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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


VI
Le origini del potere temporale dei papi

1. Un papa al governo di Roma
(A) Gregorio Magno, Lettere, 1, 70 (agosto 591).
(B) Gregorio Magno, Lettere, II, 4 (settembre 591).
(C) Gregorio Magno, Lettere, II, 13 (febbraio 592).
(D) Gregorio Magno, Lettere, VIII, 22 (maggio 598).
(E) Gregorio Magno, Lettere, IX, 66 (novembre-dicembre 598).

(A) A Pietro suddiacono. […] Compra nuovo frumento per cinquanta libbre d’oro da estranei e riponilo in Sicilia in luoghi dove non si rovini, in modo che nel mese di febbraio invieremo lì quante navi potremo per portarlo da noi. Ma, se noi mancheremo di inviarle, procurerai tu stesso le navi e ci invierai il medesimo frumento, con l’aiuto di Dio, nel mese di febbraio, eccettuata solo quella quantità di frumento che aspettiamo ora – nel mese di settembre o di ottobre – e che ci sarà inviata secondo la consuetudine. La tua esperienza pertanto vigili che il frumento sia raccolto senza che sia fatta alcuna violenza ai coloni ecclesiastici, perché qui c’è stato un raccolto così scarso, che, se non si raccoglie con l’aiuto di Dio grano dalla Sicilia, incombe con veemenza il pericolo della fame.

Gregorio Magno, Lettere, 1, 70 (agosto 591).

Testo originale


(B) Gregorio a Veloce magister militum. Già in precedenza in verità abbiamo comunicato alla gloria vostra che quei soldati erano pronti a venire. Ma poiché la vostra lettera aveva comunicato che i nemici erano riuniti e [pronti] a fare una scorreria verso Roma, è questa la causa che li ha trattenuti qui. Ma ora sembra utile che siano inviati lì alcuni soldati, che la tua gloria si adopri con zelo di ammonire ed esortare affinché siano pronti al loro duro impegno. E se troverete l’occasione, parlate con i gloriosi figli nostri Marzio e Vitaliano, e fate qualunque cosa a voi, con l’aiuto di Dio, parrà di utilità per la res publica. E se verrete a sapere che qui o nella zona di Ravenna Ariulfo – il cui nome non dovrebbe nemmeno essere pronunciato – fa delle scorrerie, voi impegnatelo alle spalle, così come si addice ad uomini forti, affinché con la qualità del vostro impegno il vostro giudizio possa giovare maggiormente alla res publica.

Soprattutto, tuttavia, vi esortiamo che lasciate partire i lignaggi di Aloin, Adobin e di Iugildo Grusingo – che si sa essere al seguito del glorioso magister militum Maurizio – senza indugio o scuse, in modo tale che gli uomini di Maurizio, arrivando li, possano partire con loro senza alcun impedimento.

Gregorio Magno, Lettere, II, 4 (settembre 591).

Testo originale


(C) Gregorio a Giovanni vescovo di Velletri. La qualità dei tempi ammonisce a trasferire le sedi dei vescovi stabilite dai tempi antichi in certe città in altri luoghi, che riteniamo più sicuri, e a trasferire le loro diocesi in luoghi dove si possano dirigere anche gli abitanti e si possa più facilmente evitare il pericolo dei barbari. Perciò stabiliamo che tu, Giovanni, fratello e coepiscopo nostro della città di Velletri, di lì trasferisca la tua sede nella località detta Arenata presso la chiesa di S. Andrea apostolo, affinché possa vivere più libera dal pericolo delle incursioni nemiche, e che prepari lì la festa solenne secondo la consuetudine.

Gregorio Magno, Lettere, II, 13 (febbraio 592).

Testo originale


(D) Gregorio alla patrizia Rusticiana. Ricordo che già da tempo ho scritto alla vostra eccellenza, e anche più spesso l’ho angustiata, affinché si affretti a rivedere la dimora del beato Pietro principe degli apostoli. E non capisco cosa sia questo piacere così grande [che vi dà] la città di Costantinopoli, o meglio cosa [sia] questo oblio per l’urbe di Roma; fino ad ora non sono stato degno di ottenere da voi nessuna risposta su questo argomento. […] Ma se interrogherete il figlio mio Pietro, vostro uomo, […] scoprirete quanto grande sia qui l’amore di tutti gli abitanti per la vostra eccellenza e quanto grande il desiderio di meritare di rivedervi. E se, per volontà di Dio, siamo ammoniti dalle sacre scritture ad amare anche i nemici, bisogna che noi riflettiamo quanto grande sia la colpa di non amare coloro che ci amano. E se per caso si dice che li si ama, noi però sappiamo con assoluta certezza che nessuno può amare chi non vuole vedere. E se temete le spade e le guerre d’Italia, dovete considerare attentamente quanto grande é la protezione del beato Pietro principe degli apostoli per questa città, nella quale, senza una popolazione numerosa e senza aiuto di soldati, per l’azione di Dio siamo rimasti illesi per tanti anni in mezzo alle spade dei nemici. Queste cose noi le diciamo perché [vi] amiamo. […] Ho ricevuto le dieci libbre d’oro, che la vostra eccellenza trasmise per il riscatto dei prigionieri, mediante il già nominato figlio mio che le porterà a me.

Gregorio Magno, Lettere, VIII, 22 (maggio 598).

Testo originale


(E) Gregorio ad Agilulfo re dei Longobardi. Rivolgo grazie alla vostra eccellenza perché, udendo la nostra richiesta, come [credevamo noi che] abbiamo avuto fiducia in voi, avete ordinato la pace che sarà di giovamento a entrambe le parti. Per questo abbiamo lodato grandemente la prudenza e la bontà della vostra eccellenza, perché amando la pace avete mostrato di amare Dio, che ne è l’autore. E infatti – che ciò non succeda mai! – se non fosse stata stipulata la pace, cos’altro sarebbe successo, se non che con peccato e pericolo di [entrambe] le parti sarebbe stato versato il sangue dei miseri contadini, il cui duro lavoro giova ad entrambi? Ma affinché possiamo stabilire che a noi giova questa medesima pace che voi avete deciso, vi chiediamo, salutandovi con paterna carità, che, ogni volta che se ne darà l’opportunità, ordiniate ai vostri duchi stabiliti nelle diverse località (e soprattutto da queste parti) che custodiscano con sincerità questa pace e non cerchino occasioni dalle quali nasca qualche contesa o qualche risentimento, in modo tale che noi possiamo ringraziare ancora maggiormente la vostra volontà.

Gregorio Magno, Lettere, IX, 66 (novembre-dicembre 598).

Testo originale

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05