Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
7. Verso Oriente: la Rus’ (A) Annali di S. Bertin,
SRG, anno 839. (B) Racconto dei tempi passati,
pp. 11-12. (C) Ibn Rustah, Libro delle gemme
preziose, VII.
Tra VIII e IX secolo gli Scandinavi, specialmente gli Svedesi, sentirono
l’attrazione delle grandi vie commerciali di oriente, che raggiunsero
tramite i bacini del Volga, del Don e del Dnjepr. Ad incoraggiare la
loro avanzata, a carattere peraltro prevalentemente commerciale, vi
era la scarsa o nulla resistenza delle molteplici e discordi tribù
slave alcune delle quali soggette alla ormai debole supremazia dell’impero
chazaro, allora già vacillante sotto la pressione musulmana.
È impossibile in questa sede addentrarsi nelle vicende, intricate
e non chiare, dell’affermazione degli Scandinavi – detti «Rus»
o «Ruotsi» – nella terra che da loro prese il nome. Ricordiamo
soltanto che fonti islamiche ed occidentali menzionano l’esistenza,
intorno agli anni 830/840, di un regno, o kanato, dei Rus,
che alcuni studiosi localizzano intorno a Novgorod, altri nella cosiddetta
mesopotamia russa, cioè tra i fiumi Volga ed Oka.
Ci parlano ad esempio di questo kanato i già citati
Annales Bertiniani dove, all’anno 839, si narra dell’arrivo,
presso Ludovico il Pio, di una ambasceria bizantina che aveva con sé
alcuni messi inviati dal kanato russo all’Imperatore di Costantinopoli
(A). Una narrazione diffusa, anche
se largamente leggendaria, delle origini della dominazione scandinava,
ci è presentata nella più antica cronaca russa, un’opera
degli inizi del XII secolo che abbraccia gli eventi dall’858 al 1106
ed è attribuita ad un monaco di Kiev, Nestore.
La cronaca, dal titolo Povest vremenych let (Racconto dei tempi passati),
ci narra di un appello delle tribù slave agli Scandinavi perché
venissero a governarle: a raccogliere questo appello, alla metà
del IX secolo, incontriamo il semileggendario Rjurik, che si sarebbe
stabilito a Novgorod, mentre l’ulteriore espansione verso sud e la conquista
di Kiev sarebbero state effettuate dai condottieri Askol’d e Dir (B).
Si possono probabilmente identificare i Russi di Novgorod nella popolazione
descritta dall’astronomo e geografo arabo Ibn Rustah, che nella seconda
metà del X secolo compose un’opera geografica dove sono contenute
le notazioni etnografiche che qui riportiamo (C).
(A) Anno dell’incarnazione del Signore
839. […] Vennero anche ambasciatori greci inviati dall’Imperatore
Teofilo [1]: erano, Teodosio
vescovo metropolita di Calcedonia e Teofano spatario [2],
che portavano doni degni dell’Imperatore ed una lettera. L’imperatore
li ricevette onorevolmente il 17 maggio ad Ingelheim [3].
L’ambasceria veniva a ratificare il trattato di pace e di perpetua amicizia
tra gli imperatori ed i loro sudditi. Annunciava anche la riconoscenza
e l’esultanza nel Signore per i successi militari riportati, col favore
divino, contro i nemici esterni e chiedeva amichevolmente all’imperatore
ed ai suoi sudditi di rendere grazie a Dio, datore di tutte le vittorie.
Con i messi l’imperatore inviò anche alcuni uomini che dicevano
di chiamarsi, in quanto popolo, Russi; il loro re, che aveva il nome
di Kagan [4], li aveva
mandati da lui, secondo quanto essi asserivano, per stabilire relazioni
amichevoli. E lui a sua volta, nella lettera che abbiamo prima menzionato,
chiedeva che la benevolenza dell’imperatore gli consentisse ed agevolasse
il ritorno: infatti l’itinerario che avevano seguito per recarsi da
lui a Costantinopoli li aveva portati a contatto con genti barbare di
straordinaria ferocia, e quindi loro non volevano ripercorrerlo per
non ricadere nel pericolo. L’imperatore però, nel corso di più
attente indagini sul motivo della loro venuta, venne a sapere che appartenevano
al popolo svedese [5].
Allora, col sospetto che fossero venuti più per spiare l’impero
suo e di Teofilo che non per instaurare rapporti di amicizia, ritenne
di doverli trattenere presso di sé fin quando non avesse potuto
capire se erano venuti fino a lì in buona fede o nò. E
non indugiò ad informare subito Teofilo per lettera, tramite
i già citati ambasciatori, che per amor suo aveva volentieri
accolto quegli uomini e che, se li avesse trovati degni di fede, e se
vi fosse stata per loro la possibilità di rientrare in patria
senza pericolo, lì avrebbe certamente rimandati via con degli
aiuti; altrimenti lì avrebbe indirizzati da lui con alcuni nostri
ambasciatori perché lui stesso prendesse decisioni e provvedimenti
su di loro.
Annali di S. Bertin, SRG, anno 839.
