Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
4. Urbano II a Clermont (A) PULCHERIO DI CHARTRES, Storia Gerosolimitana, pp. 320-324. (B) RODOLFO IL GLABRO, Storie, PL 142, II, 9.
Urbano II, cluniacense, eletto nel 1088, era l’esponente di un papato vittorioso:
il conflitto per la riforma della chiesa e le investiture ecclesiastiche,
che aveva opposto la sede romana all’impero, era di fatto vinto, anche
se il successo definitivo non era stato ancora colto (l’antipapa Clemente
III teneva in quel momento Roma). Fu questo papa, autorevole ma ancora
impegnato in una lotta non conclusa e durissima, che a Clemont-Ferrand,
nel novembre 1095, pronunciò il discorso che è stato a posteriori interpretato
dagli storici come l’autentico “bando” della prima crociata. Del discorso
si sono conservate ben quattro versioni (qui presentiamo quelle di Fulcherio
di Chartres e di Robert Le Moine), opera di cronisti che scrissero dopo
la conclusione della crociata, proiettando sul concilio di Clermont
tematiche ad esso estranee.
Quello di Clermont fu soprattutto una grande concilio di pace, teso a
ristabilire la concordia fra i cristiani e ad indicare loro la via del
pellegrinaggio. Ad una vera conquista armata della Terrasanta il papa
non pensava, pure se al concilio si alluse, probabilmente, alla possibilità
di aiutare nella loro lotta contro i Turchi i Bizantini, con i quali Urbano
aveva avuto recentemente contatti per superare la scisma del 1054. Non
ci fu quindi, se non nelle sue deformazioni posteriori, né un bando né
un manifesto della crociata. Il concilio, e il discorso del papa, dettero
comunque un’ulteriore spinta ad un ambiente nel quale tutti gli elementi
della crociata erano già presenti. (A)
Nell’anno 1095 dall’incarnazione del Signore, mentre regnava in Germania
Enrico [1] detto imperatore e in
Francia il re Filippo [2], poiché
in tutte le parti d’Europa si accumulavano sciagure di vario genere
per il vacillare della fede, era a capo di Roma papa Urbano II, uomo
egregio per vita e costumi, che proponendosi di innalzare sempre più
il prestigio della santa Chiesa, si impegnò molto per migliorare con
saggezza e decisione ogni cosa. Vedendo che la fede della cristianità
veniva mandata completamente in rovina da tutti, chierici e laici,
che i principi della terra continuamente si combattevano, provocando
guerre ora qui ora lì e preferendo gli scontri armati alla pace, che
reciprocamente si saccheggiavano i beni delle loro terre, che molti
venivano ignominiosamente imprigionati e spietatamente gettati in
tetre carceri e, che, colpiti dalla triplice tortura della fame, della
sete e del freddo, morivano oscuramente, che i luoghi santi venivano
violati e i monasteri e i paesi incendiati, che non veniva risparmiato
nessun mortale, che niente né di umano né di divino veniva rispettato,
sentendo che la parte interna della Romania [3], occupata dai Turchi,
era travolta da un attacco feroce, mosso dalla pietà, dall’amore e
dal cenno di Dio, passando oltre le Alpi, si recò in Gallia e, dopo
averlo adeguatamente preannunciato per mezzo dei suoi legati, convocò
un concilio in Alvernia nella città che si chiama Clermont. […]
Esortò e supplicò tutti affinché, riconquistata la forza della fede,
si impegnassero con grande sollecitudine e coraggio a sconfiggere
le macchinazioni del diavolo e a ripristinare il prestigio della chiesa,
gravemente scosso per colpa dei malvagi. […]
Dopo che ebbe disposto queste e molte altre cose con saggezza, tutti i
presenti, chierici e laici, ringraziando Dio, assentirono con entusiasmo
alle parole di papa Urbano e si impegnarono a rispettare la sua volontà
con una promessa solenne. [Il papa] aggiunse che una tribolazione non
minore di quella già della, anzi maggiore, di gran lunga maggiore, opprimeva
la cristianità in un'altra parte del mondo e continuò: “Poiché,
o figli di Dio, gli avete promesso di osservare tra voi la pace e di custodire
fedelmente le leggi con maggior decisione di quanto siate soliti, è il
caso d'impegnare la forza della vostra onestà (ora che la correzione divina
vi ha rinvigoriti) in qualche altro servizio a vantaggio di Dio e vostro.
