Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
8. Il Regno di Kiev (A) Racconto dei tempi passati,
p. 27. (B) Racconto dei tempi passati,
pp. 62-69. (C) Snorri Sturluson, Saga di
Harald il Severo, 16-17.
Con i successori di Rjurik: Oleg (m. 912), Igor (m. 945) e la moglie
di questi Olga (m. 968), la dinastia di Rjurik, installatasi a Kiev,
estese il proprio potere organizzando sempre meglio – anche tramite
accordi con l’impero di Costantinopoli (A)
– il sistema, di traffici che diede vita ad un vero e proprio organismo
statale su base commerciale. Questo organismo, noto nella storiografia
con il nome di principato di Kiev (anche se risulta talvolta diviso,
per motivi dinastici, tra i due centri di Novgorod e Kiev) si manifesta
come forza politica emergente durante il regno del figlio di Igor, Svyatoslaw
(m.972), che condusse campagne vittoriose contro i Chazari – di cui
infranse definitivamente la potenza – e contro i bulgari di oriente
ed occidente. La nostra fonte principale sui principi di Kiev, il già
citato Racconto dei tempi passati, ci presenta tuttavia come
maggiore artefice dello stato il figlio di Svyatoslaw, Vladimiro (973-1015),
la cui conversione al cristianesimo greco-ortodosso (B)
segnò l’avvio di più stretti rapporti con Costantinopoli.
Non può essere discussa in questa sede la dibattutissima questione
dell’effettivo peso rivestito dalla componente scandinava, rispetto
agli elementi slavi, nella costituzione del principato di Kiev. Ricordiamo
solo che le corti di Kiev e Novgorod, pur sempre più aperte all’influsso
bizantino e non identificabili con la cultura nordica, intrattennero
a lungo, almeno fino alla fine del , rapporti privilegiati
con il mondo scandinavo anche nella politica matrimoniale. Così
il figlio di Vladimiro, Jaroslav (1036-1054), che aveva sposato una
principessa svedese, diede a sua volta una figlia in sposa al futuro
re di Norvegia, Harald il Severo. Riportiamo in proposito un brano tratto
dalla biografia di Harald – Harald Saga Hardrada o Saga
di Harald il Severo (C) – che
è parte della Heimskringla orbe terraqueo: una storia
della Norvegia attraverso le vite dei suoi re, composta a partire dal
1223 da Snorri Sturluson. (A) E che il granduca russo ed i boiari
suoi inviino in Grecia ai sommi imperatori greci navi quante ne vogliono,
con ambasciatori e mercanti, così come da essi era stato disposto
[1]. Che gli ambasciatori
portino distintivi d’oro, e i mercanti d’argento. Si rende ora noto
che il vostro principe invierà un certificato al nostro imperatore;
che gli ambasciatori e i mercanti inviati da loro portino un certificato
da cui risulti il numero delle navi inviate, in tal modo sarà
a noi chiaro che tali navi sono arrivate con scopi pacifici. Se esse
giungeranno senza certificato e si arrenderanno a noi, allora le sorveglieremo
e le tratterremmo fino a quando non prenderemo contatto con il vostro
imperatore. Se l’equipaggio delle navi non si arrenderà, e opporrà
resistenza, sarà ucciso, e noi non saremo responsabili della
sua morte dinanzi al vostro imperatore. Se fuggirà o farà
ritorno nella Rus’, informeremo il vostro imperatore, e facciano come
vogliono. Se i Russi sbarcheranno senza merci, non avranno lo stipendio
mensile. Che il principe dia disposizioni ai suoi ambasciatori, e a
tutti i Russi qui giunti, perché essi non commettano disordini
nei villaggi, e nei nostri paesi. Appena giunti sosteranno nella chiesa
di San Mamas [2]; che il
nostro imperatore mandi qualcuno per trascrivere i vostri nomi, e qui
gli ambasciatori riceveranno lo stipendio che loro compete, e i mercanti
lo stipendio mensile, per primi quelli della città di Kiev poi
di Cernigov, e di Perejaslavl’ [3]
e delle altre città. Che entrino in città attraverso un’unica
porta con un messo dell’imperatore e senza armi, cinquanta uomini alla
volta, e che mercanteggino come desiderano e che vadano via di nuovo;
e che il messo del nostro imperatore li difenda, se qualcuno, russo
o greco, commetterà qualche ingiustizia, e che giudichi. I Russi,
entrati in città, non dovranno fare alcun danno e non avranno
il diritto di comprare seta del valore di oltre 50 pezzi d’oro; se qualcuno
acquisterà seta di tale valore, che la mostri al rappresentante
dell’imperatore, e costui dopo averla valutata gliela riconsegnerà.