[1] Imperatore dall’829 all’842,
figlio di Michele della dinastia d’Amorio, fu l’ultimo imperatore seguace
della iconoclastia, ma mantenne buoni rapporti con i Franchi quali possibili
alleati contro i musulmani.
[2] Titolo onorifico bizantino.
[3] L’imperatore è Ludovico
il Pio. Ingelheim era sede regia presso il Reno, non lontano da Magonza.
[4] Khan (o Khagan) è voce
turca per ‘signore’.
[5] L’origine svedese insospettì
Ludovico, evidentemente timoroso di avere a che fare con spie vichinghe.
(B) Anno 6367 [1].
Levarono tributo i Varjaghi [2]
d’oltre mare sui Cudi e sugli Slavi, sui Meri e sui Vesi e sui Krivici.
Mentre i Chazari [3]
lo riscotevano dai Poliani, e dai Severiani, e dai Vjatici riscotevano
monete d’argento e pelle di scoiattolo per ogni focolare.
Anno 6370. Scacciarono i Varjaghi al di là del mare, e non
pagarono loro il tributo, e cominciarono da sé a governarsi,
e non vi era fra loro giustizia, e si levò stirpe contro stirpe,
e vi era fra loro discordia e cominciarono a combattersi essi fra loro
stessi. E si dissero: «Cerchiamo un principe, il quale ci governi e
giudichi secondo giustizia». E andarono al di là del mare dai
Varjaghi, dai Russi. Giacché questi Varjaghi si chiamavano Russi
[4], così come
altri si chiamavano Svedesi, altri Normanni, Angli, Goti, così
anche questi. Dissero ai Russi i Cudi, gli Slavi, i Krivici, e i Vesi:
«La terra nostra è grande e fertile, ma ordine in essa
non v’è. Venite a governarci e a cornandarci». E si riunirono
tre fratelli con la lore, gente, e presero seco tutti i Russi; e giunsero
[ivi]; il più anziano, Rjurik [5],
si stabilì a Novgorod, e il secondo Sineus e Beloozero, e il
terzo Truvor a Izborsk. E da questi Varjaghi prese nome la terra russa,
i Novgorodiani, sono questi Novgorodiani di stirpe varjaga, prima però
erano slavi. Dopo due anni Sineus morì e anche il fratello suo
Truvor. E assunse il potere Rjurik, e distribuì agli uomini suoi
le città: ad uno Polock, ad un altro Rostov, ad un altro Beloozero
[6]. In queste città
i Varjaghi sono immigrati in quanto i primi abitatori a Novgorod erano
Slavi, a Polock Krivici, a Rostov Meri, a Beloozero Vesi, a Murom Muromi;
e su tutti costoro governava Rjurik. E aveva egli due uomini, non della
stirpe sua, ma boiari, e questi chiesero [di andare] a Costantinopoli,
con la gente propria. E si diressero lungo il Dnepr, e passandogli d’appresso
videro sulla collina una piccola città. E chiesero e dissero:
«Di chi è questa cittadina?». Risposero: «V’erano
tre fratelli – Kij, Šcek, Choriv – edificarono questa cittadina, e sono
morti, e noi discendenti qui dimoriamo e paghiamo il tributo ai Chazari».
Askol’d e Dir rimasero in questa città, e molti Varjaghi radunarono,
e presero a governare la terra dei Poliani, intanto Rjurik regnava a
Novgorod.
Anno 6374. Mossero Askol’d e Dir contro i Greci, e giunsero nel quattordicesimo
anno [di regno] dell’imperatore Michele [7].
Partito l’ imperatore contro gli Agari [8],
e giunto che fu al fiume Nero, il capo della città gli fece pervenire
la notizia che i Russi contro Costantinopoli movevano, e ritornò
l’imperatore. Costoro dopo essere entrati in Corno d’Oro [9],
grande strage dei cristiani fecero, e con duecento navi Costantinopoli
assediarono. L’imperatore a stento nella città entrò,
e con il patriarca, con Fozio, nella esistente chiesa della Santa Madre
di Dio a Blacherna [10]
tutta la notte preghiera innalzò,tra canti portarono fuori il
manto divino della Santa Madre e nel mare l’orlo [di esso] bagnarono.
Vi era calma, e il mare era quieto; improvvisamente, una tempesta si
alzò con vento, e onde grandi, sollevandosi alternativamente,
le navi dei Russi pagani spinsero lontano e contro la riva le scagliarono
e le fracassarono a tal punto che pochi di loro, a tale calamità
fuggirono e alle loro case tornarono.
Anno 6387. Morì Rjurik, dopo aver ceduto il principato suo
ad Oleg, della sua stessa stirpe, e dopo aver affidato a lui il figliuol
suo lgor’, ancora fanciullo.
Racconto dei tempi passati, pp. 11-12.
[1] L’anno in questione è
l’859. La cronologia seguita è quella bizantina, che parte dalla
creazione del mondo calcolata all’anno 5508 a.C. Gli anni citati successivamente
sono: 862, 865, 879.
[2] Cfr. sopra, introduzione a
questo capitolo.