È necessario che vi affrettiate a soccorrere i vostri fratelli orientali,
che hanno bisogno del vostro aiuto e lo hanno spesso richiesto. Infatti,
come a molti di voi è già stato detto, i Turchi, gente che viene dalla
Persia e che ormai ha moltiplicato le guerre occupando le terre cristiane
sino ai confini della Romania uccidendo molti o rendendoli schiavi, rovinando
le chiese, devastando il regno di Dio, sono giunti fino al Mediterraneo
cioè al Braccio di San Giorgio [4]. Se li lasciate agire ancora per un
poco, continueranno ad avanzare opprimendo il popolo di Dio. Per la qual
cosa insistentemente vi esorto – anzi non sono io a farlo, ma il Signore
– affinché voi [5] persuadiate con continui incitamenti, come araldi di
Cristo, tuttodì qualunque ordine (cavalieri e fanti, ricchi e poveri),
affinché accorrano subito in aiuto ai cristiani per spazzare dalle nostre
terre quella stirpe malvagia. Lo dico ai presenti e lo comando agli assenti,
ma è Cristo che lo vuole. Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno
la morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro gli
infedeli, vi sarà l'immediata remissione dei peccati: ciò io accordo ai
partenti per l'autorità che Dio mi concede. Che vergogna sarebbe se gente
così turpe, degenere, serva dei demoni, sconfiggesse uomini forniti di
fede in Dio e resi fulgidi dal nome di Cristo! E quante accuse il Signore
stesso vi muoverà, se non aiutate chi come voi si trova nel novero dei
cristiani! Si affrettino alla battaglia contro gli infedeli, che avrebbe
già dovuto incominciare ed esser portata felicemente a termine, coloro
che prima erano soliti combattere illecitamente contro altri cristiani
le loro guerre private! Diventino cavalieri di Cristo, quelli che fino
a ieri sono stati briganti! Combattano a buon diritto contro i barbari,
coloro che prima combattevano contro i fratelli e i consanguinei! Conseguano
un premio eterno, coloro che hanno fatto il mercenario per pochi soldi!
Quelli che si stancavano danneggiandosi anima e corpo, s'impegnino una
buona volta per la salute di entrambi! Poiché quelli che sono qui tristi
e poveri, là saranno lieti e ricchi; quelli che sono qui avversar! del
Signore, là Gli saranno amici. Né indugino a muoversi: ma, passato quest'inverno,
affittino i propri beni per procurarsi il necessario al viaggio e si mettano
risolutamente in cammino! PULCHERIO DI CHARTRES, Storia Gerosolimitana, pp. 320-324. [1] Enrico IV (1056-1106).
[2] Filippo I (1060-1108).
[3] L'impero bizantino.
[4] II Bosforo.
[5] Urbano si rivolge ora agli ecclesiastici presenti.
(B)
Popolo dei Franchi, popolo d'oltre i monti, popolo – come riluce in
molle delle vostre azioni – eletto ed amato da Dio, distinto da tutte
le nazioni sia per il sito del vostro paese che per l'osservanza della
fede cattolica e per l'onore prestalo alla Santa Chiesa, a voi si
rivolge il nostro discorso e la nostra esortazione.
Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle
vostre terre, quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia
qui attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli è pervenuta e più
d'una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i Persiani [1], gente
tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore
incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le
terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina
e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel
proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese
di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della
propria religione. Abbattono gli altari dopo averli sconciamente profanati,
circoncidono i cristiani e il sangue della circoncisione lo spargono
sopra gli altri o lo gettano nelle vasche battesimali; e a quelli
che vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l'ombelico,
strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendoli con sferze,
li conducono in giro, sinchè, con le viscere strappate, cadono a terra
prostrati. Altri fanno bersaglio alle frecce dopo averli legati ad
un palo; altri, fattogli piegare il collo, assalgono con le spade
e provano a troncare loro la testa con un sol colpo. Che dire della
nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio è parlare che
tacere? Il regno dei Greci [2] è stato da loro già tanto gravemente
colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraversato
con un viaggio di due mesi. A chi dunque incombe l'onere di trarne
vendetta e di riconquistarlo, se non a voi cui più che a tutte le
altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza d'animo,
agilità di membra, potenza d'umiliare sino in fondo coloro che vi
resistono?
