Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
6. Proprietà e rapporti di lavoro nelle campagne
(A) Le più antiche carte di S. Maria Val di Ponte, RC 35, I, 12 (1058). (B) Regesto Mantovano, RC, 12, 92 (1072). (C) Carte dell'Archivio Capitolare di Pisa, 64 (1050). (D) Carte di Fonte Avellana, I, 154 (1050). (E) Leicht, Studi, 1 (1062). (F) Gli atti privati milanesi, III, 467 (1066). (G) Codice Diplomatico Amiatino, II, 297 (1075). (H) Codice Diplomatico Amiatino, II, 297 (1075).
Nelle campagne italiane dell'XI secolo continuava a dominare la grande
proprietà fondiaria dell'aristocrazia, delle grandi chiese e
dei monasteri. Continuava anche il processo di trasferimento di quote
consistenti della ricchezza ai grandi enti religiosi, secondo moduli
di comportamento, economici e mentali, che duravano da secoli, e che
riguardavano proprietari piccoli (A)
e grandi (B). Chiese e monasteri accumulavano
tali ricchezze anche utilizzando il denaro liquido, da essi posseduto
in abbondanza (ottenuto tramite censi, canoni, decime, ecc.), per acquisti
ulteriori di terre; essi inoltre fornivano prestiti (mascherati) in
denaro liquido su pegno fondiario (C,
D).
Il fenomeno di frazionamento delle corti per donazioni e vendite è piuttosto evidente:
esso colpisce progressivamente anche il dominico [cfr. paragrafo 11 (A)] e si riflette nella scomparsa
delle prestazioni d'opera nei contratti di affittanza a lungo termine di
vario tipo (primo fra tutti il contratto di livello). Le prestazioni sono
sostituite quasi ovunque (ma cfr. E) da puri e
semplici censi, come si vede nell'esempio milanese (F)
e nei due esempi toscani qui proposti (G, H). (A) In nome
di nostro Signore Gesù Cristo. Nell'anno 1058 dalla sua Incarnazione,
indizione undicesima, nel mese di aprile, in Perugia. Io Ranieri di
Adamo, nel nome di Dio, insieme a Tederada mia moglie, dono al signor
Giovanni abate del monastero di S. Maria, sito in località Corpiniano,
a titolo di oblazione e affinché abbiano luce ed eterna ricompensa
[…], in perpetuo […], il manso [1]
detenuto da Pietro Rucio a Lupaccione o in località altrimenti
designata, con tutte le sue pertinenze. Se l'insieme dei beni che compongono
detto manso risulterà inferiore a sedici moggia, daremo un'integrazione
attingendo alle terre di cui siamo proprietari, dal fiume Tevere in
su e dai Greppi nella pianura e nei colli. Diamo inoltre quattro pezzetti
di terra situati in prossimità del manso e di quel terreno recintato,
che demmo a suo tempo al suddetto monastero, in modo che si raggiungano
in tutto, e cioè insieme al terreno recintato, sette moggia [2],
in conformità con la misurazione e la designazione che ho fatto
con il monaco Ranieri.
Sono dunque complessivamente ventitrè moggia, che diamo con le case, le
vigne, gli orti, i prati, i pascoli, le selve, i saliceti, i seminativi ed
inoltre le acque e i mulini, i confini, gli arbusti, gli alberi da frutto e
quelli non fruttiferi o d'altro genere, gli accessi e le uscite e tutte le
pertinenze e tutto ciò che vi sta al di sopra o al di sotto […], con un
atto di cessione materiale e conforme alla legge, che compimmo col porre
nelle mani del giudice Pietro un ramo di una pianta d'olivo, che cresce
davanti alla casa. Le più antiche carte di S. Maria Val di Ponte, RC 35, I, 12 (1058). [1] Con questo termine (diffuso
in tutta Europa) si indicava la proprietà terriera sufficiente
a mantenere un'unità familiare.
