voi o ai vostri eredi vi abbiamo consegnato
questa lettera di precaria, garantendo che se giammai, dimentichi delle
clausole di questa carta, […] dicessimo che ciò che possediamo
non sia vostro, come disonesti usurpatori siamo sottoposti alla composizione
verso di voi secondo il rigore delle leggi e voi potrete scacciarci
da questo luogo senza l’intervento di alcun giudice.
Formule Bituricensi, FF 1, p. 169. Testo originale (D) Il re Pipino tenne il suo
placito a Compiègne con i Franchi. E là venne Tassilone,
duca dei Bavari, il quale si accomandò in vassallaggio con le
mani. Egli prestò molti e innumerevoli giuramenti, toccando con
le mani le reliquie dei santi, e promise fedeltà a re Pipino
e ai sopraddetti suoi figli, signori Carlo e Carlomanno, come un vassallo
deve fare secondo giustizia con mente leale e con salda devozione, come
un vassallo deve essere con i suoi signori.
Annali del regno dei Franchi, SRG, anno 757. Testo originale (E) Il sagacissimo duca Carlo,
mosso l’esercito, si diresse in Borgogna, nella città di
Lione, e soggiogò i nobili e il prefetto della provincia alla
sua autorità e allo Stato, insediò i suoi giudici fino
a Marsiglia e ad Arles e ritornò con grandi tesori e doni nel
regno dei Franchi, sede del suo principato.
Poichè si erano ribellati anche i paganissimi Sassoni che risiedono
oltre Reno, il valoroso Carlo, mosso l’esercito dei Franchi, passò
con mossa sagace il fiume Reno, là dove in esso confluisce la
Lippe, devastò la massima parte di quella regione con durissima
strage e impose a quella crudelissima gente di essere tributaria, e
ricevette da essa moltissimi ostaggi; così, con l’aiuto
di Dio, tornò vittorioso a casa.
Ribellandosi ancora una volta la forte gente degli Ismaeliti, i quali
sono ora definiti con parola corrotta Saraceni, e irrompendo [al di
là] del fiume Rodano […], gli stessi Saraceni, radunato
un esercito, entrarono nella munitissima città montana di Avignone.
Allora l’egregio Carlo mandò lì suo fratello, il
duca Childebrando, uomo molto attivo, con gli altri duchi e conti e
con un esercito. Questi, giunti ad Avignone, si accamparono, occuparono
i sobborghi e assediarono la munitissima città, finché,
giunto il bellicoso Carlo, aggredì [a sua volta la città].
[…] Come [a Gerico], tra lo strepito dei nemici e il suono delle
tube, con macchine e funi piombarono sulle mura della città e
sui tetti delle case, [poi] scesero e, entrando nella munitissima città,
presero i loro nemici, li trucidarono, li sottomisero e restituirono
efficacemente [Avignone] sotto il loro dominio. Da vincitore, pertanto,
l’insigne e intrepido guerriero Carlo passò il Rodano con
il suo esercito, entrò nel territorio dei Goti fino alla Gallia
Narbonense e assediò quella famosissima città e loro metropoli;
apprestò [poi] una trappola fortificata tutt’intorno sul
fiume Aude […]. Vi rinchiuse un re dei Saraceni di nome Abd-er-Rahman
con i suoi uomini e si accampò tutt’intorno. Vedendo ciò,
i grandi e i principi dei Saraceni che allora si trovavano in Spagna,
radunato un esercito di nemici si diressero, virilmente armati, con
un altro re, Omar-ibn-Khaled, verso Carlo e si prepararono alla battaglia.
Contro di loro andò il predetto duca Carlo, come un trionfatore,
sul fiume Berre e nella valle di Corbaria. Lì si batterono gli
unì contro gli altri, e i Saraceni, vinti e demoralizzati, vedendo
il loro re ucciso voltarono le spalle [ai Franchi] e si dettero alla
fuga; quelli che erano sfuggiti al [massacro], desiderando scappare
per nave, nuotarono negli stagni marini [della costa] e aiutandosi l’uno
con l’altro salirono [sulle navi]. Ma subito i Franchi si lanciarono
sopra di loro con navi e giavellotti e, annegandoli in acqua, li uccisero.
E così i Franchi, trionfando dei nemici, presero una grande preda
e [ricche] spoglie; catturata una moltitudine di prigionieri, con il
loro vittorioso duca la regione gotica. Distrussero dalle fondamenta
la popolosissima città di Nimes, Agde, Béziers, [dove],
appiccato il fuoco, bruciarono le mura; devastarono [infine] i sobborghi
e i castelli di quella regione. Vinte le schiere degli avversari, essendo
stato Cristo in tutto loro capo e guida per la salvezza e la vittoria,
[Carlo] tornò felicemente nella sua regione, la terra dei Franchi,
sede del suo principato.
Continuazione di Fredegario, SRM 2, 18-20. Testo originale
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