Vi muovano, e incitino gli animi vostri ad azioni virili, le gesta
dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo
Magno, e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che distrassero
i regni dei pagani e ad essi allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto
vi sproni il Santo Sepolcro del, Signore Salvatore nostro, ch'è in
mano d'una gente immonda, e i Luoghi Santi che ora sono da essa vergognosamente
posseduti e irriverentemente insozzati dalla sua immondezza. O soldati
foltissimi, figli di padri invitti, non siate degeneri, ma ricordatevi
del valore dei vostri predecessori; e se vi trattiene il dolce affetto
dei figli, dei genitori e delle consorti, riandate a ciò che dice
il Signore nel Vangelo: Chi ama il padre e la madre. più di me, non
è. degno di me. Chiunque lascerà o il padre o la madre p la moglie
o i figli o i campi per amore del mio nome, riceverà cento volte tanto
e possiederà la vita eterna. [3] Non vi trattenga il pensiero di
alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, che questa terra
che voi abitate, serrata d'ogni parie dal mare o da gioghi montani,
è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza
e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete
e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete
tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese,
si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia.
Prendete la via del santo Sepolcro, strappate quella terra a quella
gente scellerata e sottomettetela a voi: essa da Dio fu data in possesso
ai figli di Israele; come dice la Scrittura, in essa scorrono latte
e miele.
Gerusalemme è l'ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte, quasi
un altro paradiso di delizie; il Redentore del genere umano la rese
illustre con la sua venuta, la onorò con la sua dimora, la consacrò
con la sua passione, la redense con la sua morte, la fece insigne
con la sua sepoltura. E proprio questa regale città, posta al centro
del mondo, è ora tenuta in soggezione dai propri nemici e dagli infedeli,
è fatta serva del rito pagano. Essa alza il suo lamento e anela ad
essere liberata e non cessa d'implorare che voi andiate in suo soccorso.
Da voi più che da ogni altro essa esige aiuto poiché a voi è stata
concessa da Dio sopra tutte le stirpi la gloria delle armi. Intraprendete
dunque questo cammino in remissione dei vostri peccati, sicuri dell'immarcescibile
gloria del regno dei cieli. […]
O fratelli amatissimi, oggi in noi si è manifestato quanto il Signore
dice nel Vangelo: dove due o tre saranno radunali nel mio nome, ivi
io sarò in mezzo a loro [4]. Se il Signore Iddio non avesse ispirato
i vostri pensieri, la vostra voce non sarebbe stata unanime; quantunque
essa abbia risuonato con timbro diverso, unica fu tuttavia la sua
origine: Dio che l'ha suscitata, Dio che l'ha ispirata nei vostri
cuori. Sia dunque questa vostra voce il vostro grido di guerra, dal
momento che essa viene da Dio.
Quando andrete all'assalto dei bellicosi nemici, sia questo l'unanime
grido di tutti i soldati di Dio: «Dio lo vuole! Dio lo vuole!»
E noi non invitiamo ad intraprendere questo cammino i vecchi o quelli
che non sono idonei a portare la armi; né le mogli si muovano senza
i mariti o senza i fratelli o senza i legittimi testimoni: tutti costoro
sono più un impedimento che un aiuto, più un peso che un vantaggio.
I ricchi sovvengano i poveri e conducano a proprie spese con loro
uomini pronti a combattere. Ai sacerdoti e ai chierici di qualunque
ordine non sia lecito partire senza licenza dei loro vescovi, perché
questo viaggio sarebbe inutile per loro senza questo consenso; e neppure
ai laici sia permesso partire senza la benedizione del loro sacerdote.
Chiunque vorrà compiere questo santo pellegrinaggio e ne avrà fatto
promessa a Dio e a lui si sarà consacrato come vittima vivente santa
e a Dio piacente porti sul suo petto il segno della croce del Signore;
chi poi, pago del suo voto, vorrà ritornarsene, ponga questo segno
alle sue terga; sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà
nel Vangelo: Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non
è degno di me [5]. ROBERT LE MOINE, Storia Gerosolimitana, pp. 727-730.
[1] I Turchi.
[2] I Bizantini.
[3] Mt. 10,37 e 19, 29.
[4] Mt. 18, 20.
[5] Mt. 10, 38.
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