[2] Qui è
un’unità di superficie, altre volte di capacità. (B) Nell'anno dell'Incarnazione
1072, il quattordicesimo giorno prima delle Calende di febbbraio [1],
indizione decima. Noi, Beatrice del fu Federico e Matilde del fu Bonifacio,
madre e figlia, contesse e duchesse, professanti legge salica, doniamo
alla chiesa e monastero di S. Andrea apostolo del suburbio di Mantova,
cui presiede attualmente l'abate Alberto, una corte domocoltile [2]
che si chiama Formigada con una cappella intitolata a S. Giorgio martire,
con le case e con tutti i beni che sono di pertinenza di tale nostra
corte nel contado di Mantova. Si tratta di trentadue iugeri [3]
tra viti, terreni arativi, prati e gerbidi e di tremila iugeri di terreno
boscoso. Fanno da confine alla corte suddetta la terra di S. Pietro
di Mantova e di S. Rufino, ad oriente, a mezzodì il fiume detto
Lirone, a occidente l'arimannia [4]
e la terra di S. Pietro, dal lato dei monti il fosso detto Formigada
e il fiume chiamato Mincio, che forma un lago. […]
l’abate e il vescovo di Mantova e i loro successori non potranno vendere,
donare o cedere in permuta questi beni, né alienarli a titolo
di enfiteusi o di livello o di beneficio o in altro modo; potranno solo
cederli in livello a persone di condizione inferiore e dietro versamento
di un canone, ad uso e consumo del monastero e della sua famiglia [5].
Se questa disposizione non verrà osservata, i beni passeranno
nelle mani della madre e della figlia nominate sopra e dai loro eredi,
fintantoché non saranno nuovamente destinati all’uso che si è
detto.
Riserviamo a noi, per la durata della nostra vita, l’usufrutto e il
dominio della selva in questione: ma l’abate e i suoi successori potranno
goderne per il proprio uso e per farvi pascolare i loro porci e quelli dei
propri contadini. Regesto Mantovano, RC, 12, 92 (1072). [1] Il 19 gennaio.
[2] Di proprietà e gestione
diretta da parte del signore.
[3] Lo iugero variava da zona
a zona; in età romana corrispondeva circa a 2300 m2.
[4] L'arimannia era la terra degli
arimanni, uomini liberi legati al potere pubblico da prestazioni particolari.
[5] Cioè l'insieme dei monaci e dei dipendenti del monastero. (C) Io, Bonimino
del fu Ubaldo, rendo noto come per mezzo della presente carta io venda
e consegni a te, Andrea di Giovanni, tutte le case, cascine, terre e
beni che risultano di mia appartenenza nella località di Limiti
presso la chiesa di S. Giovanni […], per le quali cose ho ricevuto in
compenso da te un anello d'oro del valore di venti soldi. […] Fatto
in Pisa.
La carta è stata stipulata in questi termini: se io, detto Bonimino,
i miei eredi o un mio rappresentante saremo in grado di dare o di versare
a te, detto Andrea, ai tuoi eredi oppure a un tuo rappresentante, in
un qualunque giorno da noi scelto, entro i tre anni prossimi venturi,
venti soldi d'argento in buoni denari di moneta di Lucca – computando
dodici denari per ogni soldo – e un interesse di quattro denari al mese
per il periodo suddetto e tutti i prodotti della terra in questione
[–], la presente carta non avrà più alcun 'valore e tornerà
in mano mia; se invece non avrò rispettato tale impegno, tu avrai
in proprietà tutti i beni designati nella presente carta e potrai
farne ciò che vorrai, senza contestazione alcuna. [1] Carte dell'Archivio Capitolare di Pisa, 64 (1050). [1] Anno 1114, in Val di Serchio.