E i Russi che qui giungeranno riceveranno da noi tutto quanto occorrerà
loro, viveri per il viaggio, e tutto ciò che serve alle navi,
come è stato precedentemente disposto, e che tornino tranquilli
al loro paese, e che non abbiano il diritto di restare in San Mamas.
Racconto dei tempi passati, p. 27.
[1] È qui riportata la parte
specificamente commerciale di un lungo trattato di pace stipulato nel
944 tra il principe russo Igor (913-945) e gli imperatori bizantini
Romano I (919-944), Costantino VII (912-959) e Stefano (928-945).
[2] Verso il Mare di Marmara.
[3] Rispetto a Kiev Cernigov si trova a
nord, su un affluente del Dnjepr, mentre Perejaslavl’ si trova a sud,
sul Dnjepr.
(B) Anno 6495 [1].
Chiamò Volodimir [2]
i boiari suoi e gli anziani della città, e disse loro: «Ecco,
sono venuti da me i Bulgari, per dire: accogli la fede nostra. Di poi
sono venuti i Tedeschi, e costoro lodarono la fede loro. Dopo di loro
giunsero gli Ebrei. Infine giunsero i Greci, biasimarono tutte le fedi,
la propria lodarono e molto parlarono, narrando le origini del mondo
e del suo esistere. Saggiamente dissero, e meraviglioso era ascoltarli;
ad ognuno avrebbe fatto piacere udirli, e l’altro mondo svelarono: e
chi, dissero, nella nostra fede entrerà, allora morirà,
risorgerà, e non morirà in eterno; se in un’altra fede
entrerà allora nell’altro mondo arderà nel fuoco. Qual
è il vostro parere? Cosa rispondete?». E dissero i boiari
e gli anziani: «Sappi, principe, che nessuno biasima il proprio
[rito], ma [lo] loda. Se vuoi avere delle prove sicure, tu hai pure
degli uomini: inviali a studiare il culto di ciascuno di loro, e la
maniera in cui ciascuno serve Dio». E piacque il discorso al principe
e a tutti gli uomini; scelsero uomini buoni e sensati, in numero di
dieci, e dissero loro: «Andate per prima dai Bulgari e studiate
la fede loro». Essi andarono, e giunti[vi] videro gli atti osceni
e il culto nella moschea; ritornarono nella terra propria. E disse loro
Volodimir: «Andate anche dai Tedeschi, osservate allo stesso modo,
e da lì andate dai Greci». Vennero essi dai Tedeschi, e
osservarono il rito ecclesiastico loro giunsero a Costantinopoli e si
presentarono all’imperatore. L’imperatore chiese, per quale ragione
fossero venuti. Essi gli raccontarono tutto l’accaduto.
Avendo udito ciò, l’imperatore, rallegratosi, grande onore tributò
loro in quel giorno. L’indomani mandò dal patriarca, per dirgli
così: «Sono giunti i Russi ad informarsi della fede nostra,
prepara la chiesa e il clero, e tu stesso indossa le sante vesti, che
vedano la gloria del Dio nostro». Avendo udito ciò, il
patriarca ordinò di convocare il clero, secondo il solito celebrarono
il rito e gli incensi arsero, i canti e i cori si composero. E [l’imperatore]
andò con loro in chiesa e fece loro prendere posto in un ampio
spazio, mostrando la bellezza della chiesa, i canti e il rito dei vescovi,
lo schieramento dei diaconi, parlando loro del servizio del Dio suo.
