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Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


IV
I Regni normanni
Sicilia e Inghilterra

1. L'arrivo dei Normanni in Italia
(A) Amato di Montecassino, Storie dei Normanni, FSI 76, I, 17, 20-21.
(B) Guglielmo Apulo, Gesta di Roberto il Guiscardo, I, vv. 104-176.

La critica ha rivalutato il racconto di Amato di Montecassino, il quale poneva nel 999 l'arrivo nel Mezzogiorno d'Italia, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, delle prime bande normanne che si misero al servizio del principe Guaimario IV per combattere i Saraceni. L'esito favorevole di quest'impresa spinse Guaimario ad arruolare altri guerrieri normanni, utilissimi in una regione che allora era squassata da duri conflitti interni. Ecco dunque arrivare altre bande dal nord, che trovano ben presto un'altra importante opportunità nel malcontento delle ricche città pugliesi contro il governo bizantino; di qui l'alleanza con il ribelle Melo di Bari, che – sotto il lontano e incerto ombrello protettivo rappresentato dall'impero tedesco – portò i Normanni allo scontro aperto con i Bizantini (A).
Conclusasi infelicemente la ribellione pugliese, i Normanni rimasero comunque attivi in Campania come mercenari del principe di Capua. Ma al tempo stesso – come ben chiarisce il poema di Guglielmo Apulo (B) – essi facevano i propri interessi, saccheggiando le popolazioni, iniziando a radicarsi nel paese e imponendosi ai vari signori in lotta fra di loro. Si giunse così alla concessione di Aversa a Rainulfo Drengot da parte del duca Sergio IV di Napoli.


(A) Avanti mille anni da che Cristo nostro signore prese carne nella vergine Maria, comparvero nel mondo quaranta valenti pellegrini. Venivano dal Santo Sepolcro di Gerusalemme per adorare Gesù Cristo e giunsero a Salerno, che era assediata dai Saraceni e tanto mal ridotta che voleva arrendersi. Già prima Salerno era stata fatta tributaria dei Saraceni; ma se tardavano a pagare ogni anno i tributi alla loro scadenza, subito venivano i Saraceni con gran numero di navi, e tagliavano, uccidevano e guastavano la terra. I pellegrini di Normandia giunsero là. Non poterono sopportare l'ingiuria della signoria dei Saraceni, né che i Cristiani fossero soggetti ai Saraceni. Questi pellegrini andarono da Guaimario, serenissimo principe [1], il quale governava Salerno con retta giustizia, e pregarono che gli fossero dati armi e cavalli, ché volevano combattere contro i Saraceni; e non per prezzo di denaro, ma perché non potevano tollerare la grande superbia dei Saraceni. E chiesero cavalli. E quando ebbero preso armi e cavalli, assalirono i Saraceni, e molti ne uccisero; molti corsero alla marina, gli altri fuggirono per i campi e così furono vincitori i valenti Normanni e i Salernitani furono liberati dalla servitù dei Pagani.
In quel tempo era briga e odio fra due principi di Normandia, cioè Gisilberto e Guglielmo. E Gisilberto, il quale era chiamato Buatere, prese volontà e coraggio contro Guglielmo, che contrastava contro l'onor suo e lo precipitò da luogo molto elevato, per cui venne a morte. E quando questi fu ucciso, aveva la dignità di visconte di tutta la terra. E ROBERTO CONTE DELLA TERRA [2] SI SDEGNÒ MOLTO PER LA SUA MORTE E MINACCIÒ di uccidere chi aveva compiuto l'omicidio, perché se quest'offesa non veniva punita, sarebbe parso che si potessero uccidere per ogni dove i visconti. Gisilberto aveva quattro fratelli, cioè Rainolfo, Aseligimo, Osmundo e Lofuldo. E sebbene costoro non avessero colpa della morte di Guglielmo, tuttavia fuggirono insieme al fratello e vennero col messaggero del principe di Salerno. E vennero armati, non come nemici, ma come angeli; per cui furono accolti da tutta l'Italia. Le cose necessarie per mangiare e bere gli furono donate dai signori e dalla buona gente d'Italia. E passarono dalla città di Roma e vennero a Capua. E trovarono uno di Puglia che si chiamava Melo ed era là cacciato; ed era cacciato perché era stato ribelle all'Imperatore di Costantinopoli [3].
Costoro vennero in aiuto di Melo ed entrarono con lui nella terra di Puglia. E cominciarono a combattere contro i Greci, e videro che erano come femmine. E abbattono i loro nemici esanimi nei campi arenosi di Puglia. E per la morte di questi si produsse grande tristezza […] [4] e l'imperatore di Bisanzio più ne rimandò a combattere. E quando sentì dire che la sua terra era assalita dall'ardimento di cavalieri, mandò contro i Normanni gli uomini più forti che poté trovare. E quando questi altri furono arrivati, dispongono una seconda battaglia. Ma i Greci persero e i Normanni erano sempre saldi. E di questo ebbe gran dolore l'Imperatore. E mandò grande moltitudine di gente e ordinò la terza battaglia, e la quarta e la quinta [5]. E tutte le vinsero i Normanni. E così, per la forza dei Normanni, Melo salì sul trono dell'onore.