(D) In Cagli. lo, Ugolino de fu Ranieri,
do, consegno e trasferisco alla chiesa dell'eremo di S. Croce di Fonte
Avellana e a te, signor priore Pietro, e ai tuoi successori la mia vigna
dominicale nel fondo Sanguineto del contado di Cagli […]; i confini:
sul primo, sul secondo e sul terzo lato, sono possedimenti della chiesa
suddetta, sul quarto lato – che si ricongiunge al primo – possedimenti
di Pezo di Giovanni. Entro questi confini cedo quanto detto sopra a
titolo di pegno per venti soldi di denari rafforzati e per metà
del primo vino prodotto dalla vigna in questione. In futuro il pegno
tornerà in mano mia o dei miei eredi se vi avrò pagato
il mio debito, cosa che potrò fare in qualunque momento. Se non
lo pagherò, voi avrete e deterrete il pegno finché non
sarete stati soddisfatti [1]. Carte di Fonte Avellana, I, 154 (1050). [1] Anno 1126 o 1127, zona di Cagli. (E) In nome di Cristo, amen.
Patto e convenzione tra Friderunda, badessa del monastero di S. Maria
d'Aquileia e Martino, Uduverto, Domeni co […] [1],
uomini liberi che abitano nel luogo e fondo di Cervignano, a Muscoli,
a Terzo, nella località detta S. Martino e nei relativi territori.
La badessa dovrà confermare la concessione dei poderi e dei mansi;
con le vigne, le terre arative, i campi, i prati, le selve, i pascoli
e i terreni del monastero, che sono situati nel luogo e fondo di Cervignano,
a Muscoli, a Terzo, nella località di S. Martino e sono attualmente
detenuti dagli uomini suddetti, i quali li avevano ricevuti dalla badessa
in affitto e dietro corresponsione di un censo.
La concessione è fatta in questi termini. Gli uomini di cui sopra
e i loro eredi terranno i poderi per i prossimi ventinove anni e sosterranno
le spese necessarie alla loro conduzione, viabiteranno e ne usufruiranno
e ne faranno ciò che sembrerà loro opportuno, senza contestazioni
da parte della badessa e di chi le succederà né da parte
del monastero di S. Maria, purché i poderi vengano migliorati
e non deteriorati, registrino un progresso e non vadano in rovina.
Ciascuno dei concessionari dovrà versare annualmente, a ogni
vendemmia, la terza parte del vino, da consegnare alla spina. Chi possiede
un intero campo a vigna dovrà a titolo di vendemmiatico due pani,
vino per un valore di due denari, carne per un valore di due denari,
una prestazione d’opera nella vigna, una nel prato, una nell'aia. Ogni
massaro deve fare ogni anno sei trasporti col carro da Cervignano a
Aquileia.
I concessionari godranno in comune del diritto di raccolta, di pascolo
e di aratura nei territori compresi tra il lago di Sommaselva e la terra
di Castiglione, tra Prato Frascario e Cavenzano, e dalla Casa Sualdana
– dove è la tenuta di Rovedula e di Anfora – sino al Corno –
dove è la tenuta di Zumello.
Non dovranno essere imposte altre prestazioni oltre a quelle indicate. Leicht, Studi, 1 (1062). [1] Seguono altri 70 inomi circa. (F) Si stabilì
e si convenne fra Ariprando abate di S. Ambrogio e Benone figlio del
fu Stefano, che, in nome di Dio, egli stesso debba dare, così come
da questo momento ha dato, Ariprando abate al medesimo Benone, perché
lo abbia e lo tenga in cambio di censo, a titolo di livello per ventinove
anni, un pezzo di terra di proprietà del monastero con edifici posti
sopra, che si trova presso la chiesa Cella di San Satiro, confina
[…] a mezzogiorno con Adelardo, ad occidente con la strada, ed è
di misura ventidue piedi di tavole, dieci once [1],
col superiore e l’inferiore, con il suo confine ed il suo accesso, in modo che promise
insieme ai suoi eredi di avre e tenere detta terra e di fare qui,
tanto nel superiore quanto nell’inferiore, a titolo di livello, qualunque
cosa sarà di loro utilità a patto di non peggiorare, e debba pagare
ogni anno per la festa di San Martino, tre giorni avanti o dopo, tre
soldi e mezzo d’argento; questi denari debbono essere dati e consegnati
dallo stesso Benone o dai suoi eredi al medesimo Ariprando abate o
ai suoi successori per il periodo sopra stabilito; […] qualora alcuno
di essi o dei loro eredi abbia chiesto di essere sollevato da questo
livello e non si sia attenuto a quanto sopra si legge, allora quella
parte che non abbia mantenuto la parola pagherà alla parte che ha
mantenuto fede all'impegno cinquanta denari d’argento. Redatto nel
suddetto monastero [2]. Gli atti privati milanesi, III, 467 (1066). [1] Piedi, once, tavole sono tutte misure di superficie.
