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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


X
L’Italia
L’età dell’anarchia politica

7. L’Italia padana: i soggetti politici
(A) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 8 (890).
(B) Ludovico III, Diplomi, FSI 37, n. 10 (901).
(C) Berengario II E Adalberto, Diplomi, FSI 38, n. 11 (858).

(A) In nome del Nostro Signore eterno Gesù Cristo [1]. Berengario re. […] Sappia pertanto la solerzia e la sagacia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri presenti e futuri che Unroch, nostro consanguineo e figlio del fu Suppone, illustre marchese, per intervento del venerabile vescovo Adelardo e dell’illustre marchese Walfredo nostri diletti fedeli, ci mostrò i precetti dei nostri predecessori, l’imperatore Ludovico, il re Carlomanno e l’imperatore augusto Carlo [2], signori e cugini, nei quali si leggeva che il già nominato Ludovico imperatore aveva concesso al predetto marchese Suppone, padre del medesimo Unroch, tra le altre cose due corti nel comitato di Parma nel gastaldato di Bismantova, una delle quali si chiama Malliaco e l’altra Felina, con una cappella e un territorio incolto sul monte Cervario, con i mansi e tutte le pertinenze e le adiacenze loro, tutto, tanto a monte che a valle e in pianura, e anche con le famiglie [servili] di entrambi i sessi, così come dai tempi antichi [le medesime corti] erano appartenute al comitato di Parma. E questo precetto l’imperatore Carlo, signore e cugino nostro, lo aveva confermato e convalidato con un suo precetto di rinnovo. E chiese [il medesimo Unroch] alla nostra eccellenza che, per maggiore e più piena sicurezza, confermassimo con la pagina di un nostro precetto tanto il medesimo precetto che riguardava Malliaco e Felina, quanto pure tutti i beni e le famiglie [servili] che il predetto Suppone aveva ottenuto nelle singole regioni e comitati del regno italico tramite i precetti dei già nominati re e imperatori, come pure anche tutti i beni mobili e immobili che aveva ottenuto a qualunque titolo, giustamente e secondo la legge. E perciò abbiamo ordinato che a suo favore fosse redatto il presente strumento della nostra autorità, tramite il quale […] confermiamo per l’eternità tutti i precetti dei nostri predecessori.

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 8 (890).

Testo originale

[1] Emesso a Verona.

[2] Si tratta rispettivamente di Ludovico II, di Carlomanno re dei Franchi orientali e di Carlo III.


(B) In nome della santa e indivisibile Trinità. Ludovico imperatore augusto con il favore della clemenza divina. [1] […] Sappia la solerzia di tutti i nostri fedeli presenti e futuri che Angilberto, venerabile vescovo della santa chiesa di Vercelli, dopo averne fatta richiesta tramite Adelelmo illustre conte e fedelissimo nostro ottimate, ha pregato umilmente la clemenza della nostra altezza che – poiché sì sapeva che, a causa della tuttora minacciosa persecuzione e degli incendi da parte degli Ungari, i precetti della sua chiesa, i privilegi e gli altri documenti in massima parte erano andati perduti – con un precetto e per autorità della nostra altezza sublime, ad aumento non solo del potere terreno ma anche della gloria celeste e per la sicurezza degli uomini cristiani, [quegli stessi documenti] fossero in perpetuo rinnovati e confermati. Assentendo al suo serenissimo e fedelissimo suggerimento […] abbiamo stabilito che sia redatto questo precetto della nostra augusta magnificenza con norma immutabile, per mezzo del quale […] tutto ciò che era posseduto dallo stesso vescovo della chiesa di Vercelli o dalla chiesa stessa al tempo della medesima crisi e della distruzione […], lo abbia, tenga e possieda [la medesima chiesa] con diritto incontestabile.

Ludovico III, Diplomi, FSI 37, n. 10 (901).

Testo originale

[1] Emesso a Piacenza.


(C) In nome di Dio eterno, Berengario e Adalberto re per grazia divina [1]. Conviene che l’eccellenza regale inclini gli orecchi ai voti dei suoi fedeli, per renderli più fedeli e pronti nella loro obbedienza, perciò […] confermiamo e corroboriamo a tutti i nostri fedeli e abitatori della città di Genova tutte le cose e proprietà loro, i livelli e le precarie e tutte le cose che possiedono secondo le loro consuetudini, quale sia il titolo o il tipo di scrittura con il quale le acquisirono, e quelle cose che ad essi pervennero da parte del padre e della madre. Confermiamo e corroboriamo loro tutte le cose dentro e fuori della città, insieme con le terre, vigne e prati, pascoli, selve, saliceti, seminativi, rive, mulini, diritti di pesca, monti, valli, pianure, acque e corsi d’acqua, servi ed ancelle dell’uno e dell’altro sesso e tutto quello che può essere detto e nominato, che secondo la loro consuetudine essi possiedono, con annessi e connessi nella loro integrità. Ordiniamo anche che nessun duca, marchese e conte, sculdascio, decano o qualsiasi altra persona grande o piccola del nostro regno osi entrare ad esercitare atti di autorità nelle loro case o pretenda il mansionatico [2] o rechi loro ingiuria o molestia. […] Se qualcuno violerà questo nostro precetto […] sappia che pagherà mille libbre d’oro puro, metà alla nostra camera e metà ai sopraddetti uomini e ai loro eredi e proeredi.

Berengario II e Adalberto, Diplomi, FSI 38, n.11 (858).

Testo originale

[1] Emesso a Pavia.

[2] Un tributo; originariamente era il diritto di alloggio che gli ufficiali pubblici potevano richiedere quando erano in viaggio.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05