Amato di Montecassino, Storie dei Normanni, FSI 76, I, 17, 20-21.

[1] Guaimario IV di Salerno (999-1027).
[2] Riccardo duca di Normandia (996-1026).
[3] La precedente rivolta di Melo contro i Bizantini era iniziata nei primissimi anni dell'XI secolo ed aveva avuto il suo momento più caldo nel 1009-10.
[4] Lacuna nel testo.
[5] Sono tutte battaglie svoltesi nel 1017.


(B) Morto Melo, da cui i Galli [1] speravano di ricevere aiuto [2], persa ogni speranza tornarono mesti verso le terre della regione campana, e mai pongono le tende in luogo sicuro. Li sgomentava il loro numero scemato, la moltitudine di nemici che li circondava con valide forze. Perciò nessun luogo sembrava sicuro per loro, né tra i monti né tra valli remote. Ma quando ormai non speravano più di trovare aiuto di sorta – ai vinti tutto sembra contrario e la sorte stessa sembra aiutare i vincitori – mentre raminghi, instabili, erranti per molti luoghi, in nessuno potevano trattenersi con sicura stanza, ecco che una rissa lì presso offre l'opportunità di sostare. Essi aderivano infatti al Longobardo che conoscevano più forte e fedelmente gli davano aiuto, per essere, in grazia di tale servizio, protetti contro gli altri e perché, ottenendo felici successi di guerra, potesse rifulgere la loro fama. Per tale patto si accampano in luogo opportuno, che pieno di acque, di erbe, di alberi offriva agli uomini tutto ciò che necessita avere. Tosto elessero, ad essere capo della schiera, uno illustre tra loro, di nome Rainulfo [3], ai cui ordini non fosse lecito opporsi. Ma mentre già si apprestavano a fortificare quel primo luogo di stanza, ecco che la densa palude all'intorno e la gran quantità di rane chiassose, impedirono la munizione [4]. Non molto lontano, trovarono un altro luogo adatto al loro soggiorno, e cercarono di munirlo, per difendersi, senza che li aiutassero gli abitanti della terra; fatta la difesa si compiacciono dr associarsi ad uno che era principe di Capua; ed era allora il primo e il più potente fra i principi latini [5]. Protetti da tal principe si gettano a devastare i luoghi vicini; opprimono virilmente i nemici. Ma poiché i pensieri di mente terrena son proni alla avidità e su tutto trionfa il denaro, abbandonando or l'uno or l'altro, stavano con chi più dava loro e preferivano di molto servire colui da cui più ricevevano, giacché amavano più le guerre che i vincoli della pace; prestano servizio secondo le forze e le circostanze; chi più dava più stimavano. La grande libidine di dominio apparecchiava guerre a quei principi; ognuno vuol essere il più potente; ognuno trama per carpire i diritti dell'altro; da tal fomite procedono liti, battaglie e morti; perciò molti mali si generano ai mortali. Ahi miseri! Inutile è tutto quanto intraprendono al mondo; dopo avere affrontato per la gloria fatiche innumerevoli, saranno più tormentati quando lasceranno la terra. Mai piacque veramente ai Normanni la vittoria dei Longobardi; perché non ne venisse danno per loro, evitavano che i contendenti fossero completamente annientati, favorendo ora questo ora quello.

Guglielmo Apulo, Gesta di Roberto il Guiscardo, I, vv. 104-176.

[1] Tutto il linguaggio di Guglielmo Apulo è classicheggiante: i Normanni sono i Galli, gli Italiani i Latini.
[2] Nel 1020 a Bamberga, dove era andato per chiedere l'aiuto di Enrico Il per raddrizzare la situazione compromessa dopo la sconfitta di Canne.
[3] Rainulfo Drengot.
[4] Passo poco chiaro, forse eco di una tradizione orale.
[5] Pandolfo IV di Capua.

 

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