[3] I Chazari, confederazione
di tribù turche e iraniane, a partire dalla metà del VI
secolo costituirono un impero che si estese dalle montagne del Caucaso
verso i bacini dei fiumi Volga, Dnjepr e Dnjestr. L’impero, a religione
giudaica, mantenne buoni rapporti con i bizantini ma declinò
per causa dell’espansione islamica e del crescente potere del regno
di Kiev. Gli altri nomi qui citati si riferiscono a tribù slave.
[4] Cfr. sopra, introduzione a
questo capitolo.
[5] La dinastia che riconobbe
in Rjurik il proprio capostipite si è perpetuata fino a Boris
Gudunov ed a suo figlio Fiodor (m. 1605).
[6] Considerando anche Novgorod
queste città si trovano nell’area tra il lago di Il’men (Novgorod),
il bacino della Dvina occidentale (attuale Polock), quello dell’alto
Volga (Rostov), ed il lago Bianco, (attuale Belozersk).
[7] Michele III (842-867), figlio
di Teofilo. Divenne maggiorenne nell’857.
[8] Agari o Agareni è uno
dei nomi con i quali venivano designati gli Arabi. È nato come contrapposizione
a Saraceni, che una falsa etimologia interpretava come‘figli di Sara’
e sta a significare ‘figli di Agar’, in quanto gli Arabi venivano considerati
discendenti di Isamele, figlio di Abramo e di Agar.
[9] Lo stretto che divide Costantinopoli
dall’Asia Minore.
[10] Zona della città tra il
Corno d’Oro ed il muro di Teodosio.
(C) Se ne stanno su un’isola
in mezzo al lago, un’isola coperta di foreste e di cespugli, per fare
il giro della quale ci vogliono tre giorni, e che è paludosa
e insalubre. Hanno un principe chiamato HaqanRus [1].
Con le loro navi partono per depredare as-Saqaliba [2]
e tornano con prigionieri che vendono a Hazaran e a Bulgar [3].
Non coltivano campi, ma si sostentano con quello che riescono a prendere
nella terra degli as-Saqaliba. Quando nasce un figlio, il padre avanza
verso il bambino con la spada in mano, e gliela getta davanti dicendo:
«Non ti lascerò nulla; tu avrai soltanto quello che riuscirai
a procurarti con quest’arma!». Non hanno possedimenti, villaggi
o campi; la loro unica attività è commerciare in pellicce
di zibellino, di scoiattolo e di altri animali, e i soldi che guadagnano
in questi affari se li ficcano nella cintura. Portano abiti puliti,
e gli uomini si adornano con bracciali d’oro. Trattano bene i loro schiavi,
e indossano abiti splendidi dato che commerciano molto attivamente.
Hanno molte città. Si trattano reciprocamente con franchezza,
onorano gli ospiti e sono accoglienti e cortesi con gli stranieri che
si rifugiano da loro e in genere con tutti coloro che li vanno a trovare.
Non permettono a nessuno di molestare o di far del male agli ospiti,
e se qualcuno osa insultarli o far loro qualche torto, li aiutano e
li difendono. Usano spade di foggia turca. Se un gruppo di loro è
sfidato a battaglia, si riuniscono in banda, come un sol uomo, finché
non hanno ottenuto la vittoria. Se due persone litigano, il caso è
esaminato dal principe, alla cui presenza ciascuno espone le proprie
ragioni; e se i due accettano che sia il principe a risolvere la vertenza,
la sua decisione è valida; ma se non accettano, il principe dice
loro di dirimere la contesa con le spade – e vinca la spada più
tagliente! Il combattimento ha luogo in presenza degli amici dei duellanti,
che stanno a guardare con la spada sguainata, e quello che ha la meglio
ha il diritto di risolvere la controversia.
Ci sono sacerdoti che hanno grande potere. Costoro dicono alla gente
con esattezza quali offerte di donne, uomini e bestie devono essere
fatte al creatore. Quando il sacerdote ha dato gli ordini, non c’è
modo di disobbedire. Egli prende la vittima – essere umano o animale
– e la impicca a un palo finché non spira, dicendo: «Questo
è un sacrificio a Dio». Sono coraggiosi in battaglia, e
quando attaccano il territorio di un’altra tribù insistono finché
non l’hanno distrutta interamente. Prendono prigioniere le donne e fanno
schiavi gli uomini. Hanno un corpo ben fatto e sono di bell’aspetto
e ardimentosi, ma la loro bravura non appare per terra; sempre attaccano
e fanno, spedizioni con le navi. Portano calzoni ampi (circa duecento
piedi di stoffa ogni paio) e quando li indossano li arrotolano fino
al ginocchio e li legano lì. Quando vogliono svagarsi escono
in gruppi di quattro e portano la spada per proteggersi a vicenda. Non
si sta molto sicuri fra di loro, e sono molto infidi, e anche un fratello
o un compagno ti deruba o ti uccide, se può.
Ibn Rustah, Libro delle gemme preziose, VII.
[1] Khan dei Russi.
[2] Gli Slavi.
[3] Città sul Volga.
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