Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
1. Le guerre di Carlo Magno (A) Eginardo, Vita di
Carlo, SRG, 5-7, 9,15. (B) Capitolazione
della Sassonia, KK 1, cc. I-14.
(A) Di tutte le guerre
che condusse, la prima fu quella d’Aquitania, iniziata dal padre, ma
non ancora terminata […] Sistemati i casi d’Aquitania e finita quella
guerra, e ormai fuori dalle vicende umane anche il socio del regno,
per richiesta e preghiera di Adriano, vescovo della città di
Roma, iniziò la guerra contro i Longobardi. […] Carlo, dopo
aver iniziato la guerra non si arrestò prima della resa finale
di re Desiderio, che aveva fiaccato con un lungo assedio, e non prima
di aver costretto il figlio di lui Adelchi, nel quale erano riposte
le speranze di tutti, a uscire non solo dal regno, ma dall’Italia stessa.
[…] Dopo la fine di questa guerra fu ripresa quella contro i Sassoni,
che sembrava quasi interrotta. Nessuna guerra intrapresa fu mai più
lunga e atroce e penosa per il popolo dei Franchi; perché i Sassoni,
come quasi tutti i popoli che abitano la Germania, erano violenti per
natura, dediti al culto dei demoni e ostili alla nostra religione, e
non ritenevano disonesto violare o trasgredire le leggi divine e umane.
Vi erano concreti motivi per cui succedeva che la pace fosse continuamente
turbata, quali il fatto che il confine fra noi e loro correva quasi
ovunque in piano, eccetto che in alcuni punti, dove boschi piuttosto
ampi o interposte catene di monti dividevano in modo più determinato
i rispettivi territori; e su questo confine non cessavano mai di essere
fatte a vicenda stragi, saccheggi e incendi.
Per tali eventi i Franchi furono a tal punto esasperati che giudicarono dignitoso non
operare più solo rappresaglie, ma iniziare un conflitto aperto contro di loro. Fu quindi
intrapresa la guerra, che si condusse con grande accanimento da entrambe le parti,
tuttavia con danno maggiore dei Sassoni che dei Franchi, per trentatré anni senza
interruzione. Poteva finire anche più rapidamente se la slealtà dei Sassoni
l’avesse permesso […] Ma la grandezza d’animo del re e la sua costante
perseveranza, tanto nelle avversità quanto nelle situazioni favorevoli, non poteva esser
vinta né scoraggiata dalla loro instabilità e volubilità al punto di farlo desistere da
quello che aveva intrapreso. Infatti mai tollerò che essi si comportassero così senza
subirne le conseguenze, che anzi si vendicò della loro slealtà e inflisse loro la
meritata punizione, conducendo lui stesso l’esercito nelle spedizioni, o inviandone sotto
i suoi conti. E giunse al punto che, disfatti e ridotti in suo potere tutti quelli che si
ostinavano a resistere, trasferì deportandoli diecimila di quelli che abitavano lungo le
due rive dell’Elba con le loro donne e figli, e li disperse, suddivisi in molti piccoli
gruppi, qua e là per la Gallia e la Germania. A queste condizioni, che il re impose ed
essi accettarono, si sa essersi conclusa questa guerra protrattasi per tanti anni: che,
rinnegato il culto dei demoni e abbandonati i riti tradizionali, prendessero i sacramenti
della fede e religione cristiana e costituissero, riuniti ai Franchi, un solo popolo con
questi.
Mentre dunque combatteva coi Sassoni questa continua e quasi ininterrotta
guerra, disposti dei presidi lungo i punti strategici dei confini, entrò
in Spagna col più grande apparato militare possibile, e superata
la catena dei Pirenei ricevette la resa di tutte le fortezze e i castelli
che incontrò nell’avanzata, ritornandone con l’esercito integro
e incolume; eccetto che, al ritorno, proprio sulla catena dei Pirenei,
gli toccò sperimentare per breve tempo la perfidia dei Baschi.
Infatti, mentre l’esercito procedeva allungato nello schieramento come
consentiva la strettezza del passo, i Baschi prepararono degli agguati
sulla cima di un monte (poiché il luogo, per la densità
dei boschi che lì sono foltissimi, è molto adatto agli
agguati) e fecero incursione dall’alto, rovesciando nella valle sottostante
le ultime colonne delle salmerie e quanti, marciando in appoggio alla
retroguardia, erano di sostegno a chi li precedeva; quindi, ingaggiata
battaglia con questi, li uccisero tutti fino all’ultimo, e saccheggiate
le salmerie, profittando della protezione della notte che già
stava sopraggiungendo, si dispersero in varie direzioni con la massima
rapidità.