Estasiati, e pieni di meraviglia, elogiarono il rito loro. E li chiamarono
gli imperatori Basilio e Costantino [3],
dissero loro: «Tornate nella terra vostra», e li congedarono
con doni grandi e con onore. Essi dunque giunsero alla terra loro. E
convocò il principe i suoi boiari e gli anziani, disse Volodimir:
«Ecco, sono giunti gli uomini da noi inviati, ascoltiamo da essi
l’accaduto», e disse: «Parlate dinanzi alla družina
[4]».
Essi dissero così: «Siamo andati dai Bulgari, abbiamo visto
come adorano [Dio] nel empio, cioè nella moschea, stanno senza
cintura; adorando [Dio] si siedono, e guardano qua e là come
ossessi, e non vi è gioia in loro, bensì tristezza e lezzo
grande. Non è buona la fede loro. E siamo andati dal Tedeschi,
e vedemmo che nei templi molti riti officiavano, ma di bello non vedemmo
nulla. E dai Greci andammo, e vedemmo dove officiavano in onore del
loro Dio, e non sapevamo se in cielo ci trovavamo oppure in terra: non
v’è sulla terra uno spettacolo di tale bellezza, e non riusciamo
a descriver[lo]; solo questo sappiamo: che là Dio con l’uomo
coesiste, e che il rito loro è migliore [di quello] di tutti
i paesi. Ancora non possiamo dimenticare quella bellezza, ogni uomo
che gusta il dolce, poi non accetta l’amaro, così anche noi non
saremo più [pagani]». Rispondendo i boiari dissero: «Se
fosse stata empia la fede greca l’ava tua Ol’ga, che fu la più
saggia di tutti gli uomini non l’avrebbe accettata [5]».
Volodimir in risposta disse: «Dove riceveremo il battesimo?»
Essi dissero: «Dove ti aggrada». E passò un anno...Nell’anno
6496, andò Volodimir con gli eserciti contro Cherson [6],
città greca, e si rinchiusero i Chersonesi nella città.
E stette Volodimir dall’altra parte della città, nell’estuario,
lontano un tiro di freccia da essa, e combattevano strenuamente. Volodimir
cinse la città d’assedio. E gli uomini vi perdevano le forze;
e disse Volodimir ai cittadini: «Se non vi arrenderete, rimarrò
ancora tre anni». Essi non gli dettero ascolto. Volodimir ordinò
le schiere sue, e comandò di formare un terrapieno dalla parte
della città. Mentre essi lavoravano, i Chersonesi, dopo averne
distrutto le mura, sottraevano la terra ammonticchiata e se la portavano
via, ammassandola nel mezzo della città. I soldati ammucchiavano
di più, e Volodimir persisteva. Ed ecco che un chersonese, a
nome Anastasio, lanciò una freccia dopo avervi scritto sopra
così: «Scava e sbarra le sorgenti che sono dietro di te
ad oriente, da dove l’acqua giunge attraverso canali». Volodimir,
appresso ciò, rivolto al cielo, disse: «Se ciò avverrà,
io stesso mi farò battezzare». E allora, subito ordinò
di scavare in direzione dei canali, e sbarrò l’acqua. Gli uomini
vennero meno per sete e si arresero. Entrò Volodimir nella città
con la družina sua, e mandò Volodimir agli imperatori,
Basilio e Costantino per dire così: «Ecco la città
vostra gloriosa ho preso; ho udito che avete una sorella nubile; se
non me la darete in sposa, farò con la città vostra come
ho fatto con questa». E udirono gli imperatori, si rattristarono,
e mandarono la risposta, dicendo così : «Non è dignitoso
per un cristiano sposare un pagano. Se tu prenderai il battesimo allora
anche questo otterrai, e il regno celeste riceverai, e della stessa
