Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
4. La pace di Dio (A) Concilio di Trosly, prologo (909). (B) Concilio di Charroux, cc. 1-3 (989). (C) Concilio di Limoges, prologo (1031). (D) Giuramento del cavaliere (1023-1025). (E) Rodolfo il Glabro, Storie, V, 15. (F) Concilio di Narbona, c. 1 (1054).
(A) Come i primi uomini non erano distolti dal male da nessuna legge o dal timor di Dio, ma ubbidivano ai piaceri del ventre e della vista o agli altri vizii; così oggi, sparito il timore delle leggi umane e divine, ciascuno, disprezzando gli editti dei vescovi, fa quello che vuole: i potenti opprimono con la forza i deboli e gli uomini sono come pesci del mare che si divorano l’un l’altro. Impera l’iniquità e prende vigore dall’iniquità calpestata. Per questo vediamo in tutto il mondo furti di cose della Chiesa e rapine ai danni dei poveri. Da ciò lacrime continue e pianto di orfani.
Concilio di Trosly, prologo (909). Testo originale (B) l. Maledizione contro coloro che violano le chiese. Se qualcuno avrà violato una santa chiesa, o ne avrà portato via qualcosa con la violenza se non rimedierà sufficientemente a ciò che ha fatto, sia maledetto. 2. Maledizione contro coloro che distruggono i beni dei poveri [1]. Se qualcuno avrà predato una pecora, un bue, un asino, una vacca, un capra, un capro o dei maiali di contadini o di altri poveri, a meno che non lo abbia fatto per propria colpa, se trascurerà di risarcire tutto completamente, sia maledetto. 3. Maledizione contro coloro che colpiscono i chierici. Se qualcuno avrà attaccato, preso o percosso un sacerdote, un diacono o qualunque altro membro del clero che non porta armi cioè scudo, spada, corazza, elmo ma che va semplicemente in giro o sta nella [sua] casa, meno che, dopo un esame del suo proprio vescovo, si scopra che [chierico] è incorso in qualche delitto, quel sacrilego, se non avrà dato soddisfazione, sia tenuto lontano dalle soglie della santa Chiesa di Dio.
Concilio di Charroux, cc. 1-3 (989). Testo originale
[1] Poveri, qui e altrove, traduce pauperes, nel senso già spiegato di deboli, inermi. (C) Allora, davanti al popolo riunito in tribunale, il medesimo diacono che aveva pronunciato il vangelo iniziò così a leggere su un documento, a voce alta maledizione, dicendo: «Per l’autorità di Dio Padre onnipotente, e del Figlio, e dello Spirito Santo, e di Maria Santa madre di Dio, e di san Pietro principe degli Apostoli, e del Beato Marziale, e degli altri apostoli, e di tutti i santi di Dio. Noi vescovi, eccezionalmente riuniti nel nome di Dio, […], Giordano vescovo di Limoges e […]: scomunichiamo quei cavalieri del vescovato di Limoges che non vogliono o non vollero rispettare la pace e la giustizia del loro vescovo, come egli stesso esige. Maledetti loro e i loro aiutanti nel male; maledette le loro armi e i loro cavalli; saranno insieme a Caino fratricida e a Giuda traditore, e con Datham e Abiron, che entrarono vivi all’inferno. E così come queste luci si spengono davanti ai vostri occhi, così la loro gioia si estinguerà al cospetto dei santi angeli, a meno che prima di morire vengano davanti al giudizio del loro vescovo, per dare soddisfazione e ricevere il castigo, ovvero fare degna penitenza».
Tutti i vescovi e i preti, che tenevano in mano delle candele ardenti, subito gettandole in terra le spensero. A queste parole il cuore del popolo provò molto timore, e tutti gridarono, dicendo: “Così Dio estingua la letizia di quelli che non vogliono accettare la pace e la giustizia!”.
Concilio di Limoges, prologo (1031).
Testo originale
(D) Non invaderò in nessun modo una chiesa [1]. In ragione della sua immunità, non invaderò neppure i magazzini che sono nella cinta di una chiesa, salvo se un malfattore abbia violato questa pace o per un omicidio o per prendere un uomo o un cavallo. Ma se invado per questi motivi i suddetti magazzini, non porterò via nulla, se non il malfattore o il suo equipaggiamento, consapevolmente.
Non attaccherò il chierico o il monaco se non portano le armi del mondo, né quello che cammina con loro senza lancia né scudo; non prenderò il loro cavallo, salvo il caso di flagrante delitto che mi autorizzi a farlo o a meno che essi abbiano rifiutato di riparare la loro colpa nello spazio di quindici giorni dopo il mio avvertimento.
Non prenderò il bue, la vacca, il maiale, la pecora, l’agnello, la capra, l’asino e il fardello che porta, la giumenta e il suo puledro non domo. Non assalirò il contadino né la contadina, i sergenti o i mercanti; non prenderò il loro denaro; non li costringerò al riscatto; non li rovinerò prendendo i loro averi col pretesto della guerra del loro signore, e non li batterò per toglier loro il sostentamento.
Mulo o mula, cavallo o giumenta e puledro che sono al pascolo, non ne spoglierò alcuno dalle calende di marzo fino a Ognissanti, salvo se li trovo in atto di farmi danno.
Non incendierò né abbatterò le case, a meno che non vi trovi un cavaliere mio nemico o un ladro, e a meno che siano unite a un castello che sia davvero un castello.