In questa circostanza aiutò i Baschi l’armamento leggero e la
conformazione del luogo dove avvenne il fatto, mentre al contrario l’armamento
pesante e l’impraticabilità del terreno rese i Franchi inferiori
ai Baschi. In questo scontro caddero uccisi Egheardo, sovrintendente
alla mensa dei re, Anselmo, conte palatino, e Rolando, prefetto della
marca di Bretagna, con molti altri. E questo fatto non poté esser
vendicato subito perché il nemico, compiuto il misfatto, si era
disperso in modo tale che non rimase neppure la possibilità di
sapere dove mai potesse essere cercato. […]
Queste sono le guerre che il potentissimo re condusse per quarantasette anni (per tanti
anni ha regnato) nelle più varie parti della terra con la più grande perizia e il
massimo successo. Con esse ampliò il regno dei Franchi, che aveva ricevuto dopo il padre
Pipino già grande e potente, e così onorevolmente che vi aggiunse quasi il doppio di
territori. Infatti mentre prima erano sotto la potestà del regno dei Franchi soltanto
quella parte della Gallia che si stende fra il Reno, la Loira, l’Oceano e il mar delle
Baleari, e quella parte di Germania che è posta fra la Sassonia, il Danubio, il Reno e il
fiume Saal che separa i Turingi dai Sorabi, ed è abitata dai Franchi detti Orientali;
oltre a ciò, a parte Alamanni e Bavari, nient’altro era in loro potere; ora, attraverso
le guerre ricordate, egli ricevette sotto il suo dominio: per prima l’Aquitania e la
Guascogna e tutta la catena dei Pirenei, e giù fino al fiume Ebro, che nasce nel paese
dei Navarri, traversa i più fertili campi di Spagna e sbocca nel mar delle Baleari sotto
le mura della città di Tortosa; tutta l’Italia che da Aosta fino alla Calabria inferiore,
dove risultano essere i confini fra Greci e Beneventani, si estende per mille miglia e
più in lunghezza; poi la Sassonia, che costituisce una parte non irrilevante della
Germania e che si ritiene essere estesa in larghezza il doppio della parte abitata dai
Franchi, mentre può considerarsi uguale a questa per lunghezza; e dopo questa le due
Pannonie e la Dacia, posta sull’altra riva del Danubio, l’Istria e la Liburnia e
la Dalmazia, eccetto le città marittime, che egli concesse in potestà
all’imperatore di Costantinopoli per l’amicizia e l’alleanza stretta con
lui; infine domò tutte le barbare e selvagge nazioni che abitano la Germania, le quali si
trovano fra il Reno e la Vistola, l’Oceano e il Danubio, quasi simili
all’idioma, ma molto differenziate nei costumi e nel comportamento, e le domò sì
che le fece sue tributarie; e fra queste le più importanti possono essere considerate
quelle dei Velatabi, Sorabi, Abodriti, Boemi (e con questi infatti fece guerra); di tutte
le altre, di cui è molto maggiore il numero, ricevette l’atto di sottomissione.
Eginardo, Vita di Carlo, SRG, 5-7, 9,15.
Testo originale (B) Sono state stabilite per prime
le [disposizioni] sugli articoli di maggiore importanza.
1. Si è convenuto concordemente che le chiese cristiane, che
si stanno ora costruendo in Sassonia e vengono consacrate a Dio, godano
di un rispetto non inferiore ma anzi assai superiore di quello un tempo
tributato ai luoghi sacri degli idoli.
2. Se qualcuno avrà trovato rifugio in una chiesa, nessuno osi
cacciarlo di lì con la forza, ma abbia pace finché non
si presenti davanti al placito, e per il rispetto di Dio e dei santi,
e la riverenza della sua chiesa, abbia salva la vita e non subisca mutilazione
alcuna. Compia però un atto di riparazione secondo quello che
potrà e che gli verrà intimato; e venga condotta così
alla presenza del re che lo mandi dove piacerà alla sua clemenza.
3. Se qualcuno sarà entrato a forza in una chiesa e ne avrà
sottratto qualcosa con la violenza o il furto, o avrà dato fuoco
alla chiesa stessa, sia messo a morte.
4. Se qualcuno in sfregio alla religione cristiana avrà trascurato
il santo digiuno di Quaresima e avrà mangiato carne, sia messo
a morte; previa però una valutazione da parte del sacerdote che
non sia magari per necessità che accada a qualcuno di mangiare
carne.
5. Se qualcuno avrà ucciso un vescovo, un prete o un diacono,
ugualmente sarà punito con la pena capitale.
6. Se qualcuno, ingannato dal diavolo, avrà creduto secondo la
superstizione pagana che un uomo o una donna sia una strega e divori
gli uomini; e perciò l’abbia bruciata, o ne abbia fatto mangiare
le carni, o l’abbia mangiata, sarà punito con la sentenza capitale.
7. Se qualcuno, secondo il rito pagano, avrà fatto consumare
dalle fiamme il corpo di un defunto e avrà ridotto in cenere
le sue ossa, sarà punito con la pena capitale.
8. Se in seguito, nel popolo dei Sassoni, qualcuno che si celi tra loro
non battezzato avrà voluto nascondersi sdegnando di ricevere
il battesimo e preferendo rimanere pagano, sia messo a morte.
9. Se qualcuno avrà sacrificato un uomo al diavolo offrendolo
come vittima ai demoni secondo l’uso pagano, sia messo a morte.
10. Se qualcuno avrà congiurato con i pagani contro i cristiani,
o con loro si sarà ostinato ad osteggiare i cristiani, sia messo
a morte; ugualmente chiunque si sarà reso complice di macchinazioni
contro il re o la gente cristiana, sia messo a morte.
11. Se qualcuno si sarà mostrato infedele al re, sarà
punito con la sentenza capitale.
12. Se qualcuno avrà fatto violenza alla figlia del suo signore,
sarà messo a morte.
13. Se qualcuno avrà ucciso il suo signore o la sua signora,
sarà punito allo stesso modo.
14. Se però, per questi reati capitali commessi in segreto, qualcuno sarà ricorso
spontaneamente ad un sacerdote e, confessatosi, avrà voluto farne penitenza, su
testimonianza del sacerdote abbia salva la vita.
Capitolazione della Sassonia, KK 1, cc. I-14. Testo originale
|