fede saremo. Se ciò non vuoi fare, non potremo darti la sorella
nostra in sposa». Avendo udito ciò Volodimir disse agli
inviati degli imperatori: «Dite agli imperatori così: mi
farò battezzare, giacché ho già sperimentato prima
di questi giorni la fede vostra, ed è di mio gradimento la fede
vostra e il rito, giacché me lo hanno illustrato gli uomini da
noi inviati». E avendo udito ciò gli imperatori furono
contenti, e implorarono la sorella loro, a nome Anna, e mandarono [messi]
da Volodimir, per dire: «Fatti battezzare, ed allora invieremo
a te la sorella nostra». E ubbidirono gli imperatori, ed inviarono
la sorella loro, alcuni dignitari e preti. Ella non voleva andare: «Vado
in schiavitù» disse «meglio sarebbe per me morire
qui». E dissero a lei i fratelli: «Forse condurrà
Dio, per tuo tramite, la terra russa alla redenzione, e la terra greca
libererà da una terribile guerra. Non hai forse visto quanto
male hanno fatto i Russi ai Greci? e ora se tu non vai, lo stesso faranno
a noi». E a mala pena la convinsero. Ella seduta nell’imbarcazione,
dopo aver salutato i suoi parenti, in pianto, se ne andò per
mare. E giunse a Cherson e andarono i Chersonesi incontro ad ossequiarla,
e la condussero in città e la ospitarono al palazzo. Per divina
provvidenza in quel tempo Volodimir era ammalato agli occhi, e non vedeva
nulla, e soffriva molto, e non sapeva cosa fare. E mandò a lui
[inviati] l’imperatrice, per dirgli: «Se vuoi salvarti da questa
malattia, fatti subito battezzare, altrimenti non ti libererai da tale
sofferenza». Avendo udito ciò Volodimir disse: «Se
ciò sarà vero, allora è veramente grande il Dio
cristiano». E ordinò che lo battezzassero. Il vescovo chersonese
con i preti dell’imperatrice, dopo aver reso pubblico [tale fatto],
battezzò Volodimir. E appena pose la mano su di lui immediatamente
[Volodimir] vide. Avendo costatato Volodimir l’improvvisa guarigione,
rese gloria a Dio, e disse: «Ora per la prima volta ho conosciuto
il Dio vero». Avendo visto ciò la družina sua,
molti [di essa] si fecero battezzare. Essi furono battezzati nella chiesa
di San Basilio, e questa chiesa si trova nella città di Cherson,
al centro di essa, dove tengono mercato i Chersonesi; il palazzo di
Volodimir si trova oltre la chiesa ancor oggi, mentre il palazzo della
imperatrice è dietro l’altare. Dopo il battesimo [Volodimir]
condusse l’imperatrice a nozze. Coloro che non conoscono la verità
dicono che egli fu battezzato a Kiev, altri dicono a Vasilev, altri
ancora diversamente dicono. […]
In seguito Volodimir prese l’imperatrice, e Anastasio, e i preti chersonesi,
con le reliquie di san Clemente [7] e di Teba, suo discepolo prese anche i vasi chiesastici e le immagini
per la benedizione. Eresse egli una chiesa a Cherson su un’altura, che
essi avevano innalzato al centro della città, scavando [la terra]
ammonticchiata; questa chiesa esiste ancor oggi. Andando, prese due
idoli di bronzo, e quattro cavalli di bronzo, che ancor oggi sono collocati
dietro [la chiesa del] la Santa Madre di Dio, e sono creduti di marmo
dagli ignoranti. Dette Cherson di nuovo ai Greci come dono nuziale all’imperatrice;
ed egli stesso tornò a Kiev. Allorché giunse, ordinò
di abbattere gli idoli, alcuni fare a pezzi, e altri mettere a fuoco.
Ordinò di legare Perun [8] alla coda di un cavallo e di trascinar[lo] dalla collina di Boricev
sul ruscello; a dodici uomini dette ordine di percuoterlo con bastoni.
Questo non perché il legno sentisse, ma per oltraggio al demone,
che aveva ingannato in quelle sembianze gli uomini, perché il
castigo ricevesse egli dagli uomini. «Grande sei tu, o Signore,
meravigliose sono le opere tue!. Ieri onorato dagli uomini, e oggi insultato.
Allorché lo trascinarono lungo il ruscello fino al Dnepr, lo
piansero gli uomini fedeli, giacché essi non avevano ricevuto
il santo battesimo. E dopo averlo trascinato, lo gettarono nel Dnepr.
E ordinò Volodimir, e disse: «Se egli si fermerà
in qualche luogo, respingetelo dalla riva; fin quando le cateratte oltrepasserà
allora solo lo abbandonerete». Essi fecero ciò che era
stato comandato.
Lo abbandonarono e passò attraverso le cateratte, lo sbatté
il vento su una spiaggetta, che per questa ragione fu ritenuta la spiaggia
di Perun, come ancor oggi la chiamano. Di poi Volodimir mandò
per tutta la città a dire: «Chiunque non verrà domani
al fiume, ricco, o povero, o mendicante, o artigiano, contro di me sarà».
Avendo udito ciò gli uomini, con gioia andarono, rallegrandosi
e dicendo: «Se questa [fede] non fosse stata buona, il principe
e i boiari non l’avrebbero accettata». L’indomani giunse Volodimir
con i preti dell’imperatrice e con i Chersonesi al Dnepr, e lì
si recò la gente innumerabile. Scesero nell’acqua, e stavano
alcuni fino al collo, e altri fino al petto; i giovani fino al petto
presso la riva, altri i bimbi tenevano, gli adulti andavano avanti e
dietro, e i preti che erano lì innalzavano preghiere. Ed era
una gioia nei cieli e sulla terra vedere tante anime salvate; ma il
diavolo gemendo diceva: «Ahimè, da qui sono stato cacciato!
Qui pensavo di avere dimora, giacché qui non vi fu l’insegnamento
apostolico, né qui conoscevano Dio, ma godetti io del culto che
essi mi offrivano. Ed eccomi vinto da un ignorante, e non dagli apostoli,
né dai martiri, non regnerò più nei paesi loro».
Dopo che furono battezzati, gli uomini andarono ciascuno alla propria
casa. Volodimir contento di aver conosciuto Dio, egli stesso e il suo
popolo, levando gli occhi al cielo, disse: «O Cristo Dio, creatore
del cielo e della terra! Vigila su questi uomini nuovi, e fa’, o Signore,
che essi ti considerino vero Dio, quale ti considerano i paesi cristiani.
Rafforza in loro la fede giusta infallibile, e siimi di aiuto, o Signore,
contro il nemico avversario, avendo io fiducia in te e nel tuo regno,
fa’ che possa sfuggire alle sue mene». E detto questo ordinò
di abbattere le chiese e di erigerle allo stesso posto dove erano stati
gli idoli. Ed eresse la chiesa di San Basilio sulla collina, dove era
la statua di Perun e di altri [idoli], dove offrivano sacrifici principe
e popolo. E cominciò a fondare nelle città chiese e [a
nominare] papi e a fare battezzare gli uomini di ogni città e
villaggio. Mandò a prendere i bambini delle famiglie più
elevate e li fece istruire. Le madri di questi bambini li piangevano,
non ancora rese forti dalla fede: come se fossero morti li piangevano.
Con il diffondersi dell’istruzione, si avverò sulla terra russa
la profezia che diceva: In quei giorni udranno i sordi le parole
della Scrittura, e si scioglierà la lingua dei balbuzienti[9].
Giacché questi prima non udivano le parole della Scrittura, ma
per potere divino e per sua grazia, Dio ebbe pietà, giacché
aveva detto il profeta: Avrò pietà di colui che vorrò
[10]. Ebbe pietà
di noi. «Di nuovo il battesimo dell’esistenza e la rinnovazione
dello spirito», per volere divino, e non per le nostre azioni.
Sia benedetto il Signore Gesù Cristo, che amò gli uomini
nuovi, la terra russa, e la purificò con il santo battesimo.
Racconto dei tempi passati, pp. 62-69.
[1] Anno 987.
[2] Con forma italianizzata, Vladimiro.
[3] Basilio II (976-1025) e Costantino
VIII (976-1028).
[4] Il gruppo dei compagni del
principe, l’assemblea aristocratica.
[5] Olga, vedova del principe
Igor, era stata battezzata nel 957.
[6] Porto bizantino sulla costa
settentrionale del Mar Nero, in Crimea.
[7] Papa e martire (circa 100)
che secondo la tradizione sarebbe stato condannato alle miniere e poi
ucciso in Crimea. Cirillo e Metodio, gli “apostoli degli Slavi”,
proclamarono di averne miracolosamente rinvenuto il corpo (che nell’868
fu traslato nella basilica di S. Clemente a Roma).
[8] Perun è una divinità
uranica slava, probabilmente corrispondente al dio baltico Perkons.
Non si tratta però di una divinità suprema quanto di uno
spirito celeste dotato del potere sui fulmini.
[9] Is. 29, 18.
[10] La citazione non è in realtà
dai libri profetici ma da Es. 33, 19.
(C) Quando Harald [1]
giunse a Novgorod, re Jaroslav gli diede il più cordiale benvenuto
[2]. Harald
si fermò con lui tutto l’inverno, e prese possesso di tutto l’oro
che precedentemente aveva inviato [3]
da Costantinopoli: tesori di ogni genere, di grandissimo valore. Questa
ricchezza era così smisurata che nel nord dell’Europa nessuno
ne aveva vista una simile nelle mani di un solo uomo. Durante la sua
permanenza a Costantinopoli Harald per tre volte aveva preso parte al
saccheggio del palazzo: lì infatti vi è l’uso che, ogni
qual volta muoia un imperatore, ai Variaghi sia consentito il saccheggio
[4]. Essi possono
razziare i palazzi dove sono custoditi i tesori imperiali, possono portare
via tutto quello su cui riescono a mettere le mani.
Quell’inverno re Jaroslav diede in sposa ad Harald sua figlia Elisabetta:
i Norvegesi la chiamarono Ellisisf. Questi sono i versi del poeta Stuf
il cieco sul matrimonio:
Il re guerriero di Norvegia
ha conquistato il suo desiderio
ha ottenuto la figlia di un re
ed in aggiunta una catasta di oro.
Quella primavera Harald lasciò Novgorod e si diresse verso la
città del lago Ladoga: lì prese alcune navi ed in estate
veleggiò verso occidente.
Snorri Sturluson, Saga di Harald il Severo, 16-17.
[1] Harald il Severo (o lo Spietato),
fratellastro del re di Norvegia Olaf il Santo (m. 1030), fu guerriero,
scaldo, viaggiatore ed avventuriero. Prima di divenire a sua volta re
di Norvegia (1047) fu al servizio del principe di Kiev (1031-1035) e
dell’imperatore di Costantinopoli (1035-1044 circa), per conto del quale
combatté in Sicilia e Bulgaria. Nato nel 1015, morì nel
1066 combattendo contro gli Anglosassoni [cfr. paragrafo 12 (B)].
[2] Questo secondo soggiorno di
Harald in Russia, presso Jaroslav (1019-1054), unico signore della Russia
dal 1036, si situa negli anni 1045-1046.
[3] Porto bizantino sulla costa
settentrionale del Mar Nero, in Crimea.
[4] Le tre successioni imperiali cui si
allude nel testo sono quelle di Romano III (m. 1034), Michele IV (m.
104 1) e Michele V (deposto nel 1042).
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