Non taglierò né sradicherò né vendemmierò le viti altrui, col pretesto della guerra, se non sulla terra che è e deve essere mia. Non distruggerò mulini e non ruberò il grano che vi si trova, salvo quando sarò in cavalcata o in spedizione militare pubblica, e se è sulla mia propria terra.
Al ladro pubblico e riconosciuto non procurerò né appoggio né protezione, né a lui né alla sua impresa di brigantaggio, consapevolmente. Quanto all’uomo che scientemente violerà questa pace, cesserò di proteggerlo non appena lo saprò; e se ha agito in modo inconsapevole ed è ricorso alla mia protezione, o farò riparazione per lui o l’obbligherò a farla nello spazio di quindici giorni, dopo di che sarò autorizzato a chiedergli ragione o lo priverò della mia protezione.
Non attaccherò il mercante né il pellegrino e non li spoglierò, salvo se commettono qualche malefatta. Non ucciderò il bestiame dei contadini, se non per il mio nutrimento e quello della mia scorta.
Non catturerò il contadino e non gli toglierò il sostentamento per istigazione perfida del suo signore.
Non attaccherò le donne nobili, né quelli che circoleranno con esse, in assenza del loro marito, a meno che non trovi che commettono qualche malefatta contro di me nel loro movimento; mi comporterò allo stesso modo con le vedove e le monache.
Non spoglierò neppure quelli che trasportano vino su carrette e non prenderò i loro buoi. Non fermerò i cacciatori, i loro cavalli e i loro cani, salvo se mi nuocciono, a me o a tutti quelli che hanno assunto lo stesso impegno e l’osservano nei miei confronti.
Eccettuo le terre che sono del mio allodio e del mio feudo, o mi appartengono in franchigia, o sono sotto la mia protezione o di mia spettanza. Eccettuo ancora i casi in cui costruirò o assedierò un castello, il caso in cui sarò presso l’esercito del re e dei nostri vescovi, o alla cavalcata. Ma anche allora, esigerò soltanto ciò che sarà necessario per il mio sostentamento e non riporterò a casa nient’altro che i ferri dei miei cavalli. Nell’esercito, non violerò l’immunità delle chiese, a meno che non m’impediscano l’acquisto e il trasporto dei viveri.
Dall’inizio della Quaresima fino a Pasqua non attaccherò il cavaliere che non porta le armi del mondo e non gli toglierò il sostentamento che avrà con sé. Se un contadino fa torto a un altro contadino o a un cavaliere, aspetterò quindici giorni, dopo di che, se non avrà riparato, m’impadronirò di lui, ma prenderò dei suoi averi solo quanto è legalmente fissato.
Giuramento del cavaliere (1023-1025). Testo originale
[1] Giuramento promosso dal vescovo Guarino di Beauvais.
(E) L’anno dopo il millesimo della passione del Signore, cioè il successivo a quello della disastrosa carestia, ubbidendo alla volontà ed alla misericordia divina le piogge cessarono e il cielo rasserenato tornò a schiarirsi, percorso da venti favorevoli, mentre la serena distesa d’azzurro mostrava la magnanimità del Creatore.
Tutte le campagne si ricoprirono amabilmente di un verde rigoglioso, e l’abbondante raccolto che ne seguì pose finalmente termine alla carestia. Allora, per ispirazione della grazia divina, da principio nelle regioni dell’Aquitania e poi a poco a poco in tutto il territorio della Gallia, si concluse un patto, a un tempo per timore e per amore di Dio: nessuno dei mortali, dalla sera del mercoledì fino all’alba del lunedì successivo, doveva essere tanto temerario da osare di togliere qualcosa con la forza a chicchessia, o di prendere vendetta di un nemico, o di appropriarsi i pegni del garante di un contratto.
Colui che andasse contro questo decreto pubblico, o pagherebbe con la vita o verrebbe bandito dalla sua patria ed escluso dalla comunità cristiana. Piacque a tutti di chiamare questo patto, in lingua volgare, la tregua di Dio, perché non godeva soltanto l’appoggio degli uomini, ma fu anche più volte ratificato da temibili segni divini. Infatti la maggior parte dei pazzi che nella loro audace temerità non si peritarono d’infrangere questo patto, furono puniti senza indugio, sia dalla collera vendicatrice di Dio, sia dalla spada degli uomini. E questo avvenne dappertutto così frequentemente, che il gran numero degli esempi impedisce di citarli uno per uno; del resto, non fu che giustizia. Infatti, se la domenica è ritenuta venerabile in ricordo della risurrezione del Signore si chiama anche questo giorno l’ottavo così pure il quinto, il sesto e il settimo giorno della settimana, in ricordo della Cena e della Passione del Signore, devono essere esenti da atti d’iniquità.
Rodolfo il Glabro, Storie, V, 15. Testo originale (F) l. Per prima fra tutte le nostre decisioni, che devono essere scritte in questo libro, ammoniamo e stabiliamo, secondo il precetto di Dio e nostro, che nessun cristiano uccida un altro cristiano: perché chi uccide un cristiano senza dubbio versa il sangue di Cristo. Se qualcuno in verità, cosa che noi [certo] non ci auguriamo, ucciderà ingiustamente un altro uomo, sia punito secondo la legge. Concilio di Narbona, c. 1 (1054). Testo originale
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