[2] Di San Ambrogio in Milano. (G) In nome
di Dio e della santa e individua Trinità. Anno dell’Incarnazione del
Signore 1075, nel mese di ottobre, indizione tredicesima; Perugia.
Ad onore di Dio onnipotente e della beata Maria vergine e di s. Salvatore,
sito ed edificato sul monte Amiata. Vendiamo e trasmettiamo e offriamo
noi, nel nome di Dio io Ugo, figlio di Andrea del lago perugino [2],
e Franca, sua moglie, e la predetta Franca con il consenso di mio
marito; noi detti coniugi di propria e spontanea volontà, con il consenso
di Dio, per la redenzione della nostra anima e dei parenti nostri
facciamo questa vendita nel predetto monastero, e cioè due intere
pezze d’acqua [3], volgarmente dette torali, nel lago
perugino, nella parrocchia di S. Rufino, nel paese detto Ankaianla
[4], le predette pezze d’acqua con tutto ciò che hanno sotto
e sopra di sé, e con il loro suolo; ed è misurata con la legittima
misura secondo il piede del re Liutprando [5]. Codice Diplomatico Amiatino, II, 297 (1075).
[1] In realtà si tratta di una donazione.
[2] È il lago Trasimeno.
[3] Cioè
due tratti di riva con lo specchio d’acqua ad esse riferito.
[4] Località non identificata.
[5] Unità di misura molto diffusa che la leggenda attribuisce al
re longobardo, il quale l'avrebbe impressa con l'orma su di una pietra. (H) In nome del Signore nostro Gesù Cristo.
Anno dalla Sua Incarnazione 1075,
mese di febbraio, indizione tredicesima. Dichiaro io venerabile abbate del
monastero di s. Salvatore sito sul monte Amiata, che ho stabilito di dare a
titolo di livello a voi, Ranieri e Ugo, fratelli, figli di Azzo, e ai vostri
figli ed eredi, queste cose: tutte le terre, vigne e case che vostro padre
tenne ed ebbe fino ad ora tramite livello dal suddetto monastero di s.
Salvatore, e [che] sono poste nella corte di Calemala, di s. Lorenzo e in
Corbaia e in Ponano e in s. Grisanzio, con case, mulini, alvei, con le
chiese di S. Lorenzo e S. Biagio e con terre, vigne, orti, recinzioni e con
tutte le terre, colte e incolte, e con tutto ciò che hanno sotto e sopra di
sé; tutte queste cose do a voi, soprascritti fratelli, a titolo livellario,
perché facciate ciò che a voi piacerà dai frutti e dai redditi e da tutto
ciò che Dio annualmente lì [vi] darà. E per queste cose voi e i vostri
figli eredi rendiate e concediate a titolo di pensione annualmente nel mese
di maggio ventidue denari della moneta di Pavia, buoni e spendibili, a me
Gerardo abbate e ai miei successori, i futuri abbati, o a un nostro
incaricato. E niente di più per ciò a voi sia imposto, se non la predetta
pensione, quanto sopra si legge. Codice Diplomatico Amiatino, II, 297